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Il testo di Berthold Brecht e prima ancora di Christopher Marlowe rivive grazie allo spettacolo diretto da Andrea Baracco e prodotto da 369 gradi. Il regista procede oltre l'idea del drammaturgo tedesco nell'idea che il classico sia metafora del contemporaneo.


Vita di Edoardo II: dall'uomo all'uomoChristopher Marlowe-Berthold Brecht- Andrea Baracco. Il filo che unisce questi tre personaggi della letteratura e del teatro è l'idea che il classico possa spiegare il contemporaneo, in particolare attraverso l'analisi della figura di Edoardo II d'Inghilterra. Lo scorso 11 e 12 ottobre al Teatro Olimpico di Vicenza all'interno del 66° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico, organizzato dallo teatro stesso insieme al Comune di Vicenza sotto la direzione artistica di Eimuntas Nekrosius è andato in scena “Vita di Edoardo II d'Inghilterra” per la regia di Andrea Baracco.

L'idea di approfondire la figura di Edoardo II viene da Marlowe che nel 1592 circa scrisse “Edward II” tragedia basata sulla storia di Edoardo II il Plantageneto che governò l'Inghilterra all'inizio del Trecento. Il re contraddistinse il suo mandato per lassismo, scarsa attenzione al popolo e agli interessi dei nobili, fino ad arrivare a una guerra civile, in aggiunta a quella scatenata contro la Scozia. Il motivo principale di questa scarsa attenzione del re fu la sua totale dedizione e amore nei confronti di Pietro Gaveston, suo favorito che fece tornare dall'esilio deciso da Edoardo I.

Brecht nel suo testo scritto nel 1923 dal titolo “Vita di Edoardo II d'Inghilterra” riprese l'Edoardo II proposto dal drammaturgo inglese, assolutizzando la figura del re inglese a emblema del mal governo, fino a identificarlo come la metafora per spiegare il caos morale, politico e sociale dei suoi tempi. Baracco, conseguentemente, sviluppa l'analisi di Brecht mettendo l'accento maggiormente sugli intrighi, le violenze, i sotterfugi di palazzo, la corruzione e la cattiva gestione, dominata da ciò che lui stesso definisce “il governo dei sensi”.

Questo governo si manifesta quando l'istinto, il volere umano più primordiale, il proprio desiderio ancestrale domina l'uomo e, quindi, Edoardo II. Sulla scena dell'Olimpico il re inglese è interpretato da Gabriele Portoghese. Prima del rimpatrio di Gaveston il re appare lento e indolente sul trono. Al ritorno del suo favorito elettrizza la scena con abbracci ampi e calorosi nei suoi confronti e con movimenti veloci e mossi dalla felicità, per poi, al termine della conflitto interno, in punto di morte, incatenato a quel trono sempre osteggiato, mostra un patetismo riservato e caratteristico di chi è dominato dall'istinto, più che con la ragione. I sensi, di conseguenza, ottenebrano anche le menti della moglie del Re, Isabella di Francia (Ersilia Lombardo), di Roger Mortimer (Antonio Trapani) conte e letterato e dall'Arcivescovo di Canterbury (Luigi Di Pietro), rappresentati rispettivamente il potere reale, nobiliare e religioso, insoddisfatto, d'Inghilterra. Questi odiano Gaveston (Mauro Conte) e dissentono dal governo del re a tal punto da bramare nei suoi confronti.

Le anime nere di questi personaggi si ampliano con il passare delle scene, fino a quasi ad arrivare alla cancellazione dell'uomo, per restare in scena soltanto il prototipo del male che incarnano, reso attraverso un'evoluzione del controllo vocale e dei gesti degli attori preciso ed accurato. Tale processo rende straordinaria la messa in scena di Baracco. Proseguendo sulla strada di Brecht, il regista propone degli archetipi del malgoverno, per emblematizzare la deriva negativa dell'uomo di oggi, imbrigliato nell'egoismo, nei propri interessi e nella scarsa attenzione al bene comune.

Il regista, quindi, propone la sua indagine antropologica, in cui la storia classica ne è la metafora, attraverso gli attori. Il loro corpo, i loro movimenti veloci e istintivi, la loro voce, urlata per esprimere dissenso, soffusa per gli inganni e rotta in punto di morte, sono tutti simboli e strumenti atti a rendere manifesto il governo dei sensi. La vittima di questa situazione è il narratore, figura inventata da Baracco, interpretato in maniera clownistica e farsesca da Lucas Waldem Zanforlini. Il suo compito è scandire il il passare degli anni e degli avvenimenti storici (secondo un'idea brechtiana) e, quindi, conferire una base storica alla narrazione. Appare curvo, gobbo, stentorio nel camminare perché è succube di quello stato di cose. Salta tra i protagonisti, per evitarli, ma alla fine è soggiogato dal loro potere, perché anche lui ne è parte. Lui incarna ogni uomo rovinato dal governo dei sensi.

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