Tra figurazione e segno

Incisione e incisori dell’Accademia di Belle Arti di Catania.1968-2023.


Fino al 17 Marzo, al GAM (Galleria d’arte Moderna di via Catello Ursino) di Catania è possibile vedere una grande esposizione che racconta cinquant’anni di storia artistica della città. Curata dalla professoressa Laura Ragusa, docente di Storia dell’arte proprio all’Accademia, la mostra si articola in un grande spazio suddiviso in due corridoi e in un’altra sala adiacente.

Come si evince dal titolo, l’esposizione è predominata da incisioni e grafiche, ma possiamo trovare anche opere pittoriche e una teca dove troviamo diversi cataloghi e depliants, sull’attività dei diversi artisti esposti.

In tutto vi abbiamo settanta incisioni, e i nomi presenti sono pezzi da novanta dell’arte nazionale, infatti abbiamo: Nunzio Sciavarrello, i fratelli Tano e Antonio Brancato, Filippi Ceccacci, Pino Polisca, Fabio Bertoni, Luigi Toccacieli, Alfio Milluzzo, Emilio Greco e tanti altri. Inoltre le opere, provengono da varie parti del mondo, dall’Argentina, dagli Stati Uniti, dal Giappone etc.

Nel percorso dell’esposizione troviamo anche dei pannelli che riportano frasi di grandi scrittori o pensieri degli stessi artisti. Dopo il primo corridoio, si entra in una stanza dove è possibile fare un esperienza virtuale molto emozionante, che io stesso ho fatto ossia entrare letteralmente dentro un opera d’arte, precisamente “Piccola città italiana” di Arnold Gross, artista ungherese, nello specifico questo studio in 3d è stato fatta da un corso dell’Accademia di Belle Arti di Catania, vale a dire il NTA Nuove Tecnologie dell’Arte nelle persone di: Stefano Zorzanello, Gabriel Ardini, Giulio Interlandi, Ambra Stazzone e Lorenzo Di Silvestro.

In questa rassegna sono state fatte varie attività per i nuclei familiari e per le scolaresche. Alcuni nomi citati prima, provengono principalmente dall’Accademia di Belle Arti di Urbino, ma hanno insegnato o sono stati assistenti in quella di Catania, poiché chiamati dal fondatore dell’Accademia, vale a dire Nunzio Sciavarrello. Volendo approfondire un pò la figura di questo artista, si può dire che nacque a Bronte in provincia di Catania nel 1918 e morto, sempre nella stessa provincia nel 2013, dopo le prime esperienze con l’affresco e la pittura murale, si trasferisce a Roma e viene inglobato nell’ambiente della cosiddetta “Scuola Romana”, dopo aver frequentato la scuola libera di Via Margutta, L’Accademia di Belle Arti di Roma, e aver conosciuto Mino Maccari suo insegnante, Duilio Cambellotti, Ferruccio Ferrazzi, e avere studiato con Arnoldo Ciarrocchi e Dario Cecchi, va a combattere nei Balcani in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Dopo il conflitto, riprende il suo lavoro a Roma concentrandosi su tematiche quali le battaglie contro ogni tipo di ferocia, la libertà della popolazione e il miglioramento delle loro condizioni di vita, il tutto viene fatto utilizzando varie forme del segno, e questo sarà il tratto distintivo che caratterizzerà il suo percorso artistico.

Rientrato nella sua Bronte nel 1945, sviluppa sempre di più la sua produzione artistica e ciò lo porterà a creare a Catania delle specifiche scuole d’arte che ancora non esistevano, ossia L’Istituto Statale D’Arte, il Liceo Artistico e soprattutto l’Accademia.

Va anche detto che è stato tra i fondatori del Teatro Stabile di Catania. Ha esposto in grandi manifestazioni, in Italia e all’estero come la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e la Biennale di San Paolo in Brasile. Dell’Accademia ne è stato il direttore per vent’anni, ma è stato anche per dieci anni dal 1973 al 1983 nell‘amministrazione della Triennale di Roma.

Sciavarrello, per il teatro, ha realizzato costumi e scenografie per opere e balli rappresentati al Teatro Massimo Bellini di Catania come: “Follie viennesi “di Johann Strauss Persefone di Pietro Ferro, Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e il cavaliere della rosa di Richard Strauss.

Naturalmente a Nunzio Sciavarrello gli è stata intitolata l’aula magna dell’Accademia di Catania. Su di lui hanno scritto importanti critici d’arte italiani come Michele Biancale e Raffaele De Grada, lo stile di questo artista segue le sue esperienze professionali, infatti si va dal grande lavoro nelle opere murali, a uno stile in cui notiamo il grande studio nella tecnica dell’incisione, troviamo un segno privo di insicurezze, che no si fa condizionare dall’ambiente circostante ed è significativamente indipendente.

La sua arte è essenziale senza particolari giochi decorativi, e da ciò derivano le cosiddette macchie nelle acquetinte. Un atro grande nome di questa mostra è Emilio Greco, a cui è intitolato il Liceo Artistico, è nato a Catania nel 1913 ed è morto a Roma nel 1995, dopo le prime esperienze fatte nella sua città ammirando le sculture greco-romane, prese l’attestato all’Accademia di Palermo e successivamente anche lui partecipò, seppur in maniera marginale alla seconda guerra mondiale, insegnò e realizzò varie opere in Italia e all’ estero.

Per esempio, è stato assistente del grande scultore Quirino Ruggeri al Liceo di Via Ripetta di Roma, insegnò all’Accademia di Belle Arti di Carrara, di Roma, di Napoli e di Salisburgo. Tra le opere che ha realizzato abbiamo: Pinocchio e la Fatina fatta per il paese di Collodi, Fontana Camillo Olivetti a Ivrea, le Porte del Duomo di Orvieto, il monumento a Papa Giovanni XXIII in San Pietro a Roma e il suo ciclo di ritratti di figure femminili, di cui possiamo ammirare un esempio anche al GAM.

Espose in tutto il mondo, e ancora oggi le sue opere sono in mostra nei maggiori musei e spazi come: L’Hermitage di San Pietroburgo e il museo Puskin di Mosca, la Tate Gallery in Inghilterra e il museo all’aperto di Hakone in Giappone.

Il riferimento nell’arte di Emilio Greco è sicuramente la classicità, che l’artista ha ammirato sin da subito come si è detto all’inizio, questa sua classicità emerge in maniera preponderante nelle figure femminili, dove egli riesce a individuare un dinamismo, grande simmetria e armonia.

Questa sua concezione della classicità nel corpo, nel corso degli ultimi anni si è modificata verso una direzione manieristica, in cui il corpo umano è ancora più piegato e dove l’armonia è rappresentata in maniera diversa, più caotica in cui prevale la sperimentazione dell’animo umano. Greco è considerato uno dei più grandi scultori del novecento, e ancora oggi le sue opere sono un punto di riferimento per studiosi e non solo.

Crediti fotografici Dario Salanitro

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