È arrivata la felicità, o forse no

La fiction non decolla e si appresta ad essere ricordata come il più grande flop di Rai Uno. Cos’è successo alla penna tanto amata di Ivan Cotroneo?


Si potrebbe definire cronaca di una morte annunciata, disastro, ritratto della delusione. Io però non userei questi termini per spiegare che cosa sia successo alla fiction È arrivata la felicità 2.

La media, nelle prime quattro puntate, del 12.45% di share e poco più di tre milioni di spettatori parla chiaro. Il pubblico non ha apprezzato il cambio di narrazione così repentina. Eppure, lo sceneggiatore Ivan Cotroneo lo conosciamo, sappiamo quanto possa essere meticoloso nella scelta delle storie da raccontare. È più facile che una sua fiction termini dopo una sola serie se si ritiene che non abbia più nulla da dire, piuttosto che vederla annaspare nel mare salmastro di uno share che la distrugge.

E allora cos’è successo? Il flop di questa seconda stagione, tenendo presente che la prima si è assestata intorno al 17-18%, è stato dettato dal fatto che si sia osato. Esattamente così, Cotroneo ha tentato di cambiare totalmente registro narrativo squarciando di fatto quel velo di felicità, connotazione per altro del titolo, che almeno per finta si era ben costruito.

 

Raccontare una malattia è qualcosa di assolutamente complicato perché bisogna tenere conto che dall’altra parte ci può essere un telespettatore che questa battaglia la sta vivendo veramente, vuoi in prima persona o come semplice familiare. E che di conseguenza difficilmente vuole ricordarsi certe cose.

Non che questo tema non si sia mai trattato, intendiamoci, basti pensare a Braccialetti Rossi il cui impianto narrativo ha convinto da subito tutti.

Il problema sta proprio qui, È arrivata la felicità è nata come fiction allegra, divertente, con tratti comici ben marcati delineati grazie alla bravura degli attori, che dalla sera alla mattina si è trasformata in una serie ansiogena e che poco si confà persino al suo titolo. La felicità qui non c’è, anzi ha lasciato il posto alla malinconia, alla tristezza e in certi punti anche al peso sullo stomaco.

 

Un cambio così repentino è giustificabile quando una fiction è arrivata alla sua quinta, sesta, settima stagione. Quando si vuole per forza di cose portarla avanti, ma non si ha più nulla da dire. In questo caso però di cose da dire ce n’erano ancora molte senza la necessità di stravolgere così il telespettatore.

Sembra di assistere ad una fiction totalmente diversa che ha mantenuto solo i personaggi e il suo titolo per altro altamente fuorviante.

Mettiamoci inoltre una programmazione che non ha aiutato: cambi continui di giorno della settimana di messa in onda, contro programmazione estremamente forte. Tutto ha contribuito a decretarne la fine. E se è vero che molti hanno pensato di recuperare la serie su RaiPlay, i numeri a cui si fa riferimento sono solo quelli del buon vecchio tubo catodico.

La conseguenza di tutto ciò è che la Rai parrebbe aver deciso di spostare la fiction al sabato sera su Rai Due.

Una decisione che non farà altro che affossare definitivamente quello che sulla carta era un buon progetto, pieno di buoni propositi, ma che si è scontrato con la dura realtà di un telespettatore che la sera, dopo una giornata di lavoro, desidera rilassarsi davanti alla Tv. Un telespettatore che se non vuole sceglie per forza un programma trash per liberare la mente, gradirebbe quanto meno non trovarsi ogni due secondi con il fazzoletto in mano a causa di una fiction che millanta allegria quando in realtà non c’è proprio nulla da ridere. C’è già la vita a ricordarci quanto essa sia precaria. Basta e avanza.

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