Sanremo 2019: Baglioni se l’è cavata, ma…

Si è concluso da poco il sessantanovesimo festival della canzone italiana, il secondo con alla guida il direttore/dirottatore artistico Claudio Baglioni. La media complessiva delle cinque serate è stata del 49.3% di share con 9.770.600 spettatori. Nel dettaglio la media della prima parte è del 48.15% con 11.478.200. La seconda parte, sempre nella media delle cinque serate, è stata del 52.96% con 6.012.400 telespettatori. Percentuali alte, ma qualcosa non va.


Partiamo da questi numeri, il festival ha retto, la media è abbastanza soddisfacente, ma lontana anni luce dalle grandi percentuali della scorsa edizione. Mettici che al secondo giro manca la componente novità, che alcune cose non sono andate come dovevano o come si pensava potessero andare ed ecco spiegato un calo sostanziale degli ascolti, che però non gli ha impedito di rimanere uno tra i festival più visti degli ultimi quattordici anni, anche e soprattutto sulle piattaforme digitali.

 

Ma allora che cosa non ha funzionato?

Claudio Baglioni, da buon musicista, ha saputo rendere davvero centrale la musica. Lo ha fatto mettendo in gara ben 24 cantanti senza distinzione tra big e giovani. Gli stessi ospiti, tralasciando la polemica sterile ed inutile del distinguere tra ospite e super ospite, hanno cantato da soli e in duetto con Baglioni.  A tal proposito, chi dice che sia stata una succursale di un suo concerto probabilmente ha guardato altro. In teoria e in pratica un concerto comporta l’esibizione (di Baglioni in questo caso) con un proprio repertorio, in realtà il direttore artistico ha duettato su brani terzi o dell’ospite di turno, pochissime volte ha cantato suoi brani. Quindi tecnicamente, no, non è stato un Sanremo – concerto di Claudio Baglioni.

 

Certo forse alcuni duetti si potevano evitare, come per esempio quello con Serena Rossi, bravissima nell’interpretazione di Almeno tu nell’universo, talmente brava che non necessitava di alcun aiuto. Altri invece sono stati inevitabili e toccanti come quello con Elisa. Ma, al di là di questo, davvero avreste voluto un Baglioni pressoché muto? Lo ha parzialmente fatto nella prima serata e tutti ci siamo accorti che è risultata molto più lenta del solito, quindi ben venga il Baglioni canterino.

 

Poi è vero, mettere 24 canzoni in gara, con una durata superiore alla media, inevitabilmente porta a dilungare i tempi al cui interno necessariamente occorre inserire dei momenti di spettacolo perché siamo in televisione e questi elementi sono essenziali per mantenere l’attenzione viva per più di quattro ore e rendere il tutto più fluido.

 

Ed è proprio lo spettacolo la nota dolente. I conduttori Claudio Bisio e Virginia Raffaele insieme non funzionano. Separatamente sì e lo hanno dimostrato quando sul palco hanno portato qualcosa da soli o in coppia con altri. Vedi Virginia con Favino o Bisio con la Hunziker. Forse sarebbero state queste le coppie adatte? Virginia sa fare tanto, ma in realtà ha fatto poco. Forse anche perché ci aspettavamo da lei qualcosa che per ovvie ragioni tecniche non poteva fare, come i travestimenti, o semplicemente perché lì lei è stata chiamata a presentare. In realtà Michelle Hunziker ci ha insegnato bene che presentare e fare spettacolo sono due azioni che possono tranquillamente coincidere e nella serata finale la stessa Virginia si è cimentata in una prova canora unendo alcuni dei suoi più famosi personaggi. Verrebbe da dire: finalmente Virginia, peccato l’abbia fatto solo alla fine. Bisio è risultato il più delle volte sottotono ad eccezione del monologo tratto dallo spettacolo Father and son e in qualche altro raro caso, ma Sanremo è ben altro.

 

Il problema è che loro sono due comici molto forti e insieme non possono stare. Un comico ha bisogno di una spalla che necessariamente non può essere data da un altro comico a meno che non si tratti di un duo nato per quello, ma non mi sembra questo il caso. La Raffaele e Bisio non avevano mai lavorato insieme.

 

Il risultato è stato tanta musica in gara e non, buona o meno questo è soggettivo, a discapito di un intrattenimento poco brillante e che difficilmente ricorderemo, c’è da dire anche che il confronto con lo scorso anno era tosto da sostenere.

 

Nulla da dire invece sulla meraviglia della scenografia di Francesca Montinaro. Così come non vi è nulla da sindacare sulla regia del ormai veterano Duccio Forzano che ancora una volta ha saputo cogliere ogni elemento fondamentale delle canzoni e dei vari momenti del festival, dirigendo come un perfetto burattinaio i fili di uno spettacolo complesso e ricco di avvenimenti ed imprevisti. È stato lui a dare quel guizzo in più, a provocare quella emozione aggiuntiva che serviva ad ogni esibizione.

 

Nel complesso non è stato un brutto festival, anzi, però delle sbavature ci sono state, ma volendo ci si potrebbe passare sopra perché ci siamo trovati difronte a cinque serate davvero coraggiose ed innovative.

 

C’è solo una cosa da dire al direttore artistico: caro Claudio pensaci davvero bene ad un ipotetico Sanremo tris. La tua formula è vincente, soprattutto se trovi i giusti compagni di viaggio. Hai avuto il merito di riavvicinare i giovanissimi a questa kermesse, ma il pubblico si stanca velocemente e si dimentica troppo facilmente delle cose buone fatte e purtroppo non perdonerebbe altri errori.

 

Una cosa è certa, come ha detto Baglioni nel discorso finale, protagonista quest’anno è stata la musica e visto che il festival è della canzone italiana, va bene così.

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