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La curiosa ed entusiasmante esperienza di vita di Maurizio Salamina, ex giocatore della Virtus Bologna.


Bisogna perdere e saper perdere, o non si vincerà maiIl gigante buono, colui che ha fatto del basket la sua unica ragione di vita, ci racconta in questa intervista esclusiva i suoi trascorsi passati. Dall'iniziale ascesa alla profonda delusione continuando a "combattere" senza mai arrendersi. Cogliamo l'occasione di ringraziare la splendida persona che ci ha reso partecipi della sua memorabile storia.

Buongiorno coach! Inutile dirle che al primo impatto avrei scommesso che fosse un ex centro, di quelli classici, alla Shaq insomma. E invece dall’alto dei suoi 2.10 cm mi dice che era un’ala forte, un 4 usando i numeri da 1 a 5 per definire i ruoli. Iniziamo appunto da questa considerazione : com’è stato giocare in quel ruolo per anni? E che svantaggi e vantaggi aveva in campo data la sua atipicità?
Buongiorno a te. Posso dire che giocare in quel ruolo, data la mia altezza era soprattutto vantaggioso. Gli avversari quando mi marcavano avevano difficoltà perché non solo dovevano tenermi spalle a canestro, ma anche difendere su un potenziale tiro da 3 punti o comunque da un tiro dalla lunga distanza. La mia atipicità mi permetteva di essere imprevedibile ed era difficile cercare di capire come potevo concludere un’azione di gioco.

Se a 11 anni ti ritrovi ad essere alto 1,98 cm e con una voglia matta di giocare a basket, difficilmente la vita non ti offrirà l'occasione di spiccare il volo verso il successo sportivo. Coach, qual è stata la sua occasione?
Ebbene sì. In un caldo pomeriggio di settembre, quell'occasione mi si è presentata e non potevo lasciarmela sfuggire; mia madre, dal nostro negozio di Taranto, telefonò alla sede della Virtus Bologna (in quegli anni la società italiana di basket di maggior prestigio) per parlare con qualcuno a cui potesse dire di avere un figlio disposto a investire la sua vita e la sua già notevole statura nello sport con la palla a spicchi. Ad alzare la cornetta fu proprio il coach dell'allora Virtus Bologna Roberto Nadalini che, incuriosito dalle mie caratteristiche fisiche, chiese a mia madre di condurmi immediatamente a Bologna per un provino.

Com’è stato il primo impatto agli inizi della nuova avventura? E il suo rapporto con Coach Nadalini?
Sono stato molto fortunato. Avevo trovato la persona giusta : Coach Nadalini oltre ad essere un grande allenatore e una splendida persona era il primo della classe quando si trattava di credere nello sport e soprattutto nei giovani. Il provino fu una semplice formalità per me Grazie anche alle parole esperte e confortanti di Germano Gambini, Ex giocatore della Virtus Bologna negli anni 50 nonché in quel periodo Talent Scout del settore giovanile. In breve tempo lasciai la mia amata Puglia e mi trasferii a Bologna apprestandomi a diventare un giocatore degli allievi della Virtus. Gli allenamenti erano durissimi e ci si allenava anche dopo la partita, ma per me non fu un problema, anzi.

Già proprio così. Il sudore, la fatica, i sacrifici, le gioie e le delusioni facevano parte del suo sogno, un sogno che pian piano stava diventando realtà. Il mondo del basket italiano iniziava ad accorgersi dei progressi che stava compiendo, come si è evoluta la sua crescita? E quali motivazioni la spingevano a non mollare?
Ovviamente non fu facile, ma con estrema forza di volontà e soprattutto grazie ad una sconfinata passione, alla tenera età di 15 anni ebbi la fatidica convocazione in serie A da parte di coach Alberto Bucci, seguita prontamente dal grande onore della convocazione nella nazionale italiana juniores. Riuscii a prendermi il mio posto in quintetto e non lo abbandonai fino ai 19 anni. Percepivo chiaramente che ogni goccia del mio sudore veniva prontamente premiata.

Quali sono i ricordi indelebili di quegli anni? Di certo avrà avuto la possibilità di confrontarsi con campionissimi del suo sport. Ci racconti com’è andata.
Impossibile non citare Sasha Danilovic : giocare al suo fianco e poterne ammirare i talenti (per dirla all'americana) è stato molto formativo per me, un grandissimo esempio sia come persona che come cestista. In seguito, un anno prima di lasciare la nazionale juniores, ebbi l'illustre invito a partecipare all'International Eurostars, un torneo di altissimo livello in cui si sfidavano le migliori 12 stelle del panorama europeo; proprio lì, giocando al fianco di Andrei Kirilenko, giocatore Nba storico, neo acquisto dei Brooklyn Nets del magnate russo Mikhail Prokhorov. Ma non è tutto. Successivamente partecipai, con la nazionale, ad un torneo in Germania dove sfidai gomito a gomito anche Pau Gasol e Josè Calderon, due grandi campioni spagnoli super protagonisti in Nba; il primo in maglia Lakers e il secondo nuovo acquisto dei Dallas Mavericks dopo aver militato anche a Toronto e Detroit. Già, i Dallas Mavericks! Non una squadra qualunque proprio perchè in quel roster texano giocava e gioca ancora il mio idolo di sempre, tale Dirk Nowitzki, tedesco di 213 cm e ala forte dal tiro magnifico.

