Influenza stagionale: bambini più colpiti

Fondazione The Bridge: “la medicina scolastica fondamentale per la salute dei bambini e la prevenzione dell’influenza stagionale”.


L’influenza stagionale  annuncia un picco più alto rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dal rapporto settimanale sul monitoraggio delle sindromi simil-influenzali effettuato dalla rete di sorveglianza InfluNet dell’Istituto Superiore di Sanità che registra l’andamento dell’epidemia stagionale.

Nella settimana dall’8 al 14 novembre l’incidenza ha raggiunto i 4,2 casi per mille assistiti, un valore più che doppio rispetto allo stesso periodo della stagione 2019, l’ultima pre-pandemia. Ad essere colpiti sono soprattutto i bambini al di sotto dei cinque anni.

Si conferma il trend che si era intravisto nelle rilevazioni precedenti per quel che concerne le fasce di età più colpite: nei bambini al di sotto dei 5 anni l’incidenza è pari a 17,87 casi per mille assistiti, in quella 5-14 anni 4,47, tra i 15 e i 64 anni è 3,63 casi per mille e ultra-sessantacinquenni si scende a 2,07 casi per mille assistiti. Al momento non tutte le Regioni hanno attivato la sorveglianza.

 “ll Covid-19 da un lato ha inaspettatamente risvegliato l’interesse per la medicina scolastica, dall’altro ha messo in rilievo le straordinarie capacità del sistema scolastico italiano di assumere un ruolo, cruciale per la società– spiega Rosaria Iardino, Presidente Fondazione The Bridge-, che inizialmente gli era stato assegnato in via emergenziale ma che oggi può essere rivalutato in chiave di programmazione. A tal proposito i risultati dell’indagine sono chiari: la lettura del dato testimonia quanto la scuola rappresenti un possibile snodo all’interno di una più ampia rete di servizi e figure professionali per la presa in carico e la tutela del benessere degli studenti, a garanzia di equità, prossimità e universalismo nell’acceso ai servizi sociosanitari”.

L’istituto della medicina scolastica, nella sua originaria accezione – così come normata negli anni ’60 e tuttora vigente – pur avendo perso nel tempo contenuti e funzioni molto rilevanti, alla luce della pandemia torna ad assumere un ruolo centrale, come rimarcato dal Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025 che individua la scuola come “il luogo dove favorire la ‘Promozione della salute’ come proposta educativa continuativa e integrata lungo tutto il percorso scolastico”.

Sul tema Fondazione The Bridge ha condotto un’indagine “La medicina scolastica tra passato e futuro” che ha coinvolto circa 600 intervistati tra genitori, docenti e sindaci, con l’obiettivo di sondare quanto sia percepita, in termini di bisogni e risorse, la relazione tra scuola, salute e città insita nel nuovo concetto di medicina scolastica ha messo, tra l’altro, in evidenza che tutti gli interlocutori ritengono l’effettiva attuazione degli obiettivi di promozione della salute e di prevenzione in ambito scolastico una condizione necessaria per mettere in collegamento il mondo sanitario, l’istruzione e le comunità locali.

Fondazione The Bridge ha sondato l’opinione dei tre attori fondamentali (106 genitori, 490 insegnanti, e un campione di 14 suddiviso in centri grandi, medi e piccoli sul territorio nazionale) circa il ruolo della scuola nella promozione della salute in connessione con gli enti del territorio rilevando degli aspetti inediti.

IL PUNTO DI VISTA DEI GENITORI. Si evidenzia un accordo generale nel ritenere la scuola un luogo di promozione e in cui l’esigenza di salute e benessere degli studenti diventino reali priorità; infatti, solo il  4% dei genitori non ritiene che la scuola abbia tra i suoi obiettivi la promozione della salute; il 46% di quest’ultimi sottolinea anche il fatto che, per ora, si tratti di una finalità solo teorica. Nonostante vengano rilevate lacune, è unanime il parere dei genitori circa l’utilità dei servizi sanitari scolastici.

Allo stesso modo, le attività di educazione sanitaria rivolte agli studenti sono considerate molto utili dall’81,1% del campione e abbastanza utili dal 17%. Buoni i servizi già offerti, ma distribuiti a macchia di leopardo: sportelli di ascolto (34%) e la presenza di locali adibiti ad ambulatorio o infermeria all’interno dell’edificio scolastico (22%), operatori sociosanitari (13%), e gli infermieri scolastici (6%); viene segnalata la mancanza invece di collegamenti con i servizi sanitari territoriali come il pediatra di libera scelta e le Aziende Sanitarie Territoriali.

IL PUNTO DI VISTA DEGLI INSEGNANTI. Il 97% pensa che la scuola sia un contesto che può mettere in pratica un’efficiente promozione della salute a beneficio della comunità, ma non sempre esistono gli strumenti adeguati. Il 72,2% dei docenti giudica molto utile l’ipotesi di costituzione di una rete formalizzata che comprenda istituzioni, scuole, enti locali e terzo settore e per il 98% sarebbe necessario sostanziare la creazione di un raccordo con i servizi sanitari territoriali. Si sottolinea dunque l’esigenza di un collegamento basato su una organizzazione articolata e sistematica che parta dal territorio, secondo un’ottica di prossimità al cittadino, coinvolgendo una pluralità di soggetti con competenze diverse.

IL PUNTO DI VISTA DEI SINDACI. L’indagine ha voluto indagare il percepito e la sensibilità dei sindaci rispetto ad alcuni temi inerenti alla salute nel contesto urbano. Partendo dalla definizione data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è evidente che gli intervistati abbiano ben colto che la salute riguardi un concetto molto ampio fatto di benessere fisico, mentale e sociale e che la maggior parte (92%) sia d’accordo nel ritenere che la città rappresenti uno snodo cruciale per incidere sui determinanti della salute.

