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La rappresentazione curata da Damiano Michieletto, transitata al Teatro Comunale di Treviso dopo le prime al Verdi di Padova e al Goldoni di Venezia, si presenta priva della spiegazione del suo elemento drammaturgico principale.


Il non equivoco de l'Ispettore generaleIn scena gli attori corrono, si agitano, sono frenetici, hanno paura. Il più agitato appare il Sindaco del piccolo villaggio russo in cui si svolge l'azione, interpretato da Alessandro Albertin. Ordina, pretende, gestisce, costruisce inganni in collaborazione con Luka Lukiè, ispettore scolastico, Ammos Fëdoroviè, giudice, Artemij Filippoviè, sovrintendente alle opere pie e Ivan Kuz'miè Spekin, l'Ufficiale postale. Il loro essere agitati è dettato dal fatto che in città sta per giungere un'Ispettore generale da Pieroburgo, per controllare lo stato delle cose. Deve verificare che i cittadini del villaggio vivano bene, che i conti del comune siano corretti e l'immagine della grande Russia zarista resti alta.

Quando Nikolaj Gogol' nel 1836 scrisse l'opera teatrale L'ispettore generale volle mettere in luce il degrado sociale e morale della Russia di quel tempo, ritraendo personaggi corrotti, ironici, grotteschi che vivono nel malaffare e nell'inganno perenne. La falsità dilagante della sua Russia, nel pensiero dello scrittore, colpiva principalmente il popolo, bersagliato dall'ignavia dei funzionari cittadini e dalla nullafacenza di quelli statali, desiderosi solo di salvaguardare l'effimera potenza e la bellezza della grande Russia.

Lo spettacolo omonimo per la regia di Damiano Michieletto, cooprodotto dal Teatro Stabile del Veneto e dal Teatro Stabile dell’Umbria, ritrae questa atmosfera di decadenza a partire dall'interno logoro e sudicio di un bar, realizzato da Paolo Fantin, in cui si presentano i personaggi e le loro anime nere. Le loro ansie, il loro correre febbrile, il loro arrabattarsi per cercare di presentare all'Ispettore una situazione migliore di quanto appaia si inseriscono in scene che scorrono l'una dopo l'altra senza particolari accenti.Il non equivoco de l'Ispettore generale

Da parte del regista sembra prevalere la volontà di porre in risalto il forte realismo, di presentare lo stato di cose, a discapito della spiegazione sugli indizi scenici e drammaturgici che costruiscono l'equivoco legato alla figura di Chlestakov, funzionario squattrinato di Pietroburgo in viaggio verso casa riconosciuto erroneamente dal Sindaco come l'Ispettore. Lo scambio di personalità è la chiave del testo di Gogol' attraverso cui lo scrittore smaschera la falsità della società.  Questa si materializza attraverso la corruzione del Sindaco verso il finto Ispettore a cui si lega il suo approfittarsi della situazione e la sua conseguente derisione e scherno di quella realtà sempliciotta e falsa che lo ha accolto.

L'equivoco, inoltre, porta alla luce sia il problema dell'alcol usato come strumento per ammansire e intontire l'Ispettore che, infine, il ruolo della donna sottomessa e schiava delle decisioni dell'uomo. La moglie del Sindaco, una convincente Silvia Paoli, appare come una civetta, in perenne stato di ebrezza, instabile sui suoi tacchi, come nella vita, pronta a concedersi all'Ispettore con finto grande atto di sacrificio.

Il nodo dello scambio di persona, dunque, non emerge nella messa in scena di Michieletto anche perché il regista si concentra su una caratterizzazione dei personaggi in maniera nettamente comici. I loro costumi sono ridondanti, le loro azioni forzatamente buffe e tutti loro appaiono pervasi da un'incessante volontà di cercare l'effetto comico attraverso gag e battute a tratti prevedibili, che non sortiscono, quindi,nel pubblico l'effetto desiderato.

Il non equivoco de l'Ispettore generaleCosì facendo la vicenda si sviluppa in maniera piatta, proprio come il personaggio de l'Ispettore, interpretato da Stefano Scandaletti. É una figura che transita sulla scena senza particolari accenti, senza impersonare la maschera perfida di uomo che sfrutta la situazione a suo vantaggio. L'Ispettore di Scandaletti non ha una tono di voce particolare anzi è troppo accademico come quello di tutti gli altri personaggi in evidente contrasto, quindi, con l'atmosfera di degrado della storia; le sue movenze sono nervose e non fluide come potrebbero essere quelle di una persona che si insinua nella vita delle persone. L'Ispettore accetta e subisce ogni azione a lui portata senza destare particolare stupore, né tanto meno lasciando presagire il macchinarsi della sua menzogna e dell'inganno.

Il pubblico, quindi assiste e non partecipa. Nemmeno la scena finale con musica altissima, luci colorate e sparate, colpi di pistola, balli di gruppo dei protagonisti, intenti a festeggiare la finta promessa di matrimonio dell'Ispettore alla figlia del Sindaco, riesce a vitalizzare chi assiste, perché tutto la messa in scena cela l'elemento drammaturgico principale, l'equivoco, per lasciare spazio a una scena movimentata e confusa.
 
Crediti fotografici: Serena Pea

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