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Pequeños gigantes, Chiedi a Papà: si fa bene o si fa male a portare i minori in televisione?


Pequeños gigantes, Chiedi a Papà: i bambini protagonisti della TvIn questo periodo, accavallati l’uno sull’altro, in Tv, stiamo assistendo a due programmi particolari: da un lato Pequeños gigantes, basato sull'omonimo format di origine messicana. In onda ogni venerdì su Canale5. Un talent show che prevede una sfida tra cinque squadre composte da bambini che hanno dai 4 ai 12 anni, chiamati a sfidarsi su diverse discipline come il canto, il ballo e la recitazione. Il nuovo baby-talent ha cinque insegnanti-capitani: Stefano De Martino, Rudy Zerbi, Attilio Fontana, Kledi Kladiu e Maurizio Zamboni. Lo show prevede una sfida tra "piccoli talenti", i cosiddetti pequeños (ragazzi tra i 7 e i 12 anni) e pequeñitos (bambini tra i 4 e i 6 anni).

Una gara che li vede suddivisi in cinque squadre, composte da tre/quattro concorrenti l'una, chiamate a "fronteggiarsi" tra prove di ballo, canto e recitazione. In palio per la squadra vincitrice una borsa di studio per l'intero percorso scolastico, compresa l'università. A giudicare, una giuria di tre elementi del mondo dello spettacolo, Megan Montaner, Claudio Amendola e Francesco Arca, ognuno dei quali assegna un punteggio da 1 a 10 per ogni singola esibizione. Si tratta di tre manche che prevedono l'esibizione di ognuno dei componenti delle cinque squadre. In aggiunta vi sono diverse prove bonus, il cui punteggio rimane secretato fino al termine della puntata stessa. È prevista l'eliminazione di una squadra per ogni puntata, sulla base del punteggio ottenuto.

Dall’altro lato troviamo Chiedi a Papà, un genere totalmente diverso. Vi siete mai domandati che cosa succederebbe

all’interno una normalissima famiglia composta da madre, padre e qualche figlio, se la matriarca di casa decidesse di “scappare” per cinque giorni lasciando solo papà ad occuparsi di tutto? È da questa base di partenza che nasce il format televisivo prodotto da Indigo Film e 21, in onda per 10 settimane, alle 23.05 su Rai3. In ogni puntata vengono coinvolte due famiglie di diverse regioni italiane: alle madri verrà offerto un soggiorno di cinque giorni in un lussuoso resort del gruppo Leading Hotel, mentre i papà, di conseguenza, dovranno organizzarsi per fare tutto da soli: dal portare i bambini a scuola a far fare loro i compiti a casa; dalla spesa al mercato al racconto della buonanotte.

Non sarà permesso alcun contatto con le mamme che, nel frattempo, avranno modo di entrare in confidenza vivendo praticamente insieme e in totale relax nell’hotel di lusso che le ospita. Il programma metterà in evidenza i diversi modi di reagire a questa inedita situazione familiare: dallo stile che adotterà ogni papà nella gestione dei figli e nella realizzazione delle faccende quotidiane, alla capacità delle mamme di reggere emotivamente l’assenza di comunicazione con la famiglia, fino alla reazione degli stessi figli di fronte a tale novità. Scenderanno in campo venti famiglie provenienti da tutta Italia: famiglie molto diverse tra loro per composizione, provenienza, estrazione sociale e religione. Venti diversi modi di intendere la famiglia, venti diverse modalità di vivere il quotidiano.

Che cosa accomuna questi due programmi? Ovviamente i bambini. Certo in un modo diverso: in Pequeños ne sono i veri protagonisti mentre in Te lo dice papà viene solo “spiata” la loro vita dal buco della serratura. Una sorta di piccolo grande fratello che probabilmente non intacca il loro modo di essere, cosa che non si può certo dire di altre tipologie di programmi, e che per questo potremmo dire essere ancora accettabile. Pequeños gigantes invece è un mondo a parte, creatura di Maria Pequeños gigantes, Chiedi a Papà: i bambini protagonisti della TvDe Filippi, che si sa, di Tv ne capisce, sta stravincendo la guerra degli ascolti e non solo perché a guidarlo troviamo Belen e in squadra l’ex marito Di Martino, sebbene questa sia un’ottima strategia traino. Il format piace, diverte, l’innocenza dei bambini premia, crea buon umore. Quello che ci si chiede è quanto possa fare bene, in generale, ai piccoli protagonisti di questi prodotti, l’utilizzo spasmodico della telecamera.

Si potrebbe dire che, allo stato di fatto, in questo programma ancora embrionale, sia accettabile la loro presenza in Tv, sebbene con qualche accortezza. Il problema è il dopo, abbiamo assistito a programmi nati nello stesso identico modo di Pequeños, ma che poi ingrandendosi, assumendo sempre più potere nei palinsesti, hanno mutato la loro veste e sono diventati dei veri e propri talent a misura di bambino con molte, forse troppe, screziature tendenti alla maggiore età. I bambini devono fare e rimanere bambini fino a che la loro età anagrafica glielo permette e dubito fortemente che il mondo fatato, fatto di lustrini e paiellette della televisione, a lungo andare, possa aiutarli a rimanere tali. In conclusione, bambini sì o bambini no in Tv? Forse sì, ma con moderazione, ricordando e facendo sì che questo per loro sia solo un gioco un po’ più lungo del normale, ma pur sempre un gioco. Proposito facile a dirsi, un po’ più difficile a farsi.

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