Ladri di biciclette
Un padre e un figlio. Il capolavoro umano di Vittorio De Sica.
Siamo convinti, scrissero Giuseppe De Santis e Mario Alicata (nel 1941), che un giorno creeremo il nostro film più bello seguendo il passo lento e stanco dell’operaio che torna alla sua casa. Poche opere neorealiste rappresentano il dopo guerra in modo più vivido di Ladri di biciclette (1948 Vittorio De Sica): storia di un operaio la cui sussistenza dipende dalla sua bicicletta. Il film mostra la crudeltà della vita nel dopoguerra.
Il protagonista, Ricci, si rivolge ad ogni istituzione, Polizia, Chiesa, Sindacati, ma nessuno di questi è in grado di recuperare la bicicletta rubata e molti sono indifferenti alla sua tragedia: con il figlio Bruno è costretto a vagare per la città in un inutile ricerca.
Nel film a questa critica sociale fa da contrappunto la disintegrazione della fiducia del figlio nei confronti del padre: il momento cruciale si ha quando, in preda alla disperazione, Ricci cerca di rubare a sua volta una bicicletta e Bruno lo guarda in preda alla disperazione di chi vede crollare tutte le illusione sul proprio padre.
A Ricci è risparmiato l’arresto e Bruno, che ora accetta dolorosamente la fragilità del genitore, riafferma il suo amore prendendolo per mano. Lo sceneggiatore del film Cesare Zavattini, aveva espresso più volte il desiderio di fare un film che si limitasse a seguire un uomo per novanta minuti della sua vita.
Ladri di biciclette, pur non raggiungendo pienamente tale obiettivo, all’epoca fu visto come un avvicinamento all’idea di Alicata e De Santis di seguire il “passo lento e stanco dell’operaio”.
Esiste una coscienza del legame che unisce ogni individuo alle cose del mondo, siano esse organismi viventi o elementi inanimati: e la convinzione che, nel piccolo spazio di una bicicletta o di una pagina scritta, alla fine, l’animo umano si monda dall’obiezione delle bassezze, “delle proprie tenebre”.
Il film non vanta intrecci accattivanti ne memorabili colpi di scena, ma parla di regole di vita, di nobili sentimenti, di segreti nascosti sotto gli occhi di tutti.
Ciò che mi ha insegnato il senso dell’infinito non è stata la cupola stellata, il mare o la via lattea, ma capolavori come Ladri di biciclette.