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“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”. La storia (un po’ troppo romanzata) dell’australiano Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, e del suo (ora ex) braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit Berg.


Nel film sono interpretati rispettivamente da Benedict Cumberbatch (lanciatissimo nelle produzioni statunitensi), e Daniel Bruhl, già interprete di “Goodbye Lenin”, e di Niki Lauda nel recente “Rush” di Ron Howard. La piattaforma Wikileaks è partita nel 2007 in sordina, ma nel giro di 3 anni, è assurta a fenomeno mediatico globale per aver scoperchiato delle verità in maniera piuttosto violenta e sotto certi aspetti anche un po’ antitetica: attraverso un cd fornito da un soldato americano, sono stati rivelati circa 91000 file (o meglio cablogrammi), che approfondivano alcuni aspetti oscuri della guerra Afghanistan.

Ma non solo, tra questi documenti anche molti dispacci forniti dai diplomatici statunitensi a proposito di molti leader europei, asiatici e africani, e ciò ha rischiato di creare una crisi per la diplomazia Usa al pari di una guerra mondiale, e proprio da quel momento che Assange e la sua intera organizzazione, sono stati dichiarati fuorilegge.

Il film, prodotto dalla spielberghiana Dreamworks, e diretto da Bill Condon, esplora il rapporto, prima stretto, e successivamente assai controverso tra il geniale e problematico Assange, e il pragmatico ed idealista, ma non per questo meno intuitivo Berg. Quest’ultimo, dapprima entusiasta di appoggiare una realtà come Wikileaks, che va oltre la libera informazione, successivamente si renderà conto di come la megalomania paranoica di Julian, porterà il tutto verso uno scenario catastrofico. Con la complicità del Guardian, Assange si fa “profeta” della verità assoluta, quella stessa verità che lo renderà un fuggiasco e prigioniero politico.

Infatti da qualche anno a questa parte, è “ospite” dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, mentre gli Stati Uniti premono per la sua estradizione. La sceneggiatura della pellicola è basata su due libri: il primo è “Inside Wikileaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo”di Daniel Domscheit Berg  e “Wikileaks. La battaglia di Julian Assange contro il segreto di Stato” dei giornalisti britannici del Guardian, Luke Harding e David Leigh.

Il rapporto tra i due protagonisti è molto simile a quello tra Mark Zuckerberg e Eduardo Severin in “The Social Network”. Proprio nel momento in cui la “creatura” da essi forgiata inizia a scalare l’apice del successo, parallelamente cresce tra i suoi creatori la tensione sulla gestione. Certe liti sono costruttive, altre distruttive, ma forse è proprio su questi rapporti tormentati che si costruiscono “realtà” epocali.

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