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L’umidità aiuta la catalisi nelle celle a combustibile.


Il flipper dei protoni sul catalizzatoreGrazie a una reazione che somiglia a una sorta di flipper di protoni, la presenza di un sottile strato di umidità sulla superficie dei catalizzatori può migliorare l’efficienza delle celle a combustibile, quei dispositivi che servono a trasformare l’energia chimica (un combustibile come l’idrogeno, per esempio) direttamente in elettricità senza produrre emissioni di gas serra nell’atmosfera. La ricerca è stata coordinata da CNR IOM/ SISSA.

La funzione delle celle a combustibile è quella di trasformare l’energia chimica in elettricità attraverso una reazione chimica. Quando questa tecnologia sarà sufficientemente matura si potrà usare un carburante come l’idrogeno senza emettere CO2 nell’atmosfera. Nella cella a combustibile la reazione chimica viene agevolata da un catalizzatore, in genere nanoparticelle di platino disposte su una superficie di un materiale molto resistente e reattivo, come per esempio l’ossido di cerio.  Finora, le zone attive di questi catalizzatori sono state studiate in condizioni ideali, e cioè a bassissime temperature e pressioni e rimuovendo lo sporco e l’umidità che inevitabilmente si trovano invece nei dispositivi reali. Stefano Fabris, fisico della Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e di CNR–IOM Officina dei Materiali, e colleghi però hanno voluto studiare un sistema in condizioni più realistiche, in questo caso prevedendo la presenza di un sottile strato di acqua sul catalizzatore. Il team ha fatto delle scoperte interessanti: l’umidità a quanto pare, in questo caso specifico, anziché rendere il processo più inefficiente, dà una “spinta in più” per quel che riguarda il trasporto degli atomi, migliorando nettamente l’efficienza complessiva del sistema. Il lavoro, coordinato da Fabris, è stato pubblicato sul Journal of the American Chemical Society.Il flipper dei protoni sul catalizzatore

Il lavoro di Fabris e colleghi si basa sulle simulazioni al computer: “questo è un aspetto non trascurabile, perché le tecniche sperimentali tradizionali non permettono di ottenere informazioni dettagliate su quanto avviene all’interfaccia tra la superficie del catalizzatore e un liquido come l’acqua. Da questo punto di vista, gli strati atomici che separano il solido e l’acqua sono un mondo ancora poco esplorato, tanto difficili da misurare quanto il nucleo di un pianeta”, spiega Fabris. “Le condizioni di pressione e temperatura impediscono una visione diretta a livello sperimentale. Bisogna perciò trovare altre strade per indagare questo tipo di fenomeni, come appunto le simulazioni numeriche”.

Reazione a catena
Fabris e colleghi hanno dunque ricostruito il sistema fisico nel dettaglio, lì dove la superficie del catalizzatore è a contatto con uno o più strati di molecole d’acqua e hanno osservato in tempo reale la sua evoluzione. “In primo luogo abbiamo visto che l’acqua a contatto col catalizzatore si scompone, in parte, in ioni di idrogeno, ossia protoni, e in ioni idrossido  (OH-).

Questo non è un fatto così inaspettato, spiega Matteo Farnesi Camellone, ricercatore CNR-IOM Istituto Officina dei Materiali e primo autore del lavoro, aggiungendo che un effetto del genere si poteva intuire già a priori. “Quello che osserviamo di davvero interessante avviene dopo questa scomposizione”, continua Farnesi Camellone. In pratica quando sulla superficie vi è un certo numero di protoni e di ioni idrossido si verifica quello che in gergo si chiama una proton chain: “una specie di Il flipper dei protoni sul catalizzatoreflipper in cui i gruppi OH- si passano incessantemente un protone libero, legandolo e rilasciandolo. Nel processo si formano e disgregano continuamente molecole d’acqua, mentre i protoni continuano a rimbalzare e a viaggiare per lunghe distanze lungo la superficie”. Le conseguenze per il processo di catalisi sono positive: “tutto questo movimento agevola in qualche modo il trasporto delle molecole tra le zone attive del materiale. Abbiamo misurato che la velocità di trasporto e rilascio aumenta di parecchie volte, migliorando di fatto l’efficienza del catalizzatore”.

“È la prima volta che si studia il catalizzatore in presenza di acqua, e il nostro studio al di là di dimostrare che il processo viene in questo caso favorito dall’umidità, spiega soprattutto cosa succede nel materiale nel dettaglio, una conoscenza importante per progettare al meglio le celle a combustibile”, conclude Fabris.

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