Fil Rouge Project

Da poco tempo ha aperto a Catania, un centro culturale molto interessante che coniuga mostre, eventi, workshop, vendita e acquisto di opere etc.


Si chiama “Fil Rouge Project”, ed è stato creato da Marta Emilia Di Mauro e Claudia Cannizzo, vincitrici del bando Resto al Sud, per il rilancio dell’imprenditoria in Sicilia. Questa galleria, è un punto di riferimento molto importante per la città di Catania, poiché cerca di promuovere sia artisti locali, che internazionali, cercando di farli interagire con la città, nel tentativo di migliorarla da un punto di vista sociale.

La prima mostra di questa nuova realtà culturale, che inaugura di fatto lo spazio, si chiama “New Life, Metamorfosi dei materiali come forma espressiva e critica socio ambientale”, ed è possibile visitarla fino al 31 Maggio di quest’anno. Il tema principale è l’ambiente, che i vari artisti, cercano di rappresentare attraverso installazioni realizzate con materiali di riciclo quali legno, vetro, plastica, ferro etc, un tema molto attuale, ma neanche troppo, visto che sono anni che se ne dibatte.

Le varie opere, oltre ad essere una forma espressiva, sono anche una critica molto dura al menefreghismo della gente, di fronte a un qualcosa che teoricamente li dovrebbe riguardare personalmente. Gli artisti che partecipano all’evento sono: Emanuela Ravidà, Chiara Ciccarello, Simon Troger, Tamara Marino e Gabel. Emanuela Ravidà, in arte “Re”, presenta tre opere dal titolo “Aura Rosae”, “Sic Transit Gloria” e “Luce alle rose” eseguite con materiali totalmente riciclati, nello specifico la plastica, e con una tecnica molto particolare da lei creata, chiamata Ironed plastic, che porta ad ottenere superfici materiche. La cosa interessante, è che sono opere riciclate a 360 gradi, dal momento che non vi abbiamo sostanze adesive, colle o aggreganti.

E’ stato usato anche il ferro da stiro, questo ci spiega una difficoltà e alcuni ostacoli legati alla creazione delle opere, nel dettaglio la lavorazione della plastica. Chiara Ciccarello, nome d’arte Ciccaboom, ha presentato un’unica opera dal titolo: “Kanaiwa edition e Kanaiwa diary” si tratta di una videoinstallazione, e di diverse stampe su carta fotografica di un’ opera itinerante che gira il mondo, il progetto è stato realizzato assieme all’artista nipponica Yukihiro Taguchi,è consiste nel creare delle case totalmente ecosostenibili, senza elettricità e utilizzando solamente chiodi, martello e sega.

Il progetto è partito dalla Germania, precisamente dalla zona di Curvy Brache a Berlino, portando allo sviluppo residenziale di questo quartiere berlinese, attraverso il recupero dei diversi materiali, e il rispetto della natura. In seguito, nel 2014, c’è stato lo smantellamento del quartiere ma come si è detto, l’opera dei due artisti ha continuato ad essere esposta in vari spazi. Le opere di Tamara Marino, sono due videoinstallazioni che si trovano una all’ingresso sulla destra, dal titolo “ 357 Magnum vs Galateo”, e un’altra, in una piccola stanzetta illuminata in fondo alla sala espositiva chiamata “Silence. IT088000113744”.

Quella all’ingresso, vede l’artista che spara a un libro sul galateo con un revolver in un luogo degradato, ad abbattere le regole di buon comportamento della nostra società, inoltre il “cadavere” del libro lo possiamo vedere accanto al filmato. Mentre nell’altro video, possiamo notare la morte di una pecora sotto l’albero, ad indicarci un ritorno alle origini del mondo e un necessario rispetto dell’ ecosistema. Simon Troger, espone tre opere dal titolo: “N-Cubus Project”, e “Cemento”, la prima è costruita in legno assieme al legno combusto, e raffigura un reticolato che è una sorta di gabbia in cui l’uomo sceglie di entrare, attraverso il suo comportamento lineare, che però non lo fa andare oltre le sue convinzioni e le sue regole, e ciò lo imprigiona impedendogli di essere libero.

Le altre due opere dal titolo “Cemento”, realizzate in legno, gesso, vetro e ferro raccontano varie tematiche negative, legate alle costruzioni come l’abuso edilizio, l’eccessiva cementificazione, o ancora il potere delle organizzazioni criminali negli appalti pubblici. Per concludere, abbiamo Gabel, con l’opera “Pachamama”, una tecnica mista in un pannello di fibra con una densità media, in cui c’è il desiderio di materiali sani, puri, che non provochino danno all’ambiente, e questo viene fatto dall’artista tramite un volto femminile, una denuncia al totale disinteresse dell’uomo per l’ambiente.

Molto ben fatto anche il dépliant della mostra, dettagliato è approfondito, anche se è solamente un foglio, però oltre alla minuziosa descrizione delle opere, possiamo vedere anche una piantina in cui ne sono indicate le posizioni. In generale questi pezzi esprimono una forte denuncia sociale, hanno un grande impatto sullo spettatore, lo scuotono fortemente per cercare di farlo riflettere sui destini del mondo, e sulle sfide importanti che lo attendono.

Questa iniziativa è molto interessante, poiché è un tentativo di rilanciare culturalmente il territorio, Marta Emilia Di Mauro e Claudia Cannizzo stanno provando a creare un laboratorio di idee, che a Catania negli ultimi anni non ha avuto molti eguali, e se riesce ad ingranare, come io personalmente mi auguro, può davvero rappresentare un punto di svolta per la città.

Innanzitutto, parliamo di due persone che hanno studi specifici per quanto riguarda sia la Storia dell’Arte, che la curatela degli spazi espositivi, quindi vi è un importante competenza che spero possa essere valutata da chi è predisposto a far sviluppare questo tipo di attività, ovvero politici e varie amministrazioni, magari accantonando definitivamente il vincolo di sangue, o l’amicizia quando si tratta di far sviluppare imprese imprenditoriali, e spero soprattutto che di queste realtà ne possano nascere e crescere sempre di più, sperando che questa sia la prima di una lunga serie.

Mi auguro veramente tanto che, finalmente, queste iniziative artistiche- imprenditoriali possano essere sostenute anche economicamente dallo Stato, e non soltanto con proclami e tagli di nastri.

Crediti fotografici a cura di Dario Salanitro

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