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È una delle soap più longeve della televisione, da anni ci allieta con le storie dei condomini di Palazzo Palladini e da sempre ci insegna qualcosa in più sul mondo in cui viviamo.


Un posto al sole anche d’invernoL’estate sta ormai volgendo al termine, la televisione che molto spesso ha mandato in onda repliche di film o fiction già viste, con qualche eccezione, si sta preparando ad una nuova stagione ricca di proposte nel segno dell’innovazione, ma anche della continuità. C’è qualcuno però che in vacanza proprio non è stato in grado di andarci e che reinventandosi, per due settimane, ha fatto assaporare al suo fedelissimo pubblico una ventata di aria fresca. Sto parlando di una delle soap più longeve che la nostra tv possa vantare e l’unica italiana a non essere stata abbattuta da telefilm americani o dai recenti prodotti di madrelingua spagnola. Un posto al sole, classe 1996 e che a breve festeggerà i suoi vent’anni di vita, gode di ottima salute ed è pronto ad rinnovarsi sempre.

Le ultime due settimane, quelle che in teoria sarebbero dovute essere di pausa per la soap partenopea, sono state invece il teatro di un vero e proprio show il cui protagonista è stato il portiere del palazzo più famoso di Italia. Raffaele Giordano, alias Patrizio Rispo, si è reinventato comico per 10 serate, intrattenendo il pubblico di caffè vulcano e non solo, con divertenti monologhi alternati a delle finestre sul passato di questa soap, senza dimenticare però quel pizzico di serietà nel trattare temi un po’ più importanti. Abbiamo così potuto riassaporare le vecchie storie e i vecchi amori del palazzo, personaggi che oggi non ci sono più o che si sono evoluti. E proprio da questo vorrei partire per uno spunto di riflessione, Un posto al sole non lo possiamo etichettare come una semplice “opera saponetta” come si potrebbe dire traducendo il termine inglese.

Non possiamo equipararlo, per esempio, Beautiful. Un posto al sole è come tornare a casa la sera e ritrovare la propriaUn posto al sole anche d’inverno famiglia, con le gioie e i dolori del momento. Queste due settimane di Un posto al sole show, questo era il titolo dello spin off, ha fatto sì che gli affezionati si accorgessero di come praticamente tutti i personaggi di questa soap siano cresciuti insieme a loro. La bellezza di questo programma sta ne fatto che non ha la pretesa di raccontare le storie o le vite di ricconi con barche o auto di lusso, sebbene alcuni degli ambienti in cui si intrecciano i racconti di Un posto al sole, siano proprio dei cantieri navali. Un posto al sole mette al primo posto il sociale, parlando di violenza sulle donne, di tossicodipendenza, di integrazione nel mondo dei ragazzi omosessuali. È sempre al passo con i tempi e con il tempo così da ritrovarsi a festeggiare il Natale, per esempio, proprio in compagnia di tutte le famiglie che abitano nella bella cornice di Posillipo.

Insomma Un posto al sole, nel mare di programmi spazzatura e privi di valori che circolano in questo periodo, è un porto sicuro, capace di farci capire che ognuno di noi può avere il suo posto al sole anche nei momenti di più difficili della propria vita. Un posto al sole è un amico disposto ad aiutarti, un momento di felicità, una famiglia, un problema che si è in grado di affrontare e di risolvere, magari con del tempo, ma prima o poi ce la si farà. Un posto al sole è la speranza di una vita migliore, il racconto di una Napoli bella e brutta allo stesso tempo, di una Napoli combattiva, pronta a lottare e vincere contro chi la vuole rovinare.

Forse qualcuno penserà che le mie parole siano esagerate, che questo elogio incondizionato verso un programma televisivo non abbia senso, forse avete ragione, forse sono esagerata, ma vi lancio una sfida: sintonizzatevi su Rai Tre, alle 20.35 circa durate la settimana, sono sicura che arrivati al venerdì, sentirete Palazzo Palladini come casa, e tutte le persone che vi abitano, vostri amici. Chi l’ha detto che la televisione è tutta da buttare? No signori, se scavate bene, infondo troverete una buona Tv, capace, magari non di fare sognare, ma di far sta bene per mezz’oretta, quello sì.

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