Morte Stradivari: la fine della scuola classica cremonese
286 anni fa, il 18 dicembre 1737 moriva a Cremona nella casa di piazza San Domenico il più grande e il più famoso maestro liutaio.
Molto anziano, malato, debole di vista probabilmente per una cataratta, lasciava questa terra a 92 anni per essere poi sepolto due giorni dopo a pochi metri di distanza nella cappella dove aveva fatto seppellire molti anni prima la sua prima moglie Francesca Ferraboschi. Dei 12 suoi figli solo 7 erano ancora in vita e solo 4 poterono godere dell’eredità cospicua perché ai due figli preti e alla figlia monaca non lasciò nulla.
Padre Bonaventi nella biografia di Stradivari che molti si ostinano a voler ritenere falsa e che io considero originale e lo dimostrerò in maniera inoppugnabile, fa riferimento proprio al testamento che solo di recente è stato ritrovato per evidenziare un fatto clamoroso e relativo all’ultimo periodo di vita di Antonio: la decisione di lasciare la bottega solo a Francesco. Il fatto è stato confermato proprio dal ritrovamento del documento notarile che secondo alcuni non sarebbe mai esistito e che invece esiste e conferma quanto Bonaventi affermava.
Malgrado l’impegno di tutta la vita e la dedizione, Omobono veniva escluso non solo perché Francesco era ritenuto dal padre migliore nel campo liutario, ma, anche per una sua recente grave disobbedienza (un viaggio non autorizzato a Napoli). Colui che fece la parte del leone fu comunque l’ultimo genito Paolo mercante di nome e di fatto con il quale Stradivari aveva un rapporto più che conflittuale ma che non riuscì mai a sottomettere.
Si porterà a casa una cifra che oggi potrebbe essere valutata più di 500 milioni di euro; d’altronde, in quei tempi, un detto popolare era “ricco come Stradivari”. Ma lui voleva ancora di più da incontentabile quale era, sarà tanto insensibile da arrivare a vendere alcuni anni dopo tutti gli attrezzi gli strumenti rimasti, i disegni in modo che a Cremona non dovesse restare più nessuna traccia del padre.
Padre Bonaventi fa riferimento al motivo dell’ultimo contrasto tra i due ed è proprio la bottega. A Paolo non importava nulla delle beghe tra Francesco ed Omobono avrebbe solo voluto che la bottega fosse venduta a Carlo Bergonzi in modo da aumentare il patrimonio da dividere e lo fece presente non certo con modi gentili, tanto da costringere Antonio a chiamare il notaio e completare il testamento iniziato nel 1727, aggiornato negli ultimi dieci anni e terminato in quegli ultimi giorni con queste sue disposizioni.
Alla moglie Antonia Zambelli, la seconda e solo a condizione che non si risposasse, poco o nulla: dei vestiti, alcuni arredi e pochi soldi. Ma anche ad Omobono e all’unica figlia non monaca solo briciole. Malgrado gli scontri e l’enorme bottino dei contanti andò tutto o quasi a Paolo che anche negli anni successivi grazie alla scomparsa dei fratelli liutai sarà in gran parte l’artefice della decadenza e della scomparsa della scuola liutaria cremonese, accecato dalla sua enorme cupidigia.
Antonio se ne andava in silenzio lasciando la sua enorme ricchezza a chi ben poco o nulla aveva a che fare con la liuteria e la sua bottega divisa perché estromessi Omobono, Francesco si trovava solo e in grandi difficoltà anche con Carlo Bergonzi che aveva sperato di poter acquistare
Ne divenire il capo e continuò l’attività aiutato dai fratelli Alessandro e Giuseppe Antonio anch’essi privati da ogni tipo di eredità malgrado i tanti anni di collaborazione e dedizione al padre..
Non c’è da stupirsi se pochi anni dopo tutto o quasi finì nel nulla.