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Ritorna dal 28 al 30 giugno, il tradizionale appuntamento con la festa patronale, in onore dei SS. Pietro e Paolo, che nei secoli è stata associata al rito della taranta.


A Galatina rivive il rito della TarantaGalatina è ritenuta la culla del tarantismo, e custode di un rituale antichissimo ed ormai scomparso da alcuni decenni; in passato, essa era considerata un “feudo sacro” protetto da San Paolo, che, secondo una leggenda locale riportata del medico leccese Nicola Caputi nel suo libro intitolato De tarantulae anatome et morsu (Anatomia e morso della tarantola, 1741), aveva reso immune questa terra e i suoi abitanti dal morso degli animali velenosi, ricompensandoli per l’ospitalità ricevuta durante il suo viaggio di evangelizzazione verso Roma.

IL Club UNESCO di Galatina si propone di rivalutare il tarantismo come bene immateriale e di farlo conoscere attraverso le fonti storiche, gli studi, i filmati, le foto, le testimonianze; intende ricercare e custodire materiali documentari e bibliografici su questo antico fenomeno, affinché non vada disperso un patrimonio di riti, credenze, leggende e tradizioni che fa parte della nostra memoria storica e che tutti abbiamo il dovere di custodire e valorizzare.

Il tarantismo, antico rituale terapeutico, un tempo diffuso in tutta la Puglia e nell’area del Mediterraneo, si è ormai estinto da alcuni decenni. Secondo una credenza popolare, esso prendeva il nome da un malefico ragno, il cui morso era ritenuto velenoso, che mordeva le sue vittime durante il lavoro nei campi, nei giorni di intensa calura estiva. Il morso del ragno provocava uno stato di estrema agitazione e di delirio, che si alternava ad una forma di torpore e abbattimento. La medicina e la scienza non riuscivano a trovare un antidoto per curare questa malattia. L’unica terapia contro il veleno del terribile ragno era il rito coreutico-musicale, il ballo terapeutico scandito dal ritmo frenetico della pizzica e del tamburello, che poteva protrarsi anche per più giorni consecutivi. Per ottenere la guarigione, le tarantate dovevano recarsi in pellegrinaggio a Galatina, presso la Cappella di San Paolo, il Santo protettore dal morso degli animali velenosi. Tradizione voleva che le tarantate, per guarire, dovessero bere l’acqua del pozzo della cappella, ritenuta “miracolosa”.

Nel corso dei secoli, illustri studiosi italiani e stranieri hanno osservato e descritto il tarantismo. Lo studio più approfondito sul fenomeno fu compiuto dall’etnologo napoletano Ernesto De Martino, che alla fine degli anni ‘50 si recò nel Salento con un’équipe di studiosi, per effettuare una ricerca sul campo. I risultati di quell’indagine etnografica furono raccolti nel libro intitolato La terra del rimorso. Il ciclo rituale documentato da De Martino prevedeva due momenti: la terapia domiciliare e il pellegrinaggio alla Cappella di San Paolo a Galatina. Nel tarantismo, il morso del ragno e il veleno avevano una valenza fortemente simbolica; essi erano espressione di una profonda crisi individuale e di conflitti psichici che esplodevano, trovando espressione in un adeguato scenario cerimoniale e che attraverso il simbolismo della musica, della danza e dei colori, si risolvevano in un piano mitico rituale di deflusso.

Il tarantismo evoca il mondo della mitologia greca, richiama in particolare il mito di Aracne, la giovane e abile tessitrice lidia che osò sfidare, in una pubblica gara di tessitura, la dea Atena, provocandone l’ira e la vendetta, al punto che la dea la trasformò in ragno, condannandola a tessere in eterno, sospesa alla sua tela. La taranta dimora nei luoghi del mito, delle leggende e delle credenze; è un animale simbolico che domina il corpo e la mente; è sensibile alla musica, al ballo e ai colori; il suo morso è ciclico e ritorna l’anno seguente, nello stesso periodo, riacutizzando il male. E’ il rito che muore e rinasce, va e ritorna in un andamento circolare, come le stagioni, come il tempo della società rurale, cadenzato come il ritmo della pizzica e il suono del tamburello, a ripetere un ciclo di morte e vita, di fede e superstizione, di salute e malattia.

Il Club UNESCO di Galatina ha in programma, per i tre giorni della festa patronale, un ricco calendario di eventi sull’antico rituale del tarantismo, per far rivivere uno dei riti più misteriosi e affascinanti della nostra cultura popolare, che in passato richiamava alla Cappella di San Paolo le tarantate provenienti dai vari paesi del Salento. Giungevano a Galatina accompagnate dai familiari e dai suonatori, e danzando al ritmo frenetico della pizzica, esorcizzavano la malattia fino a riconquistare lo stato di salute.

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