Difficile dimenticare le prestazioni del biondo tedesco nelle Finals Nba 2011 dove fu anche incoronato MVP dei Playoff. Benissimo, la sua carriera la stava riempendo di gioie e immense soddisfazioni, cosa è successo dopo?
Eh già (sorride). Sembrava tutto rose e fiori e invece la vita è sempre imprevedibile. Più cresceva il mio corpo e più cresceva il diametro dell'aorta. Nel 1996 feci il mio primo intervento al cuore che mi costrinse a lasciare il "mio" basket per un'intera stagione. Da quel momento mi sentii vittima di un vortice di negatività. Era come se mi avessero sparato un colpo in testa e nel rialzarmi avevo la sensazione che il mio corpo non fosse più governabile; mi sentivo come una Ferrari in garage. Inevitabilmente nel 2008 fui costretto a ritirarmi dal mondo del basket, dopo un’ultima stagione in quel di Campobasso l’anno precedente.Bisogna perdere e saper perdere, o non si vincerà mai

Immagino che questo problema abbia influito sulla formazione del suo carattere. Si è sentito cambiato dal corso degli eventi? Qual è stata la sua reazione alla malattia? Ricordo che una situazione simile è capitata anche al calciatore francese Eric Abidal (ex Barcellona, ora in forza al Monaco).
Sì anch’io ho seguito le spiacevoli vicende di Abidal e posso immaginare ciò che ha vissuto. Per quanto riguarda me stesso, dopo tutti i problemi che ho avuto, adesso mi sento ovviamente cambiato, diverso senza ombra di dubbio. La “stronza”, come Stefano Borgonovo chiamava la sua malattia (Sla), mi ha aiutato a crescere, mi sento molto più stabile e sicuro di quello che sono e di quello che voglio diventare. Data la sua imprevedibilità bisogna imparare a saper fare tutto nella vita. Dopo una distruzione c’è sempre una ricostruzione : secondo l'arte della guerra, per citare Platone. A partire dal 1996 il cuore pian piano stava ingrossando e conseguentemente a causa di questa evoluzione fisica ahimè nel settembre 2010 si dovette procedere con la sostituzione della valvola e aorta cardiaca altrimenti c’era il rischio di una rottura dei tessuti. Dopo l'operazione ho passato Mezza giornata in terapia intensiva (di media è un recupero che può richiedere anche una settimana intera per essere completata). Fortunatamente ebbi un recupero molto rapido che mi permise di iniziare a studiare e a pensare da allenatore. No, non ho mai pensato di lasciare il basket. Mai. Vorrei morire in un campo da basket.

Ci avrei scommesso. La domanda sorge spontanea : com’è stato il passaggio da giocatore ad allenatore? Dalla panchina è difficile guardare gli altri giocare? Che sensazioni ha avuto?
È stato fantastico immedesimarmi nel ruolo di coach, un’esperienza meravigliosa che consiglio a tutti gli ex giocatori e non. All’inizio non è stato facile perché la rabbia di non poter più giocare e lottare in campo era superiore a tutto, ma successivamente l’amore infinito per questo sport è stato in grado di farmi mettere nel “cassetto” la carriera da giocatore e tutto il resto di cui abbiamo parlato finora. Nel ruolo di allenatore, cerco di capire i miei allievi in tutto e per tutto e provo a prendere esempio da Roberto Nadalini (ex Capo allenatore virtus bologna settore giovanile che mi ha formato tecnicamente) e/o Ettore Messina (uno dei miei allenatori ai tempi della Nazionale giovanile, attuale coach del CSKA Mosca  che come me ha iniziato da responsabile tecnico a Bologna) e Alberto Bucci (Capo allenatore della Virtus Buckler Bologna negli anni '90 nel quale ha creduto in me convocandomi a 15 anni con i big) Gianni Giardini (Istituzione nella gestione del settore minibasket della Virtus Bologna ora Responsabile del Castiglione Murri). Sono andato a visionare tanti allenamenti della Virtus e ci vado ancora, cercando di prendere appunti sulle situazioni di gioco tattiche e tecniche.

Coach, parlavamo di distruzione e ricostruzione, diciamo che l’anno scorso si è tolto una bella soddisfazione vero?
Ebbene sì. Non bisogna mai smettere di lottare nella vita e le gratificazioni arriveranno sempre. L’anno scorso, alla mia prima esperienza da allenatore, ho guidato in collaborazione con il Coach Michele Mazza il Basket Ima alla vittoria del campionato di Prima Divisione. Sono ancora emozionato e non smetterò mai di ringraziare i miei giocatori per il massimo impegno dimostrato e per l’attenzione nel seguire i miei consigli e il mio “basketpensiero”.

Per concludere, quali sono i suoi progetti futuri? E cosa consiglierebbe ad un ragazzino che prende in mano la palla a spicchi per la prima volta?
Sicuramente di non smettere di aggiornarmi sui flussi tecnico tattici, cercando di apprendere al meglio tutte le strategie e le nuove  realtà di cambiamento nella speranza di solidificare la mia determinazione nel ruolo di allenatore. Cosa consiglierei ad un ragazzino alle prime armi? Di certo di non mollare mai, nel basket come nella vita, di avere coraggio. Senza coraggio e determinazione non si possono raggiungere i propri obiettivi; e poi la passione, l’amore nel praticare qualsiasi tipo di sport. Imparare a digerire una sconfitta, perché anche quella serve per arrivare alla vittoria.

Già. Bisogna perdere e saper perdere altrimenti non si vincerà mai. Nel basket e nella vita. Parola di Maurizio Salamina

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