Morte a Venezia

Amore e morte come accettazione del destino.


Nel 1910 Gustav Von Aschenbach, anziano musicista fisicamente fragile e spiritualmente inquieto, giunge al Lido di Venezia per una vacanza. Incontra il giovane, bello Tadzio e muore. Visconti carica il film di reminescenze personali e famigliari, la trasposizione del racconto di Thomas Mann. Un mondo sta finendo con momenti memorabili, l’identificazione con il personaggio, in un contesto di alto accademismo decorativo. La terza e la quinta sinfonia di Mahler contribuiscono ad un alto risultato scenico.

 

Nel film il riflesso psicologico e anche sociale sulla meditazione e fascinazione senile di un omosessuale ancora alla ricerca della bellezza pura che vede incarnato in un giovane. Autore molto amato e apprezzato dal pubblico italiano per i suoi film fino al Gattopardo all’estero è maggiormente conosciuto, invece per i suoi successivi la cui forma patinata e decadente non viene letta come un semplice manierismo (e un abbandono dei “messaggi politici di un tempo”), bensì come una adeguata figurazione della decadenza dei personaggi rappresentati.

 

I film dopo il Gattopardo si concentrano su storie più intimiste legate allo scandaglio della psicologia dei personaggi mentre i suo stile si sviluppa sempre in una forma di decadentismo molto suggestiva e personale. In Morte a Venezia, la macchina da presa cerca Tadzio tra le colonne, gli arredi e i vassoi d’argento del lussuoso hotel, Visconti ricorse sempre più ad uno stile ricco di panoramiche e zoom come se la storia fosse una grande produzione teatrale e il regista dovesse lentamente guidare l’occhio dello spettatore sui dettagli.

 

Negli occhi di Gustav acconciato come un burattino si può scorgere la perdita delle illusioni, un mondo sta scomparendo Tadzio sulla spiaggia indica con il braccio teso l’orizzonte, un futuro rosso sangue, due guerre spaventose, l’avvento del Nazismo, un dittatore che voleva conquistare il mondo, il genocidio di un popolo ( sembra che la storia non ci abbia sussurrato nulla), nel nome di una razza superiore, tutto questo perpetrato nel cuore della “civilissima”Europa.

 

Il sole si sta tuffando nella laguna e scompare, la luce e la perdita dell’innocenza abbandona Tadzio. La libertà non ha un punto di arrivo, non finisce mai.

Un ringraziamento particolare alla Cineteca di Bologna e a tutti i suoi collaboratori per lo splendido restauro del film.

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