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Dopo la grande mostra del 1963 a Palazzo Ducale a Venezia, il felice ritorno dell’ultimo sorprendente Carpaccio e la scoperta del figlio Benedetto a Palazzo Sarcinelli a Conegliano.


Carpaccio, l'autunno magico di un maestro

La mostra promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, secondo appuntamento del ciclo progettato da Giandomenico Romanelli, a Palazzo Sarcinelli, vuole indagare e illustrare gli ultimi dieci anni dell’attività di Vittore Carpaccio (dal 1515 al 1525 ca.) considerato il più grande narratore, ‘teatralizzatore’ e vedutista ante-litteram nella pittura veneziana, anni che sono segnati da un’ importante svolta nella sua poetica.

In mostra capolavori di grandissima qualità e originalità, dipinti celebri da ritrovare come il San Giorgio che lotta con il drago di San Giorgio Maggiore, la Pala di Pirano, il Polittico da Pozzale del Cadore, o la particolarissima Entrata del podestà Contarini a Capodistria che, nella prospettiva adottata, consente allo spettatore un insolito e realistico sguardo sulla città; opere da riscoprire come le clamorose Portelle d’organo dal Duomo di Capodistria o il Trittico di Santa Fosca ricomposto da Zagabria, Venezia e Bergamo in occasione della mostra; e ancora dipinti da scoprire, di fatto mai visti, come la novità assoluta del Padre eterno tra i cherubini da Sirtori, (Lecco). Più di cinquanta opere tra dipinti, pale d’altare, disegni, documenti, stampe.

Carpaccio era stato l’interprete (con Gentile Bellini, Basaiti e altri colleghi) di un gusto e di una sensibilità che nascevano e rispondevano alle esigenze di autorappresentazione e auto-celebrazione del considerevole ceto dei professionisti, mercanti, artigiani, pubblici funzionari e le Scuole (grandi e piccole) erano il luogo in cui tale ceto trovava la sua esplicitazione più compiuta e fortunata. Qui Carpaccio idealizzava il mondo veneziano in una visione e in una rappresentazione sospese tra realismo e utopia, tra documentazione e seducente favola letteraria. E’ il mondo elegante e sognante delle storie di Sant’Orsola, dei successi di san Giorgio sul drago, della vita cenobitica del grande saggio Girolamo.

La rottura di un equilibrio che appariva perfetto si gioca a cavallo tra XV e XVI secolo: le guerre, le crisi politiche, i contrasti religiosi fan sì che tramonti una stagione e se ne affermi un’altra, più dolorosa e concitata, più laica e spregiudicata, più spericolata e libera nella stessa ricerca e trasformazione dei linguaggi dell’arte. Compaiono sulla scena artistica nuovi protagonisti: da Giorgione a Tiziano, dal Lotto a Pordenone a Sebastiano del Piombo. Carpaccio affronta il secolo nuovo sottoponendo anche il proprio linguaggio ad una sorta di prova, di affinamento, di verifica. La nostra mostra insegue Vittore in questa ricerca che appare talvolta drammatica, in questo viaggio interiore tormentato ma anche liricamente poetico.

Un viaggio che segue il pittore nello spostamento del suo centro d’interesse dalla capitale al territorio, quindi verso il confine orientale della Repubblica, verso quell’Istria amatissima e luminosa che sarà per altro presto investita dal vivificante ciclone della Riforma. Dopo la morte di Vittore, la bottega continua a produrre opere che si ispirano o che sono vere e proprie citazioni dei dipinti del maestro, fino all’assunzione di responsabilità da parte del figlio Benedetto, pittore dalle evidenti cadenze naif e dalle accese policromie, che costituirà una gradevole sorpresa in questa mostra, divenendo l’interprete di una progressiva mutazione del verbo carpaccesco. Egli pare scarnificare il linguaggio di Vittore, accentuandone in senso quasi espressionista i caratteri devozionali, sottolineando la natura anti-naturalista di paesaggi e fisionomie, regalando ai devoti una rappresentazione tesa e scabra dello spazio della devozione e della fede, andando incontro alle esigenze di pietà e di fantastico dei conterranei e dei suoi committenti.

Ulteriori informazioni http://www.mostracarpaccio.it

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