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Elio De Capitani continua il suo studio sulla drammaturgia americana. Dopo Angels in America propone il testo teatrale (ancora attuale) scritto da Tennesse Williams nel 1958.


La parola di Improvvisamente, l'estate scorsaLa scena creata da Carlo Sala è immobile, ferma; sembra una fotografia di un paesaggio delle paludi del centro America in cui l'aria umida ha fissato alberi, acqua e forme vegetali. I rami appesantiti dalle molte foglie, pendono dagli alberi. L'edera si inerpica sui mobili che arredano il giardino; le foglie cadute a terra sembrano non muoversi al passare degli attori.

É quindi una scena congelata, ma non fredda, perché vive di un calore umano che qualcuno vuole continui a pulsare. Si tratta dello spettacolo Improvvisamente, l'estate scorsa testo di Tennessee Williams prodotto dal Teatro dell'Elfo per la regia di Elio De Capitani con la traduzione di Masolino d'Amico arrivato a fine gennaio scorso al Teatro Verdi di Padova.

Mrs Venable, Cristina Crippa, aveva un figlio Sebastian che amava con grande passione e intensità al punto da idealizzarlo, da cancellare la persona e amare la figura da lei creata. Racconta la storia del figlio al dottor Cukrowicz, Cristian Giammarini; ne narra la bellezza del suo animo, il suo fine profilo da poeta sensibile e gli spiega la sua morte avvenuta improvvisamente l'estate precedente. Il dottore è un neurochirurgo chiamato dall'anziana donna per applicare la sua cura, la lobotomia, sulla nipote Catharine, Elena Russo Arman considerata pazza dopo la morte di Sebastian. Prima però il medico vuole conoscere e sentire la ragazza. Questa finalmente libera di parlare, racconta tutta la verità sul cugino, sul suo essere, sui suoi misteri e sulla sua morte. La parola di Improvvisamente, l'estate scorsa

Tra lo sguardo catatonico di Mrs Venable e quello attonito di Mrs Holly, Corinna Agustoni, e  George Holly, Edoardo Ribatto, rispettivamente madre e fratello di Catharine, desiderosi solo della loro fetta di eredità, si svela una verità terrificante e quanto mai incredibile. Il calore, dunque, che pervade la scena è appunto quello di Sebastian che continua a vivere grazie al ricordo di Mrs Venable e alle parole di Catharine.

É proprio la memoria che rende la scena immobile, fissata nel tempo. La presenza di Sebastian è immortale. Che ricordo conservare però di questo ragazzo? Chi era Sebastian? É il raffinato poeta, sensibile e rispettoso come è descritto dalla madre o la figura nera che emerge dalla testimonianza di Catharine? Sebastian, per come lo intende Williams, è sia l'uno che l'altro. É il figlio “prediletto” della borghesia americana rimasta indenne dalla crisi del 1929, bigotta e ipocrita.

Il giovane è parte di quella società di facciata, filantropa e sensibile che nasconde un'intima natura alimentata dalla sete di denaro (la madre e il fratello di Catharine) e preferisce rimanere rintanata nel vasto giardino delle loro ville (Mrs Venable). É una borghesia  incardinata in una mentalità riluttante verso la povertà, l'indigenza e i veri problemi di un America che fa fatica a rialzarsi dopo la crisi, come emerge dal racconto di Catharine. Lei, infatti, spiega ai presenti che Sebastian durante il viaggio fatto insieme prima della morte ebbe un incontro ravvicinato con dei mendicanti e si allontanò da loro con odio, paura e disgusto.

La parola di Improvvisamente, l'estate scorsaQuesto è l'intimo essere del giovane che emerge attraverso il turbine di parole e sentimenti che Williams consegna al personaggio di Catharine, considerata pazza solo perché a conoscenza della verità. Il monologo della ragazza rappresenta il momento centrale dello spettacolo. Sulla scena, di conseguenza, De Capitani crea una tensione drammatica ascendente che si alimenta prima dei ricordi su Sebastian proposti da ogni personaggio, le cui vesti bianche sottolineano la loro purezza, fino ad esplodere nel monologo finale di Elena Russo Arman evidenziato da una musica di un tamburo fissa e costante. L'attrice è limpida, precisa nelle parole.

Seppur rotta dal pianto, dalla disperazione, dall'isteria, la sua voce è controllata, ferma, lineare, mai eccessiva né tanto meno patetica in quanto sente che la verità su Sebastian deve essere chiara a tutti. Il regista consegna, così, alla parola quella forza in grado di rompere l'immobilismo del giardino, metafora della memoria idealizzata del giovane defunto, e di comprendere il reale volto della società di quel tempo che forse è un po' lo stesso di quella contemporanea.

 

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