Netflix sì, Netflix no

L’urgenza del contrasto hollywoodiano sulla piattaforma più famosa del pianeta spinge ad una riflessione sui limiti, ma soprattutto sull’opportunità che oggi formati alternativi possono offrire.


Steven Spielberg ha scagliato il sasso, ed è un sasso destinato a fare parecchio rumore nei mesi a venire. Se Alfonso Cuaron ha difeso il colosso dello streaming per le sue ampie e creative possibilità, il regista statunitense ha rimarcato il fatto che la piattaforma debba essere esclusa dagli Oscar 2020.

 

Ma è una polemica sterile e soprattutto inutile; sono aumentate le diverse possibilità di visione, e il pubblico deve essere lasciato libero di scegliere. Un filmmaker ha la possibilità di poter usufruire di una distribuzione più ampia, ma soprattutto di un marketing mirato e consapevole, a cui talvolta i grandi studios della Mecca del Cinema non prestano attenzione. O forse è proprio questa la loro paura?

 

Quella di perdere denaro e soprattutto “potere” su ciò che si produce a discapito di qualcosa meno rigidamente codificato? E’ questa la legge del “mercato libero”, aprire il ventaglio delle possibilità e tracciare nuovi confini per lo spettatore. Il merito di Netflix è quello di ridefinire formati e contesti nel panorama mondiale e di capitalizzare attenzioni e (soprattutto) risorse nel processo produttivo internazionale.

 

E non solo Cuaron, ma anche Martin Scorsese con il prossimo “The Irishman”, con Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci, ha già chiesto alla piattaforma che il suo film possa avere una distribuzione nelle sale più lunga rispetto a “Roma”. Per il film del regista messicano, Netflix non ha pubblicato i dati del box office, e lo ha mandato subito in streaming.  Altre importanti pellicole saranno “Triple Frontier” di J. C. Chandor con Ben Affleck e Oscar Isaac, e “The Pope” di Fernando Meirelles, sul rapporto tra Papa Francesco e Benedetto XVI.

 

Ma la protesta (o paura) dei matusalemme di Hollywood non si arresta: ad Aprile nel prossimo Academy Board of Governors, Spielberg farà pressioni affinchè la stessa Academy escluda i film destinati allo streaming e di destinarli agli Emmy in quanto “prodotti televisivi”. Ma di cosa stiamo parlando? Un film è un film, e se una piattaforma ne permette una larga diffusione, ma soprattutto fruizione da parte del pubblico globale, tanto meglio.

 

Il vero problema che gli studios si pongono, è sul marketing, perché Netflix riesce a veicolare perfettamente prodotti che magari con la sola uscita in sala non avrebbero potuto raccogliere i consensi che hanno avuto. Si deve necessariamente stemperare il conflitto tra le due parti, ovvero l’una non esclude l’altra. Ovvero, chi ama il cinema a 360 gradi continuerà sempre ad andare nella sala, perché la meraviglia e il sogno che il grande schermo riesce a regalare, nessun contenitore televisivo riesce a trasmettere; semmai lo può replicare per una seconda visione, che non è mai risolutiva. Oggi saper “guardare” è diverso dal saper “vedere”, polemiche di Spielberg a parte.

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