Bohemian Rhapsody
Il racconto sul Mito musicale della rock band britannica Queen in un bellissimo (e fortunatissimo) biopic cinematografico.
E’ inarrestabile la corsa al box office italiano (e mondiale) della pellicola che racconta l’ascesa dei Queen, ovvero Brian