Bontà senza tempo in Lazzaro Felice
Presentato all’ultimo Festival di Cannes, premiato con l’ex aequo per la Miglior Sceneggiatura. Pellicola anomale e anche affascinante sotto certi punti di vista, considerato che oggi chi macina ritmi televisivi e veloci avrà qualche difficoltà nel recepire i ritmi di questa pellicola.
Che appare dilatata, ambientata negli anni 90, ambientato in un contesto rurale, la storia di questo ragazzo candido, senza malizia e anche abbastanza passivo nel subire gli eventi della vita, l’espressione della bontà totale, e questo è abbastanza strano in un mondo caratterizzato da così tante diverse sfumature. Il cinema di Ermanno Olmi viene richiamato attraverso “L’albero degli zoccoli”, una coincidenza fantastica irreale.
Si parla di una sorta di realismo magico, con l’intreccio tra reale e immaginario. Tutta la pellicola è incentrata attraverso l’amicizia con un ragazzo altolocato, Tancredi, in questo contesto rurale avulso da spazio e tempo. Nel momento in cui si passa al capoluogo lombardo come scenario, è come se il film di Olmi prima citato, incontrasse il capolavoro di Vittorio De Sica, “Miracolo a Milano”, con un miscuglio di situazioni reali e irreali.
Talvolta la lentezza estenuante della pellicola, va a penalizzare l’analisi dell’irreale e delle tradizioni mai abbandonate nel corso del tempo. Di contro seppur filosofico e naturalistico, si passa costantemente a guardare l’orologio per tutti i 130 minuti della durata della pellicola. Molto vecchio cinema italiano, De Sica, Zavattini, Olmi, e in alcune fasi anche “Novecento” di Bernardo Bertolucci, lascia il ricordo di un tempo anomalo.
Potrebbe essere un forte competitor come candidato agli oscar come miglior film straniero per l’Italia, ma dovrà vedersela con “Dogman”, amatissimo dalla critica e con un ottimo riscontro da parte del pubblico nelle sale. Per saperlo dobbiamo aspettare settembre, quando il comitato di selezione dell’Anica, si riunirà per decidere il “designato”.