Tra la vita e la morte del teatro, la nuova opera di Antonio Diana.
Occupare un teatro per ostacolarne l’abbattimento per la nascita di un area commerciale, diventa un intrigante motivo per fare un viaggio nel teatro ed unire storie ed epoche scollegate tra di loro; si passa dalle prove di uno spettacolo da realizzare al ricordo di altre messinscene e tournè, intersecando tragedia e commedia con temi attuali come l’omofobia e la droga a cenni storici che riesumano i fantasmi dei personaggi che hanno vissuto da Euripide a Pirandello.
Tutti sembrano avere un taglio di vita e di morte in comune, e proprio questo binomio sembra essere il reale filo conduttore che parte dalla nascita delle anime degli attori, alla morte degli stessi, trucidati da chi aveva interesse a liberarsene per accaparrarsi i contratti di edificazione del citato parco commerciale.
Le scene cantate e recitate, con linguaggi arcaici e moderni sono ben interpretate dai quattro attori Mariano Riccio, Arianna Luzi, Mario Piana e lo stesso autore e regista Antonio Diana, che completa di forza ed espressività un momento recitato e cantato in dialetto napoletano, inevitabile citazione di una lingua che ha il suo spessore storico nel teatro. Anche la stessa scrittura racchiude diversi stili: brillante e malinconica, metaforica e dottrinale; elogiando l’abilità drammaturgica dello stesso autore.
La regia rapisce lo spettatore in tutti i suoi quadri, uniti dalle musiche di Lino Cannavacciuolo e Mariano Bellopede tanto più da un accurato disegno luci che sembra dipingere con esattezza ogni scena. Buona la poetica e la musicalità delle canzoni originali, colpisce in alcuni momenti anche una recitazione profonda ed una gestualità coreografica che crea forti tensioni ed attenzioni. Lo spettacolo, in scena nel quartiere prati di Roma, al Teatro Millelire ha debuttato l’8 ottobre fino a domenica 13, una prima nazionale di un prodotto che lascia molte riflessioni istruttive e collettive.
Foto di Fabrizio Coperchi – la Nouvelle Vougue