Che tempo che fa, esempio di servizio pubblico più unico che raro

Studio vuoto e silenzioso, uno di quei silenzi che assordano se si è abituati a vederlo brulicale di voci, volti e sorrisi.


Ad ogni puntata sempre meno addetti ai lavori. Autori e collaboratori ridotti all’osso. Il minimo indispensabile per portare a casa l’ennesima puntata, ma in estrema sicurezza. In onda dalle 19.40 alle 23.40, tutte le domeniche, fino a che sarà possibile, con la sola interruzione per dare spazio al Tg2.

Per carità, anche altri programmi si sono riconvertiti ed adattati alla situazione, ma nessuno sta riuscendo così perfettamente come l’intero staff di Che tempo che fa, dando prova di grandissima professionalità.

Il programma non poteva rimanere uguale a sé stesso, questo è chiaro, ha dovuto reinventarsi. Fondamentalmente poteva scegliere due strade: puntare al sensazionalismo o andarci con i piedi di piombo non abbandonando del tutto la propria natura. Che tempo che fa ha scelto la seconda. Quello che ne sta uscendo, più che approfondimenti sul tema, sono dei veri e propri occhi puntati sul mondo, flash comunicativi grazie ai quali i telespettatori vengono semplicemente informati. A domanda risposta, senza doverci per forza intavolare discussioni infinite.

Focus sulle principali capitali europee e non, interviste brevi ad alcuni sindaci delle zone più colpite, interventi da parte della Protezione Civile e sporadici collegamenti con i governatori delle regioni. Nessun accanimento, con molta delicatezza e consci della gravità della situazione a Che tempo che fa sì racconta ciò che succede, inframezzando “la narrazione” con momenti toccanti come Diodato che canta La cura o Bocelli l’Ave Maria.

Il Professor Burioni, il primo che aveva proprio in quello studio lanciato l’allarme mesi fa, è l’unico seduto su quella poltrona bianca che ha visto accomodarsi ospiti illustri e che speriamo possa tronare presto ad accoglierli.

A distanza di sicurezza il virologo risponde alle domande preoccupate che arrivano da casa, dialoga con i medici e con chi sta combattendo in prima linea questa tragedia, nessun opinionista da strapazzo, nessuno che si erge a tuttologo, solo gente che sa quello che sta dicendo perché lo sta vivendo.

In mezzo a tutto questo si cerca anche un po’ di leggerezza che non è semplice da trovare, ma è assolutamente necessaria ed indispensabile, anche per fare questo ci vuole coraggio. Così grazie alla riscoperta della tecnologia, spesso denigrata, etichettata come qualcosa che ci rende asociali, ma che in questo momento è l’ancora di salvezza per tutti noi chiusi in casa, vengono allestiti collegamenti via Skype, anche in simultanea, come quello di Ale & Franz che non rinunciano al loro momento di comicità o come l’appuntamento imprescindibile con Luciana Littizzetto, poi le domande impossibili di Marzullo, Frassica e il suo Novella Bella e qualche ospite qua e là che cerca di riportare per una manciata di minuti un briciolo di normalità.

A “dirigere” tutto questo un Fabio Fazio che sta facendo uscire, semmai qualcuno avesse ancora bisogno di una conferma, tutta la sua professionalità. Un Fabio Fazio che fino a ieri era considerato il capro espiatorio di tutti i mali, insultato, minacciato persino di morte, non sostenuto nemmeno da chi aveva il dovere di farlo e che oggi, in sordina, sta dando a tutti una lezione di professionalità e soprattutto, nonostante l’evidente stanchezza e preoccupazione, una grande prova di lucidità che in queste giornate difficili non va data per scontata.

La televisione non salva il mondo, è vero, ma se fatta bene tiene molta compagnia. Chi la realizza non se lo dimentichi.

Enrica Leone

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