Natale a prova di galateo

Dalla tavola alla conversazione: ecco le regole auree per cavarsela alla grande e uscire indenni dalle feste.


Con l’avvicinarsi delle festività di fine anno, cominciamo a tirare fuori il meglio di noi per fare bella figura con i nostri ospiti e, in un mondo che cambia, se le tradizioni accolgono le novità in materia di genere, anche noi possiamo scoprire quanto è più bello stare insieme aprendoci al cambiamento. L’esperto di galateo Samuele Briatore – presidente dell’Accademia Italiana Galateo, coordinatore del Master in cerimoniale, galateo ed eventi istituzionali e assegnista di ricerca sulle tematiche inerenti il galateo presso Sapienza Università di Roma – autore de Il nuovo galateo di genere (Newton Compton Editori), ci ha illustrato le regole da sapere per una tavola di Natale perfetta, dal menù alle conversazioni da fare (e soprattutto da non fare).

Tutti a tavola

Nei posti a sedere, vale ancora l’alternanza uomo-donna? Quando si tratta di coppie, meglio tenerle unite o separarle? E quando la coppia invitata è composta da due persone dello stesso sesso? La stella polare di ogni scelta deve essere far trascorrere una serata piacevole a ogni commensale. Ecco perché separare le coppie è sempre una buona idea: due persone che si conoscono hanno moltissime altre occasioni per parlare tra loro, mentre una cena è un’opportunità per incontrare persone nuove. Per le coppie dello stesso sesso, quindi, valgono i medesimi principi (del resto, perché non dovrebbero?). L’attenzione in più va riservata alle persone mancine: sarebbe bene posizionarle in punti strategici in modo che non siano intralciate dal gomito di una persona destrimane.

Menù

Anche le abitudini alimentari sono cambiate e il primo passo per una cena di successo è un menù a prova di ospite: attenzione quindi ad allergie, celiachia, intolleranza al lattosio e così via, ma anche diete vegetariane o vegane. Naturalmente, dall’altra parte, sarà cura di chi riceve l’invito non solo comunicare questa informazione, ma anche evitare di aggiungere ulteriori preferenze. Non è affatto cortese dire: “Non mangio questo/non mangio quello”. Essere invitati a cena è ben diverso dall’andare al ristorante.

Bando alla pedanteria

Prima di arrovellarsi sull’etichetta a tavola e sul menù più adatto, è bene ricordare che probabilmente qualche ospite commetterà errori in materia di galateo, usando la posata sbagliata o magari introducendo un argomento inappropriato. Parola d’ordine: flessibilità. Il compito del buon ospite, d’altronde, è mettere a proprio agio i/le commensali. Se un ospite usa la forchetta da dolce per mangiare l’antipasto non è un errore capitale. Farlo notare, invece, sarebbe un’imperdonabile mancanza di buone maniere.

Fare conversazione

Solitamente si dice che a tavola non si parla di politica e religione, o di altri temi potenzialmente divisivi. È in effetti buona norma lasciare per altre occasioni informazioni troppo intime, aspetti relativi alla salute che sarebbe meglio affrontare (se proprio necessario) in una sede differente e negatività in generale. Questo però non significa porre un veto al libero relazionarsi delle persone, al contrario: è importante garantire uno spazio dove tutte e tutti possano sentirsi a proprio agio e alla pari.

Allo stesso modo, domande come: Quando porti a casa una ragazza? Come sta la tua “coinquilina”? Ma un vestito o un po’ di trucco mai? Quando vi decidete a sposarvi? Quando ci date un nipotino? rientrano tra le domande personali che sarebbe bene evitare ma che ogni anno tornano ciclicamente tra  un pasto e l’altro. Persone LGBTQ+ e donne non sposate o senza figli, tra gli altri, sono particolarmente presi di mira da parenti ficcanaso e giudicanti.

«A quando un figlio?», per esempio, è una delle domande più gettonate, soprattutto in presenza di una coppia appena sposata. La risposta potrebbe essere “mai”, per tanti motivi. Non costringiamo le persone a giustificare le proprie scelte o motivazioni e teniamoci per noi la curiosità, senza contare quante situazioni delicate potrebbero essere in ballo: difficoltà riproduttive, perdite, magari scelte difficili. Occhio, poi, al modo in cui si parla della sfera femminile: se una donna diventa madre, non chiediamole se ha intenzione di lasciare il lavoro, se incontriamo un bambino sensibile, non diciamogli di non fare la femminuccia, se una bambina gioca con le macchinine, non chiamiamola maschiaccio. Lasciamo che tutte e tutti si esprimano liberamente: forse non sarà più necessario un manuale di galateo per sapere come comportarsi.

Altra problematica è il silenzio: molte persone LGBTQIA+ in famiglia devono fare i conti con questa forma di rifiuto sottile e pesantissima. Tutti sanno ma fanno finta di non sapere e la persona è costretta a censurare una parte importante della propria vita, a discapito anche degli affetti. O magari per imbarazzo, o per paura di far brutte figure, si evitano le confidenze o di chiedere e dare consigli, raffreddando inevitabilmente il rapporto.

Meglio cercare di sentirsi e far sentire l’altra persona a proprio agio. E se faccio una gaffe? Non è la fine del mondo, capita a tutti di sbagliare, ma se hai fatto una gaffe ammettilo e affronta la cosa scusandoti. Quando si fa una figuraccia spesso ci si mette sulla difensiva, ma meglio non cercare di sdrammatizzare: far finta di nulla, relativizzare o peggio sminuire e ironizzare non ti farà sembrare più alla mano. Chiedi scusa e vai avanti: l’altra persona apprezzerà.

Allo stesso modo, c’è un galateo per gestire le uscite infelici che potremmo trovarci ad affrontare. Frasi come Non l’ho capita: me la spieghi?, è un modo educato ma fermo per contestare, in modo non aggressivo, eventuali battute omofobe, sessiste o razziste; Anch’io usavo quei termini, poi ho scoperto che possono essere offensivi perché… è una frase per spiegare e aprire nuove prospettive a chi non sa nulla dell’argomento, portando la propria esperienza personale ed evitando di far sentire in difetto l’altra persona, inducendola a mettersi sulla difensiva. Infine, So che si tende a generalizzare, nella mia esperienza però… è un modo per non opporre generalizzazioni a generalizzazioni ma, anzi, ci ancoriamo al reale parlando della nostra esperienza e delle nostre conoscenze. Avere un confronto su qualcosa di concreto permette di superare il pregiudizio che si lega all’ignoto e a quello che è al di fuori della nostra cerchia di conoscenze.

Godetevela!

Infine, ma non meno importante, bisogna godersi la serata. Spesso accade che chi ospita si lasci prendere dall’ansia da prestazione, dal desiderio di fare bella figura e dalla volontà di avere tutto sotto controllo e che, alla fine, non partecipi davvero. Meglio accettare la possibilità (e forse la certezza) che non tutto andrà come programmato: ciò non renderà la serata meno piacevole, anzi forse è proprio questa imperfezione che la renderà più autentica e indimenticabile.

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