Rispetto ai temi in cui sarebbe interessante investire in ambito locale, al primo posto c’è lo sviluppo di programmi per la prevenzione e di educazione sanitaria, seguito dall’integrazione tra politiche di gestione diretta della salute e politiche di altri settori dell’attività amministrativa, dal miglioramento degli spazi di vita delle città e delle comunità e dalla sostenibilità ed ecocompatibilità in edilizia dello spazio urbano. Rispetto alle collaborazioni strutturate con la scuola e i servizi sanitari, si rileva che esistano ma il 64%, rileva che siano di tipo prettamente informale.

L’INFLUENZA STAGIONALE. L’indagine ha approfondito il tema dell’influenza stagionale, virus ritenuto generalmente banale, ma con risvolti significativi in termini di costi per la società. Infatti, oltre ai costi diretti per il sistema sanitario nazionale causati dall’assistenza ai soggetti ad alto rischio, si devono considerare i costi indiretti dovuti all’assenteismo lavorativo e/o scolastico indotto dall’infezione, che sono stimati in un range compreso tra 700mila e un milione di euro ogni anno in Italia.

Molto spesso, infatti, sono gli stessi genitori a stare a casa dal lavoro per dare assistenza ai figli malati, producendo un costo silenzioso e oneroso in termini di produttività. Inoltre, nella prospettiva della salute come bene comune, la circolazione del virus influenzale, spesso diffuso tra i bambini, può portare a rischi per l’intera comunità, colpendo in maniera più aggressiva i soggetti fragili. L’80% dei genitori si ritiene d’accordo con chi afferma che i costi sociali indiretti dell’influenza siano elevati per le famiglie italiane.

Il 49% degli intervistati afferma che almeno un genitore si assenta dal lavoro, mentre il 34,9% richiede l’aiuto di altri famigliari. Si tratta di uno sforzo organizzativo notevole, nonché di una perdita di giorni di lavoro e di produttività, considerato anche il fatto che solo nel 7,5% dei casi la situazione è gestita grazie all’aiuto di persone incaricate della cura dei figli (es. babysitter). Nonostante i costi derivanti dalla sindrome influenzale siano piuttosto sentiti tra gli intervistati e l’organizzazione famigliare richieda l’assenza lavorativa di almeno un genitore per assistere i figli ammalati d’influenza, non è altrettanto sentita la necessità di vaccinare i propri figli contro il virus influenzale.

Infatti, il 66% dei genitori dichiara che, se ne avesse la possibilità, non vaccinerebbe i propri figli contro l’influenza e il 67% del campione afferma di non aver vaccinato i propri figli contro l’influenza negli anni precedenti. Vi è quindi una distanza tra i costi e i rischi percepiti dai genitori relativi all’influenza e le modalità di prevenzione e contrasto alla diffusione. In questo contesto, si può cogliere l’opportunità di rilanciare il ruolo della scuola, in accordo con i servizi sanitari e le amministrazioni competenti, nella formazione e informazione degli studenti e delle famiglie, screditando narrazioni basate su comuni convinzioni e appoggiando posizioni basate sull’evidenza scientifica e su prove di efficacia, per la salute dell’intera collettività.

A tale proposito, il 45% degli intervistati considera la scuola un possibile luogo per la somministrazione dei vaccini nell’ambito di una campagna antinfluenzale rivolta all’età pediatrica e a questi si aggiunge un 20% che ritiene la scuola un contesto adatto alla promozione della campagna, dal punto di vista formativo e informativo. Secondo gli INSEGNANTI l’influenza stagionale incide abbastanza sullo svolgimento dell’ordinaria attività didattica (44%), sullo stato di salute di famiglie e studenti (50%) e sullo stato di salute dei docenti (45%).

Sono pochi i docenti che ritengono che l’influenza incida molto sullo svolgimento dell’attività didattica (5%), sullo stato di salute di famiglie e studenti (3%) e infine sullo stato di salute dei docenti (5%). Al contrario, sono in molti a considerare l’influenza stagionale poco incidente sull’attività scolastica (44%), sullo stato di salute di famiglie e studenti (42%) e su quello dei docenti (44%).

Questi dati che, analizzati congiuntamente, confermano quanto l’influenza sia spesso percepita come una malattia banale, non particolarmente rilevante per le sue ricadute cliniche e sociali. Nonostante ciò, i docenti nella maggior parte dei casi sembrano essere favorevoli al fatto che la scuola possa costituire un possibile setting per un’eventuale campagna vaccinale pediatrica antinfluenzale sia per la promozione di campagne di sensibilizzazione, sia come hub per vaccinare.

Infine, si è domandato ai SINDACI quanto ritengano che la stessa possa riflettersi sul livello di salute dei cittadini del comune amministrato: senza toccare alcun picco, la risposta preponderante si attesta su una percezione dell’impatto non particolarmente elevata, ma abbastanza (79%) o poco incisivo (21%).

Tale percezione pare in netto contrasto rispetto alla stima che i rispondenti fanno del costo sociale indiretto annuale dell’influenza nel nostro Paese: la maggioranza propende correttamente per cifre elevate, con un 50% che indica un range di costo superiore al milione di euro. In termini di vantaggiosità per la cittadinanza, si è infine si è inteso indagare sull’opportunità della collaborazione del comune con enti sanitari per campagne di vaccinazione antinfluenzale sia dirette alla popolazione, sia pediatrica: in entrambi i casi l’opzione viene considerata interessante e vantaggiosa.

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