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Pubblicato sul sito regionale dell'Ordine dei Giornalisti dell'Emilia Romagna, un interessante spunto di riflessione verso il mondo della comunicazione.


O blogger o giornalistiChissà perché molti blogger pur non scrivendo su alcuna testata si definiscono giornalisti e chissà perché i giornalisti, al contrario, non si definiscono blogger. Sempre più spesso ci si imbatte in professionisti, blogger appunto, che operano nel campo del marketing, di cui sono esperti, ma che utilizzano erroneamente – ma soprattutto ingannevolmente – il “titolo” di giornalista. E magari lo sono, in quanto iscritti all’Albo come pubblicisti. Ma a differenza dei colleghi pubblicisti, che si occupano effettivamente di informazione e comunicazione, nelle sue varie declinazioni, fanno business. Ricordo infatti che il giornalista pubblicista è colui che può svolgere attività giornalistica non in maniera esclusiva, a differenza del professionista. Può vivere dunque d’altro, avere altri introiti, da altri ambiti. Può essere un insegnante e collaborare anche con quotidiani, riviste, radio, tv. Può essere un impiegato. Può essere un direttore di banca. Può essere uno sportivo. Moltissimi svolgono la “seconda” attività con indiscussa serietà.

Ricordo, inoltre, che ci sono molti giornalisti evoluti in blogger, o nati e rimasti blogger, che con autentica passione si occupano di libri, turismo, maternità, moda, argomenti specifici, con altrettanta e indiscussa autorevolezza, favorendo addirittura il dibattito. Ma sul fronte “mestiere” blogger, per cui non esiste un patentino – chiunque può esserlo, senza affrontare un iter, un praticantato, un esame di Stato ma semplicemente sfruttando la tecnologia – credo sia ora di fare chiarezza. Se un blogger è giornalista pubblicista, ma si occupa di marketing, allora aggiunga quella parolina, “pubblicista”, che tra gli addetti ai lavori fa tanta differenza. Perché scrivere giornalista e basta, è ingannevole, ripeto. I concetti chiave attorno a cui ruota l’attività di un giornalista – professionista o pubblicista che sia – sono rispetto della deontologia, verifica delle fonti, aderenza della notizia all’interesse collettivo. Il tutto non a scopo di lucro, perché un giornalista non può incassare introiti pubblicitari. Insomma, c’è un’etica.

O blogger o giornalisti

Sul fronte marketing direi che prevalgono altri concetti, primo dei quali il business, termine di cui molti blogger fanno ampio uso a dimostrazione della loro capacità non tanto di smuovere le coscienze quanto semmai prodotti e danari. E d’altra parte, per questo si fanno pagare. Il fastidio aumenta perché ora, con la diffusione di Internet, molti si trincerano dietro le infinite possibilità/opportunità della rete, che consentirebbe quella libertà e indipendenza di opinione di cui i giornalisti “veri” sarebbero stati nel tempo depauperati. Insomma, siamo degli sfortunati pusillanimi. Forse addirittura invidiosi. È ora di piantarla di fare i fenomeni, i guru, è ora di dire la verità, cioè che sul web si può pubblicare tutto e il contrario di tutto, ma questo nulla ha a che fare con l’autonomia di pensiero, la credibilità dell’opinione, il consenso, la democrazia. Commentare e semplificare la notizia è ben più facile che costruirla. Ha a che fare con lo “spazio” di cui il web abbonda. E con la selezione, che la stampa – sia in versione cartacea che digitale – per fortuna attua. Ecco, credo che un po’ di trasparenza vada pretesa.

E che su questi nuovi “mestieri” vada effettuata una regolamentazione: non basta l’auto definizione, vanno applicate norme. Nel rispetto di chi vive esclusivamente di giornalismo, come i professionisti; di chi pratica anche il giornalismo, come i pubblicisti; di chi fa il blogger, sapendo essere interlocutore e stimolo dei giornalisti. E sono tanti. Perché le due vocazioni, che spesso convivono in una sola anima, possono fare sintesi. Ma a chi vive di marketing e non scrive su alcuna testata, va impedito di usare il titolo di giornalista. Una professione tanto bistrattata, che sicuramente ha limiti e patisce censure, ma che chissà perché, alla fine, evidentemente, piace. Piace al punto da millantare di esserlo. Perché forse, almeno un po’- nella tensione all’immagine consentita dal web- nobilita. E questo, chi fa marketing, lo sa.


Info: http://odg.bo.it/blog/o-blogger-o-giornalisti/

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