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…”Che Dio vi perdoni” (Papa Francesco, 14 marzo 2013, rivolto ai porporati che lo avevano eletto pontefice, la sera dopo la cena).


Il conclave che ha eletto Papa Francesco Popolarità. Fa impressione il consenso immediato, subito dopo la nomina considerata a sorpresa, che il nuovo Papa ha conquistato, soltanto affacciandosi al balcone, sorridendo e pregando, inducendo migliaia di fedeli sotto la pioggia in piazza San Pietro a pregare per il mandato che aveva appena ricevuto. Questo consenso immediato e istintivo, che ho avuto anch’io la possibilità di verificare ricevendo sms, telefonate e leggendo decine di tweet, a mio avviso è dovuto essenzialmente a questo mix: il sorriso, il garbo anticonvenzionale con cui si è subito proposto (“Buonasera…”), la scelta di eccezionale valore mediatico del nome Francesco, infine l’insistenza con cui ha sottolineato la necessità di un contatto diretto con il popolo, come vescovo di Roma.

L’età. 76 anni, Bergoglio non può dirsi certo giovanissimo. Anche, probabilmente, di salute cagionevole: dall’adolescenza, infatti, per un intervento, è privo di una parte di un polmone. Secondo i primi spifferi, i cardinali avrebbero individuato in lui un pontefice di sicuro affidamento, in grado di gestire e dominare la crisi che sta sconvolgendo la Chiesa per responsabilità della Curia, con un mandato che, presumibilmente, dovrebbe risolversi entro una decina di anni… Come dire: questo Papa sistemerà le cose, metterà ordine e trasparenza e il suo successore individuerà nuove strade e strategie, una volta recuperata la sacrale e indispensabile spiritualità dell’organizzazione ecclesiastica.

Sorpresa!
Per piacere, signori vaticanisti, egregi opinionisti, irresistibili tuttologi (e per fortuna questa volta non c’erano le società addette ai sondaggi politici): la prossima volta astenetevi da previsioni, sapienti rivelazioni prive di consistenza e quant’altro. Evitate queste brutte figure. Non c’è un solo giornale che abbia inserito Bergoglio nella pole position dei papabili. Solo la Repubblica e La Stampa lo hanno inserito ieri al decimo posto tra i possibili designabili. Il Corriere, neanche questo: indicando come successore possibile di Benedetto XVI un cardinale latino americano, ha pronosticato il porporato messicano, anziché Bergoglio.

Il nome.
Il Papa si è dato il nome di Francesco. Per sottolineare la molesta approssimazione delle cronache televisive, basterà dire che varie emittenti gli hanno attribuito, sic et simpliciter, il nome di Francesco I. E chi lo aveva detto? Bergoglio no, il protodiacono Jean-Louis Tauran che ne ha annunciato l’elezione, neanche; e così nessuna alta autorità de Vaticano. Ma vai tranquillamente con Francesco I, e così è stato per almeno qualche ora. Poi si è ristabilita, e il caso di dire come Dio ha voluto, l’importanza della scelta del cardinale argentino. Che, ovviamente, ha scelto di chiamarsi Francesco, lanciando messaggi e intenzioni precise (e anche noi laici e agnostici ci auguriamo che Francesco sia ispirato dai valori del Santo a cui si riferisce).

Grande Messori. Molto interessante un articolo di Vittorio Messori, ieri in prima pagina sul Corriere. Messori rivela di essere stato ripetutamente consultato sulle previsioni alla vigilia del Conclave, e di essersela sempre cavata con una battuta: “Non voglio certo rubare il mestiere allo Spirito Santo”. E poi rivela, chiedendo però un silenzio assoluto, al collega Michele Brambilla il suo pronostico: appunto Bergoglio sulla base di un ragionamento (in America Latina si sono perdute negli ultimi 20 anni moltitudini di fedeli). Messori scrive anche di aver pensato a un possibile Papa cinese, in un Paese in cui la Chiesa è perseguitata. Ma i tempi risultavano ancora inopportuni… Bravo Messori dunque: ha fatto centro e non ha parlato; tutti gli altri, come detto sopra, hanno cannato ogni previsione, e però sfacciatamente hanno sentenziato e straparlato.

Linguaggio giornalistico.
Forse proprio per il modo familiare con cui Papa Francesco si è presentato, alcuni giornali hanno coniato per le loro prime pagine titoli scanzonati. Il Manifesto: “Non è Francesco”, con riferimento alla canzone di Lucio Battisti, ma non si capisce perché Bergoglio non debba essere Francesco, di spregiativamente, addirittura il primo giorno della sua missione. Del resto Il Manifesto aveva salutato Benedetto XVI: “Il Pastore Tedesco”. Liberation: “Habemus Pampa”. Colgo l’occasione, come è giusto, per ricordare anche una mia trasgressività, al momento dell’elezione di Giovanni Paolo II. Ero direttore del Lavoro, pensai che Woityla fosse impronunciabile e che Giovanni Paolo II fosse troppo lungo. Quindi titolai a tutta pagina: “Ciao Giampaolo”, prevedendo con la presunzione di allora che nel linguaggio popolare il Papa polacco sarebbe stato accolto con un affettuoso diminutivo. Ma ciò, come tutti sanno, non avvenne.

Semplicità e umiltà.
Gli specialisti dei riti cattolici hanno notato immediatamente che Francesco ha rinunciato ad indossare la mozzetta bordata di ermellino. Un simbolo di potere esplicito, gerarchico. In precedenza, è documentato – almeno da quando esistono le fotografie – che nessun Papa lo aveva fatto. Un segnale chiaro di semplicità e umiltà. Di più: Francesco ha continuato a portare sul petto il crocifisso di legno che non ha mai cambiato fin da quando era vescovo, rinunciando al crocifisso d’oro destinato ai papi. Tra i tanti, altri segnali di umiltà, mi sono sembrati quelli di invitare la gente a pregare per lui e il modo gentile, a dispetto dell’età, con cui si è inchinato sulla balconata. Ha anche tentato di pagare il conto dell’albergo, senza per altro riuscirci, e ha voluto tornare in albergo non con un auto particolare, ma con il pulmino riservato ai cardinali, in gruppo. Mi auguro, come tutti, che gli utilizzatori e gli scrocconi che vediamo sfrecciare in auto blu abbiano buona coscienza di ispirarsi a questo tipo di encomiabile modestia.

Ma quale segreto?
Ieri facevo qualche riflessione sull’anacronismo sul segreto a cui sarebbero tenuti i partecipanti al Conclave. Un segreto a brandelli. Commentando l’elezione di Francesco, ieri in tv e oggi sui giornali perfino sacerdoti e vescovi, e non solo gli inattendibili vaticanisti, affermavano con assoluta certezza che Bergoglio era secondo nel Conclave che designò Benedetto XVI e alcuni, addirittura, che rifiutò di essere nominato, nel 2005. E così tanti altri particolari, che prima o poi si spargono a pioggia. Questa volta addirittura subito dopo la conclusione del Conclave. Addirittura l’americano Dolan, disinvoltamente, ieri sera ha convocato una conferenza stampa e ha rivelato una serie di interessanti particolari.

Sono molto diffidente verso i commentatori, ma adoro i cronisti purosangue, o almeno di vecchio stile e impegno. A proposito di segretezza, Marco Ansaldo di Repubblica ha, mi dicono, i cellulari di decine di cardinali, con i quali si intrattiene, verifica notizie, conquista particolari e retroscena. Un altro grande cronista, Paolo Crecchi, è un segugio impareggiabile. Quando dirigevo Il Lavoro era un mio “nemico” determinato, anche come sindacalista. Poi è cresciuto e vent’anni dopo l’ho rivisto a Sanremo, per il festival, dove avevamo proibito l’ingresso ai giornalisti… ma lui, durante le riunioni, sbucava chissà come da cantine, pertugi, tetti – per porre domande imbarazzanti. Adesso è piombato a Roma per seguire Conclave e neo papato. Se volete saperne di più, leggete il suo giornale, il Secolo XIX di Genova.

Indulgenza plenaria. Non tutti hanno dato il giusto valore all’indulgenza plenaria, che il neo pontefice ha accordato a tutti, subito dopo l’elezione. C’è un doppio significato possibile: il primo è l’atto di clemenza per l’universo dei peccatori; il secondo è che l’indulgenza si estende anche ai peccatori interni a quella Chiesa chiacchieratissima, di cui si discute da anni. E a questo proposito insisto col mio tormentone: Ratzinger non ha reso pubblica l’indagine dei tre cardinali decani, cosa deciderà ora Francesco?

New York Times.
A fronte di tutte queste note (sinceramente) elogiative, è d’obbligo riferire che il NYT pubblica ieri un durissimo articolo sulla biografia di Bergoglio e sulla crisi della Chiesa. Al neo eletto contesta la presunta connivenza con Videla e una improvvida frase sui gay definiti “opera del demonio”. Segnale anche che su Internet e su Twitter si sono scatenati falsi evidenti e altri più sapienti. Non sarà facile il cammino di Jorge Mario.

Una diceria…
Incontrollata e chiedo scusa, ma si tratta solo di una divertente facezia. Mi hanno riferito che un giorno il cardinal Bertone, numero due in Vaticano, si sia sfogato con Ratzinger, a proposito del suo “vice”, Ferdinando Filoni: “Santità, ho sbagliato a scegliere il mio braccio destro…” e Ratzinger fissandolo con ironia: “Anch’io!”.

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