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È tutto e niente. Le interpretazioni possono essere le più svariate, ci si può arrovellare la testa quanto si vuole per spiegare la nuova sfida di Romeo Castellucci.


42° Biennale Teatro di Venezia – Natura e Origine della menteSi dice che l'inganno più grande che il diavolo ha fatto all'uomo è fargli credere che non esiste. Romeo Castellucci non è certamente un diavolo, ma anche lui ha ingannato l'uomo. Gli ha permesso  di credere che i suoi spettacoli allestiti con la compagnia Societas Raffaello Sanzio o con gli attori dei suoi laboratori debbano per forza avere un significato.

Questo discorso riguarda in particolare, lo spettacolo “Natura e origine della mente” che Castellucci, insieme a Silvia Costa, ha proposto alla Biennale Teatro di Venezia 2013 con gli allievi del laboratorio, Michele Balducci, Tanya Beyaler, Gemma Carbone, Ilaria Dalle Donne, Gloria Dorliguzzo, Lisaboa Houbrechts, Rasabel Huguet, Zuzana Kakalikova, Gloria March Chulvi, Lorenzo Massimiano, Aglia Mora, Irena Radmanovic, Ines Roessl, Elena Strada.

La performance allestita presso le Tese dei Soppalchi all'Arsenale, ha visto mischiati tra il pubblico gli attori che improvvisamente a turno hanno levato le mani al cielo e in diverse lingue hanno inneggiato, probabilmente, a una forza superiore. Successivamente si sono stesi per terra indossando una tunica bianca con piedi finti di legno installati, per poi rialzarsi e ballare, intonando un canto, in un girotondo.

Terminato il momento canoro gli attori sono retroceduti verso la porta di ingresso, a forma di uomo, e hanno mostrato dalla sagoma i loro corpi nudi, incastrati tra loro, intenti a entrare nuovamente nella sala. Infine due fari illuminavano la porta sagomata da cui una donna sorretta da figure nere cercava di entrare. A osservare tutto questo, una donna appesa a una trave con un solo (finto) braccio intenta a prendere l'asse con l'altra mano.42° Biennale Teatro di Venezia – Natura e Origine della mente

Simboli, metafore, significati, indicazioni, riferimenti, chiavi di letture, rimandi, accostamenti, in questo spettacolo c'è di tutto. “Natura e origine della mente” ossia la sorgente della mente, del pensiero come ha precisato il regista, fornisce gli stimoli e il pubblico li rielabora come crede. La ragazza appesa può avere svariati significati; il momento cantato comune degli attori metaforizza la fratellanza o la gioia di vivere o la fine di un periodo poco lieto. La porta con la sagome di un uomo da cui appaiono i corpi nudi intrecciati tra loro simboleggiano la corporeità dell'uomo che non può transitare nel luogo della mente rappresentato dalla sala. Ogni interpretazione è lecita.

Quindi lo scopo? Questo è più chiaro. Castellucci crea un teatro a sottrazione in cui elimina scene, architetture, costumi, trucchi e tutte quelle immagini visive che posso distogliere dal significato. Il regista elimina, però, anche concettualmente. Poche parole, pochi gesti, poche azioni, in apparente connessione tra loro, che possono rappresentare tutto o nulla. Affida, quindi, allo spettatore le chiavi di letture, la possibilità di dare un significato alle diverse ed eterogenee immagini create. Nella filosofia di Castellucci questo spettacolo è una sfida per chi osserva in quanto il bombardamento visivo quotidiano ha creato un torpore mentale nell'uomo, difficile da scardinare.

“Natura e origine della mente” afferma che il teatro deve essere meno rappresentativo, più sintetico. Castellucci aspira anche all'astrazione, al non tangibile anche se ciò volesse dire proporre una nuova struttura, una nuova via di elaborazione dell'oggetto scenico e drammaturgico. Tutto ciò significa, infine, studiare e interpretare sapientemente un mezzo di espressione come il teatro.

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