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Dalle notizie scritte dai monaci e dai cronachisti nel XV° secolo ad oggi, tanti gli esseri umani che di questa arte ne hanno fatto la storia.


Giornalismo, una passione che non muore maiPer quanto se ne possa criticare o osannare, il giornalismo rimane nella storia mondiale, una missione che molti esseri umani hanno abbracciato con vera e pura passione, a volte, anche per i temi trattati, pagando con il prezzo della propria vita. Il mondo ha conosciuto molte albe e molti orizzonti dal tempo in cui si producevano i ''canard'' o dei fogli ''avvisi veneziani'' alle attuali pagine web. Il tempo intercorso tra queste fasi giornaliere, ha posto le basi a sostanziali cambiamenti, l'essere umano ne ha giovato accrescendo il proprio bagaglio culturale, portandolo sulla scala evolutiva un gradino più alto. Personalmente ho avuto l'onore di conoscere il collega Luca Liguori, uno dei tanti pilastri del giornalismo nostrano contemporaneo e che con vivo piacere, ho posto delle domande in merito a quella passione che noi tutti coltiviamo quotidianamente nello scrivere e informare.


Giornalista cronista RAI dal 1953 e inviato speciale in 138 paesi del mondo. Oggi, è ancora possibile ripetere a parer suo una tale esperienza?

Non è facile rispondere con un sì o con un no a questa domanda senza cadere in fraintendimenti o equivoci. La generazione di ‘inviati’ alla quale mi onoro di appartenere per diritti anagrafici acquisiti ha vissuto esperienze straordinarie, forse Giornalismo, una passione che non muore maiirripetibili, in un’epoca di per sé straordinaria segnata da eventi straordinari, da personaggi straordinari, uomini di Stato e di governo, leader politici, esponenti della cultura, dello spettacolo, dello sport ecc… Era il mondo di allora, di quegli ultimi 50 anni del secolo breve che noi abbiamo vissuto e raccontato. Era la materia prima che alimentava e stimolava il nostro impegno professionale e la nostra passione per il mestiere. Era per noi un obbligo, anche morale, farlo bene, con coscienza, informarci, verificare sempre le fonti, raccontare i fatti senza essere coinvolti dalle nostre idee e convinzioni  personali o, peggio ancora, condizionati da obblighi esterni.

Mi domandi se oggi sia possibile ripetere una tale esperienza: la vedo dura, onestamente. Non perché manchino bravi giornalisti, giovani colleghi di talento, colti e preparati, ma perché oggi mancano (a parte rare eccezioni) i soggetti che compongono quella ‘materia prima’ cui accennavo e dei quali scrivere, raccontare ecc.: i leader carismatici, i politici di spessore, gli onesti amministratori, i liberi intellettuali ecc… Siamo orfani insomma di quei ‘maestri’ del dire, del sapere e dell’agire all’ombra dei quali un tempo siamo cresciuti e vissuti noi vecchi giornalisti. Aggiungo che, a mio giudizio, l’avvento irruente della tecnologia anche nel nostro mestiere ha reso, sì, più facili le tecniche e gli strumenti della comunicazione, ma ha notevolmente deteriorato il dialogo e i rapporti interpersonali, a scapito del contributo originale del nostro impegno professionale e umano. Non intendo essere pessimista, ma ogni tanto mi ripeto un aforisma del grande Ennio Flaiano: “ Coraggio, il meglio è passato!”


Giornalismo, una passione che non muore maiProprio nella sua lunga carriera giornalistica, figurano molti prestigiosi protagonisti incontrati del XX secolo. Da qual è stato maggiormente attratto?

