L’Europa alla sfida della disinformazione
Affidabilità delle fonti, tecnologia sinergicamente utile all’informazione di qualità, lotta alla disinformazione condivisa.
Queste le parole chiave emerse dall’appuntamento “L’Europa alla sfida della disinformazione: #Giornalismo #IA #FakeNews” organizzato dall’Osservatorio TuttiMedia e la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea l’8 marzo presso lo Spazio Europa a cui hanno partecipato i giovani dei Master di giornalismo LUMSA e LUISS.
Carlo Corazza (Direttore dell’ufficio del Parlamento EU in Italia) apre l’incontro ricordando che Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, ha dedicato questo 8 marzo alle donne che lottano per i diritti.
“Siamo ad un anno dalle elezioni del parlamento europeo, cuore pulsante della democrazia e i cittadini vogliono che ciò avvenga in maniera corretta; infatti, l’88% vede le fake news come una minaccia. Contro la manipolazione dell’informazione serve un giornalismo robusto ed un’adeguata educazione. I giornalisti sono le prime sentinelle della democrazia liberale che mette al centro le libertà dell’uomo, ecco perché dobbiamo investire nella loro professionalità”.
Antonio Parenti (Capo della Rappresentanza Commissione Europea in Italia) fa gli auguri alle donne “vederne tante in sala è un bel segno per il futuro” ed entra nel vivo delle fake news con l’esempio della farina di grillo: “La commissione Eu dice che la farina di grillo non è dannosa alla salute e obbliga l’indicazione nelle etichette”.
Rivolgendosi ai giovani in sala sottolinea: “Il vostro ruolo in quanto giornalisti è etico perché avete il compito di cercare le fonti attendibili che possono permettere una critica costruttiva alla politica. Siete i responsabili di un dibattito fondamentale per le nostre istituzioni. La bandiera europea è la bandiera dei diritti, e conto che lo sia per sempre”.
Carlo Chianura (direttore del Master Lumsa) ringraziando per l’iniziativa, sottolinea l’importanza del controllo delle fonti che deve essere costante e meticoloso in un ecosistema dei media completamente diverso. Gianni Riotta (direttore del Master Luiss) parla di informazione e disinformazione, due facce della stessa medaglia: “Oggi gli organismi europei istituiti per combattere la disinformazione si riuniscono a Roma, una buona notizia. Purtroppo ho constatato che i fondi a loro dedicati sono stati dimezzati, azione che non condivido”.
Conclude sottolineando l’importanza della formazione, problema di oggi perché nelle redazioni non c’è più tempo per questo: “Le scuole sono l’unico luogo dove apprendere le competenze utili alla professione, che ha bisogno di credibilità e di un sistema che la sostenga”.
“Se l’informazione è un bene pubblico – ha detto Franco Siddi (presidente TuttiMedia) – bisogna pensare ad un sistema in cui l’intervento pubblico non deve trasformarsi in un assoggettamento, perché fare il giornalista significa lavorare in condizioni di indipendenza”.
Per Agnese Pini (direttrice QN) viviamo in un’epoca straordinaria perché “l’informazione non è più elitaria, ma c’è bisogno di educazione allo smartphone, di capitali e uomini che sappiano guidare il cambiamento così come è avvenuto per le altre rivoluzioni”. La direttrice conclude sull’importanza della differenza fra informazione e comunicazione, invitando i giovani alla verifica delle fonti.
Di nuove tecnologie a supporto del giornalismo parla Andrea Cristallini (Google): “Le applicazioni sono tante – sottolinea – ma noi lavoriamo per assistere e ottimizzare l’uso dei nuovi strumenti utili a contrastare le fake news e le discriminazioni di genere, ad esempio: la sinergia fra tecnologia e informazione porterà risultati per tutti”.
“Garantire l’affidabilità delle notizie che circolano in rete è priorità per gli editori mainstream – afferma Isabella Splendore (FIEG) -. Fake news e disinformazione proliferano laddove la qualità dell’informazione è bassa. L’informazione professionale di qualità è la diga contro le fake news, ma così come al giornalista viene affidata la funzione di antidoto contro i fenomeni quali polarizzazione e echo-chamber, è importante garantire la sostenibilità dell’industria editoriale”.
“Condividere le proprie idee in luoghi affidabili – precisa Costanza Andreini (Meta) – è importante per le persone che devono sentirsi sicure negli spazi che usano. Ecco perché siamo in prima linea contro la disinformazione e aperti a strumenti di regolamentazione. Il fact-checking è essenziale, noi gestiamo miliardi di contenuti cercando di ridurre la visibilità di quelli non appropriati o falsi”.
Di coscienza della disinformazione parla Claudia Mazzola (direttrice ufficio studi della Rai): “La media literacy, l’alfabetizzazione servono per creare la coscienza della disinformazione”. Per Luigi Rancilio (Avvenire) i giornalisti devono inseguire la verità anche contro i dinosauri che scoraggiano, l’unico modo per vincere è essere credibili.
Il consiglio di Leonardo Panetta (corrispondente Mediaset da Bruxelles) ai giovani in sala è di costruire una rete di amicizie con le quali verificare le notizie perché le fake news possono incidere profondamente nelle decisioni politiche, come avvenuto per la Brexit.
Il professor Derrick de Kerckhove (direttore scientifico TuttiMedia) conclude sulla crisi epistemologica e antropologica in atto: “Gli esseri umani stanno per delegare alle macchine la loro caratteristica distintiva, cioè il pensiero. Nella tempesta attuale si cerca aiuto nell’IA che si presenta come una soluzione per il controllo sulla verifica dei fatti, per la traduzione linguistica, per il reporting automatizzato e per la personalizzazione. Le tecnologie però non sono ancora pronte o sufficientemente mature, perché non possono andare a sostituire la capacità e il senso critico del giornalista in quanto umano, come mi ha risposto anche lo stesso ChatGPT”.
“Lavorare in un ufficio stampa di un’istituzione come è capitato a me – dice Adriano Addis (Press & Media EU) – non è un’ambizione comune fra i giovani aspiranti giornalisti, io non lo sono. In questo contesto voglio invitare i giovani in sala a considerare la rivoluzione che c’è stata nel mondo delle istituzioni rispetto al giornalismo. L’invasione della Crimea (2014) fa da spartiacque. Inizia l’interesse per la disinformazione, l’Europa capisce che bisogna agire e che si deve raccontare, ha bisogno di giornalisti”.
“Un Paese senza visione non ha futuro – dice in conclusione Maria Pia Rossignaud (vicepresidente dell’Osservatorio TuttiMedia) – oggi, invece abbiamo tracciato possibili percorsi che da idee possono trasformarsi in pratiche di successo per i giornalisti ed il mondo dei media”.