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Antonio Leone, un uomo calcisticamente completo, da calciatore ad arbitro, una fede e una professionalità al servizio del gioco più bello al mondo.


I due lati della medaglia nel gioco calcioCon i mondiali di calcio in Brasile in dirittura d’arrivo, il gioco del calcio è nel momento della sua più ampia visibilità  internazionale eppure, non sempre riesce a trasmettere nei suoi momenti storici, un buon esempio per tutti. Il sempre più crescente gettito di denaro in questo sport, ha più volte deviato i veri valori, facendo apparire un traguardo sportivo come una meta da raggiungere a tutti costi e con tutti i mezzi. Il campionato italiano non è esente a tale situazione e dopo i vari scandali e imbarazzi tra calcio scommesse e continue faide tra tifosi negli stadi con conseguenti decessi, dopo la figuraccia rimediata dalla nazionale di Prandelli con conseguenti dimissioni del CT e del presidente Abete, verrebbe da chiedersi se non è arrivata l’ora di riportare lo sport nazionale in tutti i settori, ai livelli e le regole che lo hanno per anni definito come il campionato più ambito e desiderato al mondo. Nell’occasione, ho incontrato l’arbitro barese Antonio Leone, un uomo di sport a 360° dalle qualità professionali e sportive indiscutibili, reduce da importanti riconoscimenti conseguiti in prestigiosi tornei in Italia e grazie alla sua gentilezza e cortesia, ho posto alcune domande tecniche sul mondo del calcio e quello degli arbitri per conoscere meglio queste realtà.

Buongiorno Sig. Leone, Lei si avvicina al mondo del calcio come calciatore, per quanti anni l’ha praticato e a che livelli?

Ho praticato il calcio sin da piccolo, iniziando a prendere a calci il pallone nel cortile di casa riunendomi con gli amici e partecipando alle prime partite. Avevo il pallone  sempre fra i piedi e con il mio amico d’infanzia Pietro Mancone, diventato poi un grande giocatore, mi  divertivo ad organizzare le sfide fra i ragazzini che abitavano negli stabili vicini finchè non entrai nelle squadre giovanili esistenti a Bari quali la Rossani amatori, San Pasquale e Milan Club, nel ruolo di attaccante, mezza ala sinistra essendo mancino. Il mio obiettivo era quello di fare goal e i miei compagni di squadra contavano su di me. Ho giocato in C 2 nel Bisceglie  fra gli allievi nazionali  e poi quattro anni in promozione  nella prima, seconda e terza categoria  e nelle squadre del Monopoli, Mola Modugno, Noicattaro, Corleto Perticara (Potenza), in quest’ultima squadra ho giocato con  quelli che sono diventati miei grandi amici: Saverio Magaletti e Michele Valentini.

Quando e che cosa Le ha fatto decidere di continuare a calcare i terreni di gioco ma in veste di arbitro?

La decisione di diventare arbitro è maturata in età adulta per caso, dopo che avevo lasciato il calcio giocato, frutto di una coincidenza e di un incontro fortunato. Un amico infatti  mi invitò ad arbitrare un incontro amichevole dandomi tutte le direttive, consigli, nozioni ed informazioni del caso. Dopo questa esperienza che mi piacque veramente tanto, in me crebbe sempre più la passione per questo mondo e la voglia di conoscerlo sempre meglio. Decisi quindi, per avere la professionalità e le competenze che occorrono in campo, di frequentare un corso per arbitri all’interno dell’CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale). Da quel momento in poi, aggiornandomi continuamente, non ho mai smesso di arbitrare e da cinque anni in particolare, sono presente su tanti campi di calcio in provincia di Bari e in tutta Italia.

Ultimamente ho arbitrato importanti competizioni quali: il Trofeo San Nicola disputatosi presso lo stadio di  S. Pio di Santo Spirito lo scorso 24 e 25  maggio  e che ha visto sfidarsi i giovani campioncini del 2002 delle squadre del calibro della Roma, del Napoli, del  Torino, della Pro Calcio Bari e della Fiorentina; il Trofeo Memorial  Claudio Lippi, Trofeo Arena Civica di Milano, il 15° Trofeo San Siro Duemila-Memorial Lino Burgaretta disputatisi presso lo stadio Meazza San Siro; il Campionato  Incd  le cui finali si sono disputate a Cervia  e il 48° Campionato Nazionale Forense giocato sui campi di Ostuni, Fasano e Brindisi. L’unico mio rimpianto, è quello di non poter accedere all’AIA per raggiunti limiti di età. Questo sarebbe stato il mio sogno, avrei fatto di tutto per raggiungerlo; ma comunque, mi consola, le soddisfazioni non mi stanno mancando, infatti nei tornei prestigiosi che ho arbitrato ho ricevuto coppe e riconoscimenti che hanno premiato correttezza, competenza e professionalità dimostrata.

Come vede oggi il calcio nostrano, gli arbitri e i vari calciatori italiani che lo compongono?

In Italia gli arbitri delle categorie superiori sono molto tutelati, sia dal punto di vista economico che da quello dell’immagine. Infatti in campo scendono sei arbitri che collaborano a vicenda nelle decisioni da prendere. La professionalità degli arbitri, secondo me, è ottima anche se capita che sbagliano, ma lo fanno sempre in buona fede. I calciatori poi, devono essere da supporto alle decisioni dell’arbitro, non assumendo  il ruolo da protagonisti e non creando interferenze nell’azione arbitrale, cosa che spesso avviene.

Si parla spesso di supporti tecnologici a vantaggio delle terne arbitrali, crede che possano servire per colmare eventuali errori umani?

I supporti tecnologici possono indubbiamente servire e colmare le lacune ed errori. In Italia  non ci sono ancora, ma sarebbe una cosa positiva se venissero introdotti. Io, per la categoria in cui arbitro, non potrei servirmene né potrei averli, ma sono favorevole alla loro introduzione. Quando la palla entra in porta e ci sono situazioni dubbi sarebbe un vantaggio contare su questi supporti, in quanto anche l’assistente potrebbe avere difficoltà ad emettere un corretto giudizio.

Capitolo nazionale, da sportivo e conoscitore dell’ambiente, a cosa imputa l‘uscita miseramente l’Italia dai mondiali n Brasile?

L’uscita della squadra  italiana  dai mondiali è stata determinata da scelte sbagliate, errori di valutazione anche nella individuazione della rosa dei calciatori da schierare in campo. Molti non erano all’altezza, hanno avuto atteggiamenti riprovevoli in campo e fuori atteggiandosi a divi. Il tecnico  Prandelli ha poi scelto quasi tutti giocatori provenienti dalla Juventus che non aveva giocato una buona stagione; questo ha determinato la nostra eliminazione già nelle prime fasi. Molti giocatori non erano all’altezza, hanno giocato in modo inferiore alle loro potenzialità, non hanno fatto squadra. Erano presenti molte lacune; è stata una grande delusione per gli sportivi e per l’Italia intera. I giocatori a certi livelli guadagnano cifre stratosferiche, ma in campo hanno dato veramente poco, giocando veramente nelle ultime fasi, quando le situazioni non erano più recuperabili.

Si parla sempre di stadi fatiscenti, di strutture sempre più inadeguate, questo secondo Lei contribuisce al sempre più allontanamento dei tifosi da tali eventi sportivi?

A mio avviso ogni stadio deve essere dotato di tutti i confort, i sistemi di sicurezza e le garanzie. A molti, soprattutto quelli dove si svolgono partite di categorie inferiori, non viene fatta la dovuta periodica manutenzione, vengono infatti lasciati in stato di abbandono con strutture cadenti e fatiscenti. Questo fa’ sì che molti sportivi si allontanino, non portino i figli allo stadio perché non si sentono garantiti e hanno paura che possano scoppiare risse, mancando anche i controlli. Negli stadi vengono spesso introdotti petardi, oggetti contundenti e il tifo si trasforma in violenza. Con stadi a norma questi episodi deplorevoli non dovrebbero succedere.

Tornare a rivedere un calcio di altri tempi in Italia fatto più di valori passionali e meno di valori economici, potrebbe essere possibile e come?

Il calcio del tempo che fù era più bello in quanto la passione e l’amore per lo sport prevaleva sugli interessi economici. Io amo il calcio pulito, quello in cui il giocatore si deve impegnare ad avere meriti e ricompense; infatti spesso si parte dal presupposto che tutto sia dovuto al giocatore osannato come un divo del cinema. Si pagano troppo calciatori che in campo non rendono, stanno più sulle riviste patinate per episodi di gossip che per il calcio giocato. Ci dovrebbe essere un limite massimo di ingaggio fissato dalla Lega anche perché molti diventano poi sponsor personali che arricchiscono ulteriormente il calciatore con cifre da capogiro. Fissare un budget renderebbe il calcio più pulito.

Non Le sembra che il mondo del calcio non sempre sia conscio del momento critico finanziario che attraversa la nostra nazione e sembri vivere in una realtà parallela?

Il mondo del calcio ai massimi livelli  non ha risentito minimamente della crisi economica che sta attraversando l’Italia; non si sono resi minimamente conto della situazione. Anche i compensi dei giocatori in serie A e B dovevano essere ridotti, invece sono stati penalizzati solo i calciatori delle categorie inferiori e questo non è giusto. Bisognava in una situazione simile porre un freno, sbarrare gli ingaggi e rendersi consapevoli della particolare congiuntura che il Paese stava vivendo dando il buon esempio.

Dopo la Lega Pro (la vecchia serie C), per calciatori e arbitri i compensi o rimborsi non sono così altisonanti come i propri colleghi nelle categorie superiori, cosa bisognerebbe fare per colmare questa disuguaglianza?

C’è una grande disparità dal punto di vista economico fra le varie categorie, bisognerebbe equiparare gli ingaggi, anche perché l’impegno in campo di un arbitro dal punto di vista dell’attenzione, professionalità e sforzo fisico, è lo stesso sia che arbitri una squadra di categoria superiore sia una partita amichevole. La Lega anche in questo caso dovrebbe intervenire e rivedere alcuni punti dei regolamenti, equiparando  i compensi o almeno livellandoli.

Infine, ultimamente Lei è stato impegnato in molti eventi ricevendo notevoli premiazioni, c’è qualcuno in particolare cui vorrebbe dedicargli?

E’ stata questa una stagione prestigiosa, ricca di riconoscimenti, trofei, attestazioni di stima e professionalità da parte di dirigenti, sportivi, ex giocatori, allenatori e tecnici, frutto di impegno, fatica e di tanto lavoro svolto in sordina.  Dedico i miei successi in primis ai miei genitori che non ci sono più e che sarebbero veramente orgogliosi dei risultati ottenuti e del livello raggiunto solo con le mie forze contando solo sulle mie qualità, e che avrebbero condiviso con me queste gioie; poi naturalmente lo dedico alla mia famiglia che mi è stata vicina, ai miei amici  fra cui Gianni Bellomo e Pietro Mancone che hanno creduto in me e mi hanno supportato e a tutti coloro i quali mi vogliono bene e mi hanno incoraggiato sempre ad andare avanti, nonostante le difficoltà.

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