Bellezza, la verità sul lifting

Un lifting è per sempre? Qual è l’età giusta per farlo? Si corrono rischi? Risponde il chirurgo plastico Raffaele Rauso.


Dati alla mano, sono sempre di più i pazienti che scelgono di sottoporsi a un intervento chirurgico di ringiovanimento del volto: Il numero di facelift nel mondo ha registrato un +35.8% negli ultimi 4 anni (dati ISAPS), mentre nello stesso periodo il lifting al collo è cresciuto del 77.6% e la ridefinizione del contorno del viso del 39.9%.

Una novità in controtendenza rispetto all’ultimo periodo, in cui lifting era considerato sinonimo di visi tirati in modo innaturale, ultima spiaggia per visi molto invecchiati. “Grazie alle conoscenze e alle tecniche odierne, il lifting è senza dubbio la scelta migliore per chi desidera contrastare l’avanzare del tempo.

E’ la soluzione che meglio consente di intervenire in profondità e non solo a livello superficiale, riposizionando i tessuti e ridando volume, senza il gonfiore e i risultati innaturali che sono spesso conseguenza di una errata o eccessiva applicazione dei trattamenti mini-invasivi” spiega il professor Raffaele Rauso, già presidente FIME e già professore all’Università Vanvitelli di Napoli. Per ottenere i migliori risultati, chiarire i dubbi ed evitare le delusioni, ci sono alcuni aspetti che è meglio mettere in chiaro fin da subito. Ecco tutta la verità sul lifting.

1) L’età giusta per farlo è… prima di quanto si creda. Erroneamente si pensa che il lifting sia adatto per l’età avanzata: i migliori candidati sono i quarantenni. “Ci sono diversi motivi per cui è consigliato operarsi attorno ai 45 anni, quando si manifestano i primi segni di cedimento dovuti all’invecchiamento – afferma il prof. Rauso -. La pelle ha ancora una buona elasticità e si riescono a ottenere risultati naturali di cui beneficiare negli anni successivi. Inoltre, in seguito all’intervento, si forma una fibrosi cicatriziale interna che frena lo scivolamento dei tessuti verso il basso, rallentando il processo d’invecchiamento. Il rischio di sottoporsi a lifting a 60 anni è avere risultati anacronistici, con una evidente differenza tra l’aspetto ringiovanito del viso e quello invecchiato del décolleté”.

2) La durata del lifting non è eterna, ma significativa. Il lifting non va fatto per risolvere il problema dell’invecchiamento e non prendersene più cura – spiega il professore -. Dopo l’intervento, la pelle continua il naturale invecchiamento, con riassorbimento del grasso e tessuti ptosici: di solito si torna nelle condizioni pre-intervento circa 8 anni dopo il lifting”. Ci sono tecniche che possono rallentare il processo: può essere utile eseguire, contestualmente al lifting, un resurfacing o laser CO2 per migliorare la texture della pelle. Così, oltre a “stirare” i tessuti, si eliminano le macchie e le rughe superficiali legate all’esposizione solare. Bisogna poi prendersi cura del proprio volto con periodiche sedute di filler, da eseguirsi ogni 2 o 3 anni, biorivitalizzazione e/o botulino da eseguire 1-2 volte l’anno che ne prolungano l’effetto”.

3) Vita sana, effetto prolungato. Fattori come l’esposizione al sole, il fumo, la pratica regolare di sport e una dieta sana possono influire sulla longevità di un lifting. Mantenere uno stile di vita sano e un regime adeguato di cura della pelle possono aiutare a prolungare i risultati della procedura.

4) Gli eccessi dei trattamenti mini-invasivi. Spesso la paura di un intervento chirurgico o di una cicatrice, spingono il paziente a insistere con i trattamenti non-chirurgici, anche quando l’invecchiamento è molto avanzato. “Con infiltrazioni eccessive di filler per “tirare su” i tessuti cadenti, si generano volti innaturalmente gonfi. La medicina estetica è utile come coadiuvante per l’anti-aging, nella prevenzione all’invecchiamento, ma quando i segni del tempo iniziano a essere evidenti, è utile considerare una soluzione chirurgica” aggiunge Rauso.

5) Il recupero post-operatorio. Esistono diversi tipi di lifting del viso (frontale, temporale, cervico facciale, mini lifting). da cui dipendono i tempi di recupero: con il deep-plane, una delle tecniche migliori ma anche maggiormente invasive, bastano due o tre settimane per ritornare alla vita sociale. In generale, dopo 5-12 giorni dall’intervento si tolgono i punti e si può uscire di casa. Permangono insensibilità e un po’ di gonfiore: il risultato finale si avrà dopo 6/7 mesi.

6) Alla radice dell’invecchiamento. La tecnica risale a diversi anni fa, ma è tornata in auge nell’ultimo periodo ed è considerata la migliore: “Grazie a una conoscenza più approfondita dell’anatomia e dei meccanismi di invecchiamento, oggi il lifting deep plane consente di agire in profondità riposizionando i tessuti. I legamenti sono come le radici di un albero: è necessario staccarle per muovere i tessuti e riposizionarli. In questo modo si può intervenire anche sulla linea mandibolare e il collo, che sono le prime a cedere con l’età” prosegue l’ex presidente Fime.

7) La soddisfazione del paziente dipende dall’abilità del chirurgo. Il lifting è uno degli interventi più complessi, tanto che non tutti i chirurghi plastici si cimentano in questa pratica. Il successo dell’operazione è influenzato in modo significativo dalla competenza e dall’esperienza dello specialista che la esegue.

I rischi potenziali di un lifting sono gravi e riguardano la lesione parziale o totale dei nervi. Sono eventi molto rari, che personalmente in tanti anni di pratica non ho mai visto, in quanto chi è esperto sa come procedere senza causare danni, mentre chi lo è meno fa uno scollamento minimo, senza spingersi in profondità e quindi senza rischiare di danneggiare i nervi. Proprio questo approccio superficiale è la causa principale di insoddisfazione per i pazienti: nelle prime settimane, con il gonfiore, il risultato ottenuto sembra buono, ma dopo poco il paziente torna come prima. Per evitare il fallimento è determinante rivolgersi a un medico esperto, che conosca bene l’anatomia e sappia cosa fare e come intervenire”.

8) Cicatrici invisibili. Una delle principali obiezioni dei potenziali pazienti riguarda le cicatrici che segnalano inequivocabilmente l’avvenuta operazione. “Non è così: i tagli si nascondono tra i capelli o dietro le orecchie, rendendo difficile anche agli occhi più attenti riconoscere i segni dell’intervento. Ovviamente, è fondamentale rivolgersi a un chirurgo estetico esperto” conclude il professor Rauso.

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