L’ Ultimo Tango di Bertolucci

Il Maestro del Cinema Italiano, quello che ha saputo improntare un cinema epico e al tempo stesso semplice dal forte sapore internazionale.


Come Fellini e i più grandi del nostro cinema, Bertolucci ha donato una sua visione particolare e personale, a partire dalla sua collaborazione con Pierpaolo Pasolini, che avrebbe gettato le (solide) basi per “La commare secca”, e i successivi “Partner”, “Prima della Rivoluzione”, “La strategia del ragno” e “Il conformista” (presentato in Concorso al Festival del Cinema di Berlino) con il grande Jean Louis Trintignant.

 

Ma è con “Ultimo tango a Parigi” (di nuovo nelle sale italiane del circuito The Space i prossimi 4/5/6 dicembre), che il regista italiano si fa conoscere veramente a livello internazionale, soprattutto per la potente e animalesca interpretazione di un Marlon Brando (all’epoca all’apice del Mito), accompagnato dalla giovane e tormentata esordiente Maria Schneider . La pellicola è entrata nella storia del cinema per la scena di uno stupro con l’ausilio del burro, nata dall’intuizione tra Brando e lo stesso Bertolucci, ma che ha creato (soprattutto negli anni a venire) disagio alla coprotagonista.

 

Nonostante ciò, la pellicola è stata un grandissimo successo commerciale, e Bertolucci e Brando hanno avuto le nomination all’oscar rispettivamente per la miglior regia e il miglior attore. Questo lavoro ha avuto un percorso travagliato nella sua vita in sala, dal grande successo di critica e pubblico, alla condanna da parte della commissione censura che ne aveva decretato la distruzione dei negativi con sentenza della Cassazione, oltre alla condanna anche dello stesso Bertolucci, dello sceneggiatore Franco Arcalli,  e del produttore Grimaldi a due mesi di carcere per la condizionale. Il divieto sulla pellicola cadde definitivamente nel 1987, ma già il grande successo riscosso, ne aveva contribuito a creare un’aura leggendaria.

 

Il giovane regista, successivamente riuscì a girare “Novecento”, poderoso affresco sulle lotte contadine emiliane e la Seconda Guerra Mondiale. La pellicola racconta la storia del nostro Paese ed è diviso in due atti, con due straordinari Robert De Niro e Gerard Depardieu. Dopo “La Luna” e “La tragedia di un uomo ridicolo”, la consacrazione definitiva, arrivò con il pluripremiato (9 premi oscar) kolossal storico “L’ultimo imperatore” sulla vita dell’ultimo grande imperatore della Cina Pu Yi.

 

Il film ha incassato 78 milioni di dollari negli Stati Uniti ed è stato  primo al box office italiano nella stagione 1987/1988. Dopo questo grande exploit, Bertolucci ha potuto dirigere progetti più personali, anche con il contributo di grandi star mondiali. Il primo è stato “Il tè nel deserto”, tratto dall’omonimo romanzo di Paul Bowles con John Malkovich e Debra Winger. Ambientato alla fine degli anni Quaranta, la pellicola è la drammatica odissea di una coppia, nel suo viaggio verso l’interno del deserto nordafricano, la cui tragicità viene sottolineate dalla bellissima colonna sonora di Ryuichi Sakamoto.

 

Nel 1993 è la volta di “Piccolo Buddha”, anche questo tratto dal romanzo di Gordon Mc Gill, con Keanu Reeves, Chris Isaak e Bridget Fonda, dove si affronta la spiritualità orientale con la ricerca del bambino, potenziale reincarnazione del lama Dorje. Nel 1995 con “Io ballo da sola”, Bertolucci torna a girare in Italia, nella splendida e bucolica campagna toscana (nelle colline vicino a Siena), con protagonista Liv Tyler, nei panni dell’adolescente Lucy Armon, che proprio sul suolo italiano compie la sua crescita e maturazione a donna, dopo la perdita della verginità e la scoperta di alcuni aspetti legati alla sua famiglia.

 

Nel 1998 con “L’Assedio”, un film in origine destinato alla televisione (reti Mediaset), il regista gira un’altra storia d’amore tra un pianista inglese, Jason (David Thewlis) e una ragazza africana, Shandurai (Thandie Newton) ripresa quasi per intero in un appartamento di Roma (nei dintorni di Piazza di Spagna). Con “The Dreamers” (2003), anche questo ambientato tutto in un appartamento di Parigi nel 1968, Bertolucci racconta la relazione fatta di sogni e disillusioni tra uno studente americano, Matthew (Michael Pitt) e due gemelli francesi, Theo e Isabelle (Louis Garrel ed Eva Green).

 

Il suo ultimo film è stato “Io e te” (2012), liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, e anche questo narra il rapporto tra due personaggi: i fratellastri Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori) e Olivia (Tea Falco), il primo alle prese con le consuete problematiche dell’adolescenza, la seconda con quelle più serie dell’eroina. Oltre agli Oscar e numerosi David di Donatello, tra i premi a Bertolucci, non vanno dimenticati il Leone D’Oro alla Carriera alla 64esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e la Palma d’Oro onoraria al 64esimo Festival di Cannes.

 

Scomparso all’età di 77 anni il 26 novembre 2018 per le complicazioni di un tumore dopo anni di lotta alla sclerosi multipla, il regista sarà ricordato con una commemorazione il prossimo 6 dicembre al Teatro Argentina di Roma, dove sarà un momento particolarmente intenso per celebrare la sua magniloquente e già leggendaria figura.

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