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Dopo “Bastardi senza gloria”, Quentin rende pienamente omaggio allo spaghetti western, ispirandosi alla saga con Franco Nero degli anni ’60, ma cambiandone completamente l’impostazione.


La D è muta in “Django Unchained” di TarantinoE’ Jamie Foxx stavolta a raccoglierne l’eredità, nei panni di uno schiavo venduto a dei cattivissimi mercanti; il periodo storico è appunto il 1865, da qualche parte nel Texas come citato all’inizio della pellicola. La svolta per Django avviene grazie al fortuito incontro con King Schultz (un Christoph Waltz da oscar), dentista tedesco e cacciatore di taglie che lo libera dai suoi schiavisti.

Il vero scopo nella vita per Django, è liberare sua moglie Broomhilda (Kerry Washington) venduta ad un proprietario terriero, Calvin Candie (Leonardo Di Caprio, mai così infimo). Lo schiavo e il dentista stringono un patto: il primo aiuterà il secondo a trovare dei ricercati e il secondo aiuterà il primo nel recupero di sua moglie.

Entrambi lasceranno una lunga scia di sangue e bizzarri incontri sul loro cammino, come Stephen (un invecchiato Samuel Jackson), il servo di Candie, forse ancora più odioso del loro padrone, quasi una sorta di kapò schiavista dell’800. L’epilogo sarà in puro stile tarantiniano arricchito dalle musiche morriconiane, con rimandi e continue citazioni al prototipo originale (da segnalare un preciso cameo di Franco Nero durante l’incontro tra i due protagonisti e Calvin Candie).

“Django Unchained” si presenta come secondo atto di una ideale trilogia western, iniziata con “Bastardi senza gloria” e che proseguirà con “Killer Crow”, ambientato sempre durante la seconda guerra mondiale con un battaglione di soldati di colore.

Tarantino compare verso il prefinale e scompare altrettanto in fretta con una citazione alla “Giù la testa” di Sergio Leone; da segnalare Christoph Waltz ,che ha creato uno dei personaggi più amabili e simpatici degli ultimi anni, e stavolta merita l’oscar ancora di più del suo precedente personaggio: il perfido colonnello Hans Landa.

 

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