21esimo Festival del Cinema Europeo: Concorso Ulivo d’Oro
Sono dodici i titoli europei in anteprima mondiale e nazionale che concorreranno all’assegnazione dell’Ulivo d’Oro – Premio Cristina Soldano al Miglior Film Europeo e che saranno giudicati dalla Giuria internazionale composta da Katriel Schory (Presidente), Beatrice Fiorentino, Mathilde Henrot, Antonio Saura, Mira Staleva.
I film in concorso: Half Sister di Damjan Kozole (Slovenia, 2019); Sister di Svetla Tsotsorkova (Bulgaria, Quatar 2019); Scandinavian Silence di Martti Helde (Estonia, Francia, Belgio, 2019); Winona di The Boy (nome d’arte di Alexandros Voulgaris) (Grecia, 2019); La Belle Indifference di Kivanc Sezer (Turchia, 2019); Lara di Jan-Ole Gerster (Germania, 2019); Tench di Patrice Toye (Belgio, 2019); Open Door di Florenc Papas (Albania, 2019); County Lines di Henry Blake (UK, 2019); Twelve Thousand di Nadège Trebal (Francia, 2019); Disco di Jorunn Myklebust Syversen (Norvegia, 2019); The Son di Ines Tanovic (Bosnia Erzegovina, 2019).
Domenica 01 novembre si è tenuto il primo incontro in “streaming” con la piattaforma Zoom fra il Direttore Artistico Alberto La Monica e alcuni degli autori selezionati: Ines Tanovic, Patrice Toye, Kivanc Sezer ed Henry Blake, con la traduzione di Lara Maroccini. Per alcuni di questi autori, la selezione è stata fatta da altri festival come quello di Karlovy Vary, uno dei più prestigiosi a livello storico e mondiale, dove vanno anche le star americane, e spesso viene realizzato uno spot promozionale dove l’ospite “gioca” con il simbolo del festival.
Ines Tanovic: “Alla fine il festival è la possibilità di riunirsi e incontrarsi con il pubblico per scoprirne le reazioni. “The Son” è la storia di un bambino che viene adottato. Io sono madre di due figli e volevo raccontare di quanto sia difficile crescere in una città come Sarajevo.
Siamo in una fase di transizione della nostra società in cui la lotta politica è quello che ci fa più male, ed è molto difficile vivere la vita in una società come questa, e volevo raccontare di quanto sia difficile crescere come bambino e come genitori in questa società in cui i valori non sembrano essere più importanti, soprattutto quando il bambino è adottato. Immaginiamo quanto possa essere difficile questo percorso quando c’è un figlio biologico ed uno adottivo. Da un lato volevo raccontare questa storia, dall’altro volevo dare un lato più generale di Sarajevo”. il film ha avuto la sua premiere proprio a Sarajevo.
Patrice Toye: “Sono onorata per la selezione, e alla fine è per questo che noi facciamo film, perchè la gente li veda e ne parli. Il mio film è l’adattamento di un romanzo e parla di un argomento molto complesso e delicato. La storia è quella di un ragazzo problematico, ma dal buon cuore che si innamora di una ragazza molto molto più giovane di lui, e nonostante questo odia sè stesso per questa sua “tendenza”, e quindi cerca di fare tutto il possibile per evitare di sbagliare.
Per me è importante in un mondo in cui è tutto bianco o nero mettere in evidenza le sfumature. Il tema che è quello della “pedofilia”, è il mostro più grande che noi abbiamo nel mondo, però pensiamoci, noi potremmo essere il padre o la madre di questi ragazzi, e per questo è importante parlarne. Jonathan è un essere umano, e il mio desiderio è quello di parlare di lui come ragazzo con tante qualità positive, cercando di comprendere ed aiutare attraverso la comprensione”. Il film ha avuto la sua premiere a Ghent nel 2019 e a Rotterdam, nonostante la pandemia, e il film è stato premiato con l’Audience Award.
Damjan Kozole: è la seconda volta in cui l’autore è presente a Lecce, la prima volta era durante la seconda edizione del Festival, in cui i film erano ancora proiettati in pellicola, e il titolo del suo film era “Porno Film”, cosa che ha creato alcune perplessità alla dogana di Brindisi con il pacco arrivato del suo primo film proprio per via del titolo (episodio raccontato con tocco nostalgico da parte del Direttore La Monica).
“Noi facciamo parte di quella generazione che credevamo che il mondo potesse essere migliore”, il mio film è quello di due sorellastre che si odiano ma non sanno perchè, ma per me prima di tutto è una storia di solidarietà fra due donne che sono isolate prima di tutto dall’odio che dalla pandemia di coronavirus, ma è anche e soprattutto una storia sull’isolamento e un film minimalista che tratta tematiche complesse. Senza spiegare di più è un film sulle atmosfere da scoprire.
Henry Blake: “Il mio film “County Lines” oltre al cinema raccoglie la mia esperienza con giovani ragazzi disagiati. Fa riferimento a quando nel 2015 ero stato chiamato a seguire un gruppo di loro che era stato mandato in giro per il Regno Unito a smerciare droga, e ho dovuto fronteggiare il dolore di sfruttamento di ragazzini che avevano 13 -14 anni. La tratta di questi bambini è un fenomeno molto diffuso in questo paese secondo reti molto organizzate ed un percorso molto strutturato per ricavare il profitto con il traffico di droga.
Questo film essenzialmente racconta la storia di un bambino e di sua madre e racconta la storia di questo sfruttamento, e descrive l’impatto di questa “county line” su questa famiglia e su tutta la sua comunità. Il film ha avuto la sua premiere al London Film Festival, a Siviglia ed è andato anche a Buffalo, e tutto quello che è venuto è stato online, ed è stata una sensazione di straniamento, sperando di poter presenziare a questi eventi al più presto”.
Kivanc Sezer: “Questo è il mio secondo lungometraggio, come parte di una trilogia “immobiliare”, e come parte di un filone che ha a che fare con l’industria edilizia e immobiliare. Mentre il primo film aveva a che fare con gli operai che costruivano un palazzo, il secondo con una coppia della classe media che acquista un appartamento in un complesso accendendo un mutuo ventennale, ma la perdita del lavoro da parte dell’uomo fa cambiare la situazione nel rapporto con sua moglie, con i cambiamenti fisici e psicologici, e sostanzialmente l’idea del film è la rappresentazione della classe media nella società turca. Nel terzo film della trilogia (già in fase di scrittura) cambierò genere, e tornando al secondo il tema ha portato inevitabilmente a improntare il tono più sulla commedia che sul dramma”.
Il 21esimo Festival del Cinema Europeo dopo essere rimasto per la seconda volta vittima dei vari DPCM (che ne hanno impedito il consueto e regolare svolgimento presso il Multisala Massimo di Lecce), stavolta opta coraggiosamente (e in chiave innovativa) di andare totalmente online, mantenendo la sua prestigiosa offerta culturale sull’area euromediterranea. Un plauso va al Direttore Alberto La Monica e al suo team che ci ha creduto fino in fondo e che possa essere sempre così, pandemia e tutto il resto a parte.
Francesco Maggiore