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Debutta mercoledì 14 ottobre in Prima Nazionale la nuova produzione del Teatro della Tosse di Genova con la regia di Emanuele Conte.


In scena PrometeoedioPrometeoedio è l’ultimo capitolo della trilogia del potere iniziata nel 2013 con Antigone di Anouilh e proseguita lo scorso anno con il Caligola di Camus. Emanuele Conte, ideatore e regista della trilogia, ha nel corso del tempo spostato la sua analisi dal potere in quanto tale alla “ribellione al potere”. In Antigone la protagonista si oppone a un ordine precostituito, Caligola lotta contro se stesso in quanto incarnazione dell’autorità, mentre in questo terzo capitolo Prometeo si ribella al potere in senso assoluto, quello che va oltre l’uomo e riguarda Dio. Al centro del lavoro di Conte c’è l’uomo con la sua meravigliosa umanità fatta di imperfezioni, fragilità, debolezze e difetti. L’essere umano viene rimesso al centro della storia e amato per quello che è, un’analisi in aperta antitesi con il pensiero dominante che guarda all'essere umano utilizzando parametri e modelli che danno vita esclusivamente a giudizi negativi.

Il gesto con cui Prometeo dona all'umanità il fuoco e la consapevolezza è un atto di giustizia compiuto per soddisfare il desiderio di conoscenza dell'uomo, anche se questa sua ambizione porta con sé dolore e sofferenze. La costruzione drammaturgica è stato un lavoro impegnativo, fatto di riscritture e limature a un testo denso di temi fondamentali, che hanno influenzato nel corso dei secoli molti artisti nei campi del teatro, della letteratura e della musica. In questa riscrittura ci si sofferma sul tema della ribellione a un Dio tiranno insensibile e impermeabile alle richieste e alle esigenze delle sue creature, sul tema dell’amore per l’umanità e le sue imperfezioni e sul rapporto padre e figlio, argomento che apre a sua volta una serie di implicazioni psicanalitiche da cui il testo è attraversato.

Prometeoedio è tratto dalla tragedia di Eschilo, nella quale il titano Prometeo viene condannato a soffrire in eterno, In scena Prometeoedioincatenato per sempre a una roccia ai confini del mondo, per aver rubato il fuoco, la conoscenza e averne fatto dono all'umanità. Questa terribile condanna non smuove il pensiero di Prometeo che nella sua scomoda posizione resta aggrappato alle proprie convinzioni, senza pentirsi del suo peccato perché “io ho dato loro la possibilità di scegliere. Ora potranno decidere se vivere senza farsi domande, spensierati, o abbracciare il pensiero e il desiderio di sapere. È vero tutto questo provoca dolore e sofferenza, ma se questa sarà la loro scelta allora io soffrirò con loro”. Come gesto estremo Prometeo, nonostante sia consapevole del dolore e della precarietà della vita umana, decide di farsi uomo a propria volta, nella convinzione che la precarietà dei viventi sia comunque preferibile al terrore nel quale vivono gli Dei per la paura di perdere la propria immortalità.

A vestire i panni di Prometeo è Gianmaria Martini che lo scorso anno aveva interpretato Caligola. Ancora una volta l’attore triestino è chiamato a ricoprire un ruolo faticoso sia da uno punto di vista emotivo che fisico. Martini è incatenato al centro della scena e lì resta immobile per tutta la durata dello spettacolo diventando egli stesso parte integrante della scenografia. L’imponente scena  occupa tutto il palco ed è realizzata con tubi da impalcatura e grate di metallo, che incombono sul corpo teso e martoriato di Prometeo. In questo spazio minaccioso si muovono gli altri attori: Andrea Di Casa, impegnato in un doppio ruolo: Efesto, il Dio derubato della scintilla di fuoco e costretto da Zeus a infliggere contro la propria volontà la condanna a Prometeo e il Coro delle Oceanine che, con morboso voyeurismo, veglia senza poter fare niente la sofferenza del condannato. Enrico Campanati interpreta Ermes, il messaggero inviato da Zeus per parlare con Prometeo e convincerlo a pentirsi per il gesto compiuto e a rivelare la verità sul destino di Zeus e su ciò che porterà alla fine del suo regno. Uno scontro verbale quello tra i due dalla forte violenza emotiva, da cui trapela l’invidia di Ermes per il coraggio con cui Prometeo si ribella al padre prima che diventi padrone.


In scena PrometeoedioPietro Fabbri, anche lui impegnato nel doppio ruolo di Cratos, incaricato di condurre Prometeo al suo supplizio, e di Oceano, un secondo titano che cerca invano di indurre il protagonista a pentirsi delle proprie colpe. Alessia Pellegrino è Io, la donna tramutata in giovenca che vorrebbe uccidersi per sfuggire al Tafano che la tormenta. Questa scelta le è negata, poiché il suo destino, come le rivela Prometeo, è quello di dare alla luce colui che lo libererà dal suo supplizio. Io, come tutte le donne del suo tempo, non è padrona né del proprio corpo né del proprio destino. Il suo personaggio risulta di straordinaria modernità proprio per il tentativo, frustrato, di ribellarsi alle costrizione scelte per lei da altri. La figura di Prometeo di Eschilo nel corso dei secoli è stata utilizzato di volta in volta per spiegare tesi e affermare concetti spesso legati alla religione, all’autorità o al potere. Si tratta di un testo permeato di concetti forti e universali che continua ad essere attuale e a rivelare qualcosa su noi stessi.


Lo spettacolo sarà in scena dal 14 al 31 ottobre alle ore 20.30, domenica 18 e 25 ottobre alle ore 18.30, lunedì riposo.
I costumi sono firmati da Daniela De Blasio e realizzati dalla sartoria del Teatro della Tosse.
Biglietti Intero: 14 euro. La sera della prima giovani fino a 28 anni: 10 euro

Foto di Donato Aquaro

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