Dua Lipa e le grandi aspettative

“Radical optimism” è stato presentato come primo capitolo di una nuova fase artistica per la cantautrice di origine kosovara, per la prima volta manager di se stessa e circondata da collaboratori prestigiosi, primo fra tutti Kevin Parker in arte Tame Impala. Il risultato è un pop danzereccio già sentito che punta più alla riconoscibilità che all’evoluzione, rimanendo in una elegante ma scontata zona sicura.


A differenza di artiste come Taylor Swift e Beyoncè, delle vere e proprie aziende s.r.l. venditrici di emozioni, creatrici di narrative personali autobiografiche di riscatto e autodeterminazione, Dua Lipa rimane una intrattenitrice senza grosse pretese.

Nulla di male intendiamoci, il suo terzo album “Radical Optimism” rimastica un passato ’90 – 2000 rassicurante e ce lo propone in forma attuale ed esteticamente elegante, ricalcando concettualmente la “Future Nostalgia” che intitolò il fortunato album del 2021.

“Radical Optimism” è un modo di vedere le cose, di portare avanti una propria visione positiva nonostante tutte le difficoltà della vita, con il tema amoroso sviluppato in varie sfaccettature, ed è il primo album che la voce di “New rules” pubblica come manager di se stessa, per la la sua società Radical22, creata per mostrarci presto altri suoi lati creativi.

Il problema non è quindi il disco in sè, ma su quanto alla vigilia della sua uscito il tutto sia stato presentato come “album della maturità”, come un disco dall’anima indipendente, realizzato alla vecchia maniera, completamente in presenza, in una sala di registrazione a Londra nell’arco di un anno e mezzo, nelle intenzioni come fosse il disco di una band.

Il risultato invece è un frullato pop dance già ampiamente sentito e abbondantemente frequentato in vent’anni da Katy Perry, Sophie Ellis Bextor, Ava Max, che potete trovare anche nel mondo colorato e sfaccettato dell’Eurovision, tutto formalmente perfetto ma che lascia poco in termini di interesse.

Al disco hanno collaborato figure importanti come Kevin Parker, leader dei Tame Impala, Andrew Wyatt, (già al lavoro con Liam Gallagher e per la colonna sonora di Barbie), Danny L Harle (collaboratore di Caroline Polachek), Tobias Jesso Jr. (autore di Adele, Harry Styles, Florence and The Machine), la sua storica collaboratrice Caroline Allin, oltre all’ingegnera del suono Daniela Sicilia che ha già lavorato anche con Paolo Nutini e proprio con i Tame Impala.

I già sentiti singoli “Houdini”, “Training Season” e “Illusion” rappresentano l’ossatura musicale e tematica del disco. “End of an Era” parte da un bacio per raccontare l’inizio e il fallimento di una storia, “These Walls” parla dei muri fragili che proteggono una relazione, “Anything For Love” è un buono spunto inspiegabilmente mollato all’improvviso, “Falling Forever” è l’europop per eccellenza.

Nel complesso il tutto è piacevole, formalmente ben fatto, ma tutto rimane sulla superficie, e vista le premesse e la squadra coinvolta era ovvio che ci si aspettasse di più.

Dua Lipa si prepara a calcare il palco del Glastonbury, il Festival che il 28 giugno nel Regno Unito la vedrà mattatrice e artista principale. Se l’ottimismo radicale ha per ora portato lontano Dua Lipa, un po’ di realismo e autoanalisi servirà in futuro per provare una ulteriore evoluzione, sempre che sia possibile.

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Fabio Alberti

 

 

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