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Gli ideatori e realizzatori del Lago Film Fest spiegano la loro filosofia che ha contribuito a creare un buon prodotto di qualità.


Un dialogo con Viviana Carlet e Carlo MigottoIntervistare e discutere di cinema insieme a Viviana Carlet e Carlo Migotto rispettivamente direttore artistico e direttore generale del Lago Film Fest, significa chiacchierare amichevolmente con due operatori del settore con le idee chiare e un forte entusiasmo. Dalle loro parole si evince con chiarezza che conoscono il loro festival, sanno come farlo crescere e come si articola una proposta cinematografica.

Per questo motivo sembra giusto domandare, innanzitutto, che cosa rappresenta il cortometraggio nel panorama cinematografico e perché non è così diffuso in Italia.
Non è del tutto corretto affermare che il corto non è diffuso in Italia. Esistono molte realtà sul territorio che promuovono produzione internazionali e nazionali. Si può dire che non ha un grande ritorno economico, perché essendo di breve durata e, a volte, concettualmente più complesso del lungometraggio, è difficile, ad esempio, proporlo nei cinema. Rimane un mezzo linguistico di nicchia, anche se ampiamente diffuso sul web.

Perché le produzioni italiane dei documentati sembrano maggiormente efficaci rispetto ai cortometraggi?

Il documentario rappresenta un bagaglio storico-visivo ampio e ben consolidato nella storia del cinema italiano. É quasi uno dei migliori mezzi con cui è stata narrata la nostra storia. Proprio per questo motivo è realizzato ancora molto bene e affascina e incuriosisce chi lo guarda, per la capacità che di informare ed educare. I cortometraggi italiani non sono inferiori. Hanno una storia più recente, ma sono sempre una buona palestra per i giovani registi.

Il “Premio Rodolfo Sonego” alla migliore sceneggiatura non è stato assegnato quest'anno perché i testi selezionati non sono stati ritenuti adeguati. É questo un segnale di una crisi nella scrittura italiana o è solo un caso?


Il Lago Film Fest rappresenta una piccola finestra nel panorama delle scrittura di sceneggiature in Italia. Certo la mancata assegnazione del premio significa qualcosa, anche perché a deciderlo sono stati scrittori competenti e figli artistici di Sonego che quindi conoscono il testo della sceneggiatura. Forse non è stato un caso, ma certo non rappresenta un dramma generale.
Abbiamo pensato che possiamo essere i responsabili, in quanto forse il tema e l'assegnazione di un premio in denaro al vincitore non era sufficiente. Per l'anno prossimo penseremo magari a cambiare qualcosa, a riformulare i criteri, a scegliere un altro tema. Insomma miglioriamo anche in questo.

In quali elementi ha funzionato ottimamente l'edizione di quest'anno del LFF?

Ha funzionato nella creazione di un programma che, in tutte le sezioni di cui è composto, ha individuto una geografia di qualità del cortometraggio mondiale. Abbiamo cercato di proporre le migliori produzioni tra le 8000 che ci sono pervenute, strutturando il tutto con momenti di approfondimento, come il documentario di Nerazzini “La divina provvidenza”, anteprime nazionali come “Not to be” prodotto da Fabrica o internazionale come “Zombie” di David Moreno. Il tutto accompagnato da momenti di approfondimento, di analisi sul cinema e sul documentario.

A proposito di produzioni internazionali? Avete ricevuto molti lavori da registi dell'Asia orientale?

É interessante approfondire questo dettaglio in quanto nei festival di lungometraggi questi lavori, spesso, rappresentano la qualità migliore.
Abbiamo ricevuto abbastanza corti e li abbiamo proposti nelle diverse sezioni. La produzione dei cortometraggi asiatici è molto simile per esteticità, poesia e forza creativa a quella dei lungometraggi.


In cosa può migliorare il Lago Film Fest?

In molti aspetti. Abbiamo sempre bisogno di idee e menti per permettere che si evolva, così da non rimanere nella dimensione di un festival di provincia. Può crescere in tutti i suoi aspetti, di selezione, commerciali, tecnici, senza dimenticarsi il percorso effettuato. Abbiamo il coraggio per osare, l'esperienza per capire cosa non fare e la volontà di maturare.

Alla fine della chiacchierata appare chiaro il pensiero della Carlet e di Migotto. Il loro più grande valore è saper riconoscere i propri limiti, sapersi analizzare e non accontentarsi di quanto hanno raggiunto. Dai loro sguardi si evince che amano il cinema e ciò che fanno; vogliono evolversi ed è la cosa migliore considerando la velocità con cui il cinema cambia i suoi linguaggi.
Ci sono tutte le credenziali, quindi, perché il Lago Film Fest del 2013 sia ancora più stimolante di quello di quest'anno.

 

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