Non ho mai stilato una classifica prioritaria di ‘attrazione’ tra i tantissimi personaggi, celebri e non, che ho avuto modo di avvicinare, conoscere, intervistare nella mia longeva carriera di inviato. Alcuni, forse, più di altri mi hanno colpito per la loro personalità, per il loro carattere, per la loro umanità. E in tal senso l’elenco è lunghissimo: da Madre Teresa di Calcutta, l’apostolo degli ‘ultimi tra gli ultimi’, con la quale ho avuto lunga frequentazione professionale e personale in India e in giro per il mondo; Giovanni Paolo II del quale ho scritto anche la prima biografia ufficiale poche settimane dopo la sua salita alla Cattedra di Pietro; Mohamed Gheddafi che riuscii ad intervistare per primo a Tripoli subito dopo il colpo di stato in Libia; Indira Gandhi alla quale durante il conflitto indo-pakistano inviai in omaggio due dozzine di rose scarlatte che mi procurarono, inaspettatamente, un invito a cena e una intervista in esclusiva ( con notevole disappunto della mia amica e collega Oriana Fallaci!); Il Duca di Windsor, già Re Edoardo VIII, col quale ebbi un indimenticabile colloquio-intervista nel suo esilio francese; o, ancora, Sir Winston Churchill che nella sua villa sulla Costa Azzurra mi parlò delle memorie belliche Giornalismo, una passione che non muore maiche aveva appena finito di scrivere: gli offrii anche uno dei miei sigari Toscani, violando la nobile tradizione dei suoi Avana: Fu molto gentile: “ Not so bad!- commentò- sono forti, ruvidi, maschi..”


Lei dice che un bravo radio-telecronista deve ”Saper parlare con la gente alla gente”. Con l'avvento dell'era digitale, vi è ancora possibilità di farlo?

“Parlare ‘CON’ la gente e non a ‘ALLA’ gente era il motto, la filosofia comunicativa del mio grande maestro e amico Ruggero Orlando con il quale ho condiviso lunghi anni di lavoro alla Rai Corporation di Nuova York. Ruggero affermava (e lo dimostrava  in ogni sua corrispondenza televisiva o radiofonica) che un buon comunicatore deve rivolgersi al pubblico che lo ascolta  dandogli la sensazione di dialogare con esso, di stabilire un vero contatto personale, umano, intenso e non solo vocale o visivo. L’era digitale ha sotterrato questa virtù essenziale del vero comunicatore: oggi dialoghiamo ‘in rete’ con stile e contenuti privi di calore, di umanità, inviamo e-mail, sms ecc…fregandocene in fondo di chi sia il destinatario. Parliamo insomma all’ignoto, anzi al “vuoto”!


Parliamo del suo libro “Whisky dopo il tramonto”.  Un viaggio attraverso il suo lavoro giornalistico, quando e com’è nata l'idea di realizzarlo?

Invecchiando sbiadisce la nostra memoria. Allora prima di perdere nell’oblio tutti i ricordi delle mie mille esperienze attorno al Giornalismo, una passione che non muore maiglobo e attorno all’Uomo, ho pensato bene di raccogliere in un diario-confessione i momenti più significativi che hanno alimentato il mio annoso percorso professionale e umano. Ho affidato questo ‘amarcord’ ad un coraggioso editore bolognese, Roberto Mugavero della Minerva Edizioni, che seppure dichiaratamente ‘astemio’ ha accettato amichevolmente di brindare con questo mio ‘whisky  d’annata.


Nel libro vi sono elementi come amore, amicizia, passione per il proprio mestiere. Nella vita in che ordine d'importanza li collocherebbe?

Mi prendi alla sprovvista con questa domanda: ad essere sincero, e denunciando apertamente un certo egoismo da parte mia, la passione per il mestiere, questo bellissimo e maledetto mestiere, ha condizionato ogni altra mia scelta di vita sacrificando spesso altre realtà personali. Qualche rimorso, forse, ce l’ho! Per quanto riguarda l’amore e l’amicizia non ho alcun dubbio: l’uno e l’altra viaggiano di pari passo, congiunti e indissolubili!


Chiudo chiedendoLe infine, sta già lavorando a qualche altro progetto?

A 82 anni i progetti si fanno con scadenza a 24 ore. Questa è la mia filosofia. Aggiungo che i progetti, anche quelli a breve termine, sono indispensabili a tenerci sempre attivi e pensanti. Ciò vale anche per i sogni. E, di sogni nel cassetto ne ho ancora qualcuno.

Nelle foto
da in alto a sinistra alcuni dei tanti personaggi incontrati in carriera. Valter Chiari, Paolo Cavallina, Sophia Loren, Papa Paolo VI e la copertina del libro “Whisky dopo il tramonto”.

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