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Lo spettacolo del regista romagnolo, prodotto dalla Socìetas Raffaello Sanzio, è stato proposto all'interno del 67 Ciclo di spettacoli classici al Teatro Olimpico di Vicenza con l'obiettivo di ripensare, riscrivere e riflettere.


Giulio Cesare pezzi staccati di Romeo CastellucciDa William Shakespeare a Romeo Castellucci il percorso nel dramma Giulio Cesare pone al centro l'uomo. Questo è demitizzato, fragile, mutevole e vive in una società (romana o inglese o contemporanea) in cui non esistono più certezze, né tantomeno valori assoluti. Cesare, in particolare, nel testo shakespeariano incarna questa figura; appare, infatti, indifeso, rassegnato, malato e titubante, mentre Bruto è all'oposto. Questo è portatore di valori nuovi che soppiantano l'ordine tradizionale del padre adottivo, e propone nuove e difficili realtà.

In un contesto così determinato prende avvio l'opera di selezione dei pezzi del testo di Castellucci. Il regista romagnolo ne trae due in particolare ossia il momento iniziale in cui Flavio dialoga con Marullo e un ciabattino davanti al popolo, mentre il secondo è l'orazione funebre di Marc'Antonio di fronte al corpo morto di Cesare. Due momenti opposti che sono uniti dal dramma della voce, dal senso della parola e quindi, dall'uomo.

Nello spettacolo di Castellucci all'inizio appare un attore con indosso una tunica bianca che riporta sul petto la scritta “...vskij”. Questo recita da solo il dialogo iniziale del testo di Shakespeare con gesti controllati, perché lascia alla voce, modulata e articolata con accurata dizione, e alla sua limpidezza, il compito di trafiggere l'attezione di chi osserva. Il pubblico, infatti, mentre ascolta, può vedere la sua voce, proiettata dall'endoscopio che l'attore ha Giulio Cesare pezzi staccati di Romeo Castellucciposto dal naso fino alla glottide, nel luogo, quindi, in cui l'aria sbatte contro le corde vocali e produce il suono delle parole. Castellucci, così, vuole penetrare fin dentro la parola, alla sua origine e matrice, per mostrare un popolo romano ridotto a un mucchio di scarpe che ha dimenticato valori, virtù, poteri della vecchia classe politica e si appresta a quel cambiamento, politico e intellettuale, che avverrà dopo la morte di Cesare.

Il regista propone, dunque, sin dall'inizio la demitizzazione insita nel testo shakespeariano che trova ancora maggiore conferma nel secondo monologo, quello finale. In scena compare un Marc'Antonio sfatto, grasso, flaccido, vecchio, flebile e indifeso, ma soprattutto laringectomizzato. Questo declama l'orazione finale svuotata della parola stessa, in quanto l'attore non ha voce, come a voler non dichiarare al popolo, e a chi osserva, quell'inutile retorica contenuta nelle sue parole. I gesti dell'attore sono grandi e ridondanti e accompagnati da una voce che è solo pulsione, vibrato, ma non espressione ossia la degna conclusione della fine di un ciclo di vita politica e sociale romana.

I pezzi staccati del Giulio Cesare di Castellucci si contestualizzano, quindi, nell'analisi di Shakesperare di questa Roma che rimanda alla sua Inghilterra che dopo la morte di Elisabetta vedrà finire il Medioevo e immergersi nell'età moderna tra contrasti economici, politici e religiosi, prima della rivoluzione puritana e dell'avvento della borghesia. Se la fine del potere del testo di Shakespeare può trovare un riferimento anche al contesto contemporaneo, i “pezzi” di Castellucci trovano spiegazione, in un secondo livello di analisi, nel mondo del teatro. Il personaggio di “...vskij” è la sua essenza, la sua matrice che, nella lezione di Konstantin Stanislavskji, si esprime con la più pura immedesimanzione attraverso un controllo fonetico e di potenza vocale.

Giulio Cesare pezzi staccati di Romeo CastellucciQuesta però, è la tradizione. Il nuovo che avanza, nell'idea registica, è di privare dell'irruenza della parola il teatro, divenuto retorica, per conferirne nuovi metodi di espressione, di interpretazione. La lezione del regista sembra essere: all'inizio è utile imparare le parole, per poi dimenticarle e lasciare spazio a qualcosa di nuovo. Ecco quindi che sul palco esplode la luce di alcune lampadine, poste in fila su un'apposita struttura, a indicare il nuovo stilema di rappresentazione di un nuovo ordine che esplode per la sua forza rivoluzionaria.

Osservare “Giulio Cesare. Pezzi staccati”, in conclusione, può apparire scioccante, soprattutto nella scena del monologo di Marc'Antonio, ma riesce con giusti e calibrati segni a lasciare una traccia di riflessione in chi osserva che spazia dalla storia, al presente fino al teatro in un tessuto narrativo innovativo.

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