Oltre agli spettacoli, gli eventi culturali, Carlo Puca spiega perché ''Il Sud deve morire''.
Sta per alzarsi il sipario sulla quattordicesima edizione del Festival d’autunno. Ed è, come sempre, un cartellone ricco e vario quello messo in piedi dal direttore artistico Antonietta Santacroce che, come accade ormai da anni, propone spettacoli di successo ma anche eventi culturali che affrontano temi di varia natura. Quest'anno, a calcare per primo il palcoscenico del Teatro Politeama, il 12 novembre, sarà un musicista leggendario, Steve Hackett, ex leader dei Genesis, il quale proporrà in esclusiva nazionale un concerto dal titolo “Off the beaten track”. Il 26 novembre sarà la volta di Gino Paoli e Danilo Rea, con uno spettacolo sold out un po' in tutta Italia, mentre a chiudere il Festival, il 5 dicembre, toccherà a Massimo Ranieri che proporrà una nuovissima produzione jazz dal titolo “Malìa”.
Nomi di grande prestigio che si associano a quelli inseriti nel cartellone delle conferenze intitolato “ Kalon Brion. Lo spirito della Calabria, la Calabria dello spirito”. Si terranno dal 15 al 19 novembre al Museo Marca di Catanzaro dalle ore 18. Il Sud sarà grande protagonista già dal primo giorno con la proiezione di un docu-film, “God blessed Calabria”, firmato da Erminio Perocco, che racconta la nostra terra nell'epoca bizantina-normanna. Il 16 saranno ospiti Monsignor Mimmo Battaglia e don Aniello Manganiello per parlare di “Dio nelle terre di frontiera”. Giorno 18 toccherà ad alcuni sindaci e giornalisti affrontare un tema molto attuale, quello dell'accoglienza dei profughi. Tra i relatori, moderati dalla giornalista Giancarla Rondinelli, anche il primo cittadino di Riace, Mimmo Lucano, recentemente inserito dalla rivista americana “Fortune” tra i leader più influenti del mondo. A chiudere il ciclo di incontri Gerardo Sacco, il celebre orafo crotonese, la cui storia è testimonianza del fatto che anche in Calabria si può diventare grandi. Molta attesa c'è per la presentazione del libro di Carlo Puca, giovedì 17 novembre. Lo scrittore e giornalista di Panorama, provocatoriamente, lo ha intitolato “Il Sud deve morire”.
Commentando il suo libro, lei ha detto che questo “viaggio di fatiche e scoperte ha mutato la sua indole pacifica e fatalista”. Quale deve essere l'atteggiamento del cittadino del Sud per cambiare le cose?
Dobbiamo smetterla di essere fatalisti, cioè convinti che le cose siano immutabili. La storia si può cambiare, mettendo finalmente da parte la rassegnazione e cominciando a investire sul futuro. Invece di reagire e combattere davanti ai soprusi, ci limitiamo esclusivamente a chiedere. Confondendo, per esempio, il sacrosanto diritto al lavoro con il diritto a un reddito, cioè a uno stipendio. Il guaio è che le presunte classi dirigenti hanno più che assecondato questa tendenza. Noi sudisti ci siamo accontentati e abituati. Seppur indotti, abbiamo scelto di vivere in controluce rispetto agli splendori del Nord produttivo. Ed ecco perché, ancora oggi, “essere meridionali” per molti rappresenta soltanto uno status grazie al quale recriminare diritti evidentemente negati, omettendo però di praticare i doveri imposti dalla democrazia, dal libero mercato e dal vivere civile. Questo nostro atteggiamento ci ha condotto alla rinuncia più grave: abbiamo abbandonato l’ambizione di costruire un avvenire straordinario. Dobbiamo entrare nel futuro, questo serve e questo faremo quando finalmente il Sud morirà nella forma attuale per rinascere più sano e più forte.
Nel viaggio che lei ha fatto, da Lampedusa a l'Aquila, qual è stata la situazione più paradossale che ha avuto modo di osservare?
Il Mezzogiorno è la terra dei paradossi. Se proprio devo sceglierne uno, allora cito Papasidero. All'anteprima romana de "Il Sud deve morire" c'era una platea colta e informata. A un certo punto ho chiesto: "Chi di voi sa dov'è Papasidero e cosa è la Grotta del Romito?". E' seguito un silenzio assordante e imbarazzato, a maggior ragione quando ho svelato che stavo parlando del sito paleolitico più importante d'Europa. Ma nessuno lo sapeva e, fino a sei mesi fa, nemmeno io. Paradosso nel paradosso di una terra, il Mezzogiorno, che dice di voler puntare sul turismo per risollevarsi, nella Grotta gli scavi li fanno, appena tre settimane ogni anno, pochissimi volontari provenienti da Firenze, peraltro ospitati nelle case dei papasiderani. Incredibile ma vero.
Alla luce di tutti gli scandali che stanno caratterizzando il Paese, ritiene che ci potrebbe essere un seguito al suo libro dal titolo, anche in questo caso provocatorio, “L'Italia deve morire”?
L'idea è suggestiva e per molti versi accattivante. Tuttavia, il sequel potrebbe rivelarsi inutile. La tesi principale del mio libro è che con la morte del Sud morirebbero anche e soprattutto quelli che lo sfruttano: politici, mafiosi e nordisti. Per rimanere al tema della domanda: morto il Sud, morirebbe anche il Nord. Dati alla mano, privati dei consumi dei meridionali, i settentrionali finirebbero sul lastrico. Gli scandali, insomma, sono solo una parte della questione; certo, la più schifosa, ma comunque una parte relativa.
Assieme a Carlo Puca, ci saranno anche il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e il direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni. «Si tratta di una proposta capace di trattare i temi più attuali che riguardano il Sud – afferma Antonietta Santacroce – e che riveste, anche per la presenza dei tanti relatori qualificati, un alto valore formativo e didattico. Proprio per questo mi auguro che le sale del Marca si possano riempire anche con la presenza di tanti studenti. Sarebbe davvero importante stimolare la loro riflessione critica nell’ambito di un percorso di educazione alla cittadinanza attiva certamente avviato dalla scuola».
Gli istituti che intendessero partecipare con gruppi di ragazzi potranno chiedere informazioni all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.