“Shoshana” apre il 24esimo FCE
Nell’ambito del 24esimo Festival del Cinema Europeo di Lecce, ad inaugurare la manifestazione è stato il regista inglese Michael Winterbottom con il film che ha girato in Puglia, in particolare nel Salento, “Shoshana”, ambientato nella Palestina degli Anni Trenta.
Il Sindaco di Lecce Carlo Salvemini ha espresso soddisfazione per il programma del festival, e ha ringraziato per la presenza del regista in sala. Sono intervenuti anche il Senatore Roberto Marti e il Direttore del Dipartimento del Turismo della Regione Puglia, Aldo Patruno.
Marti ha sottolineato di come il festival sia un pilastro fondamentale nella cultura della Regione Puglia e di Lecce in particolare da 24 anni a questa parte. Mentre Patruno ha indicato l’evento come parte dei 33 festival dell’Apulia Cinefestival Network, oltre a ringraziare le varie maestranze con le loro competenze.
Prima di dare parola a Winterbottom, il direttore del Festival, Alberto La Monica ha ringraziato la Vision Distribution nella persona di Laura Mirabella, per aver portato la pellicola al Festival. Successivamente, il critico cinematografico Massimo Causo e l’interprete Lara Maroccini hanno avviato il loro dialogo con il regista.
Causo: Shoshana arriva in un momento particolare della nostra storia, che purtroppo in questi giorni è tornata ancora una volta drammaticamente in primo piano in Medio Oriente con la situazione palestinese israeliana. Shoshana è un film che sta nel cuore del centro delle vicende che ancora oggi sono estremamente drammatiche.
E’un film però che Michael aveva intenzione di fare da 15 anni. Volevo chiederti prima cosa di raccontarci la genesi di questo progetto e come sei arrivato a realizzarlo, e soprattutto come è cambiato tutto nel corso di questi 15 anni?
Winterbottom: La genesi di questo film come giustamente hai detto risale a 15 anni fa. Tutto nasce durante una mia visita al Festival del Cinema di Gerusalemme, dove per la prima volta leggo un libro molto interessante che si chiama One Palestine, Complete di Tom Segev, e da lì è iniziato tutto. Il film parla dell’occupazione britannica della Palestina, nello specifico negli anni Trenta.
Tutto è iniziato con una lunga fase di ricerca storiografica che poi ci ha portato a scoprire una storia, una storia vera, quella di Shoshana Borochov e Tom Wilkin nella Tel Aviv degli anni Trenta. Abbiamo provato a farlo questo film almeno tre o quattro volte. Abbiamo provato a farlo in Israele, ma purtroppo non è stato possibile, e a quel punto ci siamo messi alla ricerca di luoghi e abbiamo trovato nella Puglia la location perfetta, lo sfondo perfetto per poter riprodurre la Tel Aviv degli anni Trenta, perché nel frattempo Tel Aviv è profondamente cambiata.
Abbiamo girato a Lecce per riprodurre Gerusalemme, ad Ostuni, a Brindisi, a Pantanagianni e a Torre Canne che fanno la Tel Aviv dell’epoca, mentre Giaffa è stata riprodotta a Taranto. Nel film troverete immagini di archivio, e quello che noterete è che non c’è particolare differenza fra le immagini dell’epoca e la Puglia dove abbiamo girato.
Causo: Rispetto alle intenzioni che avevi 15 anni fa, quando hai pensato a questo film, cosa è cambiato e soprattutto cosa ti aspetti che questo film possa dare oggi alla realtà?
Winterbottom: Naturalmente il momento che stiamo vivendo, ma soprattutto che Palestina e Israele stanno vivendo, è profondamente difficile. La “prima” inglese del film si è tenuta al Festival di Londra esattamente il 7 ottobre, il giorno del terribile attacco di Hamas e a Gaza. Gli attori israeliani che erano con noi nel cast hanno appreso in tempo reale la notizia dell’attacco di Hamas, e hanno cominciato a scoprire piano piano quello che stava accadendo, e da allora tanto è successo nella fattispecie, centinaia di migliaia di bambini sono morti a Gaza, un tempo relativamente difficile.
Il film è ambientato molto tempo fa, e la storia come vedrete, è una storia vera e una storia semplice. L’idea del film era quella di mostrare come la violenza politica sia in grado di influire sulla vita delle persone. Nella fattispecie di come sia in grado di separarle, e di metterle in campi opposti. Con la tendenza a polarizzare, come se chi non è d’accordo con te sia automaticamente il tuo nemico. Il film ha un messaggio semplice, ma che nella sua semplicità è molto forte.
La violenza non è la soluzione ai problemi, la violenza è il problema, e bisogna sempre cercare un modo per risolvere quelle che sono le differenze e le divergenze. Trovare un modo per risolvere le divergenze poltiche anche nelle circostanze peggiori come il conflitto sanguinoso che sta rovinando Israele e Palestina.
Causo: Nel film ci sono parecchi inserti di immagini di repertorio. Sono il frutto di una ricerca che tu hai fatto, e di cui hai già parlato prima per individuare anche le location e costruire adeguatamente la scena storica?
Però sono anche il frutto di una ricerca che ti è servita ad inquadrare storicamente gli eventi. Dove hai fatto queste ricerche? So che hai lavorato anche all’interno della Fondazione di Steven Spielberg.
Winterbottom: Abbiamo fatto una ricerca molto approfondita in termini di archivio. Siamo stati in Israele più di una volta, e oltre agli archivi di Spielberg abbiamo consultato anche gli archivi di stato. E naturalmente ci sono anche i cinegiornali, e si raccontava l’occupazione dal punto di vista britannico.
Abbiamo raccolto le testimonianze del tempo e messo insieme una serie di racconti anche dal punto di vista dell’occupazione britannica, visto che il Regno Unito era la nazione occupante. Oltre al materiale d’archivio abbiamo raccolto molte testimonianze di gruppi ebrei che lavoravano sottotraccia, underground. Abbiamo raccolto testimonianze nel tempo, ci sono diverse.
Ringrazio anche tutte le persone sedute nel pubblico che hanno contribuito a realizzare questo film, infatti la troupe inglese non vede l’ora di tornare a girare e la troupe di Roma altrettanto, e quindi dico “Grazie davvero, e grazie anche al location manager Leo Angelini, che ha fatto tanto per il film, grazie di cuore”.
Francesco Maggiore