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Sul grande schermo si proietta l’ultima opera del fiabesco regista texano.


Grand Budapest Hotel – Un Wes Anderson in ottima formaCome per tanti registi di talento, Wes Anderson può piacere del tutto o per niente. Non vi sono vie di mezzo né scorciatoie. Parliamoci chiaro. Lo stile del regista è inconfondibile: viene raccontata una storia con tanti personaggi particolari, pieni di piccole manie o caratterizzati da in modo tale da rendere ognuno di loro memorabile; i luoghi dove si svolgono le scene sono sempre contraddistinti da qualche particolare fiabesco o strano (qui è una tenda con dentro un giradischi, là è un campo scout con svariati meccanismi in legno oppure una strana funivia per raggiungere un albero arroccato); non si riesce mai a trovare un cattivo veramente cattivo e un buono veramente buono; la musica ha la sua importanza, fa da spalla ad ogni scena; riprese di gruppo e telecamera che scorre orizzontalmente, oppure primi piani di oggetti, lettere, code di volpe mozzate. Personalmente ho apprezzato molto Grand Budapest Hotel.

È un film particolarmente ben confezionato: la storia, secondo il classico schema della cornice narrativa (il cui esempio più famoso sono “Le mille e una notte”), è un racconto nel racconto nel racconto. Il film è incentrato sulle vicissitudini del concierge del Grand Budapest Hotel, Monsieur Gustave H, e dell’appena assunto fattorino, Zero Moustafa. Quest’ultimo, grazie alla sua sincerità e intraprendenza, entra nelle grazie del secondo che decide di diventarne il maestro. Zero scopre così che Gustave non solo è un concierge perfetto in ogni più piccolo particolare ma è anche un apprezzato intrattenitore notturno di vecchie carampanone bionde. Proprio una di queste ultime, l’affezionatissima Madame Céline Villeneuve Desgoffe und Taxis, muore misteriosamente e Gustave si trova a dover affrontare l’orribile famiglia di lei e un’accusa di omicidio. Oltre non dico altrimenti il film cosa lo andreste a vedere a fare?

È tutto ricercato, è tutto funzionante, ha un cast con una pletora di attoroni da far rabbrividire (Ralph Fiennes, Bill Murray, Harvey Keitel, Edward Norton, Willem Dafoe, Adrien Brody, Jeff Goldblum, Jude Law, etc.), ogni scena è ben confezionata, ogni minimo particolare curato. E convince anche perché non ha un finale scontato: bisogna dire che su questo punto Anderson è proprio come i fratelli Cohen, raccontano una storia che non deve per forza avere un finale buono o sensato ma è semplicemente una storia, sic et simpliciter. E io li apprezzo molto per questo. Andate a vederlo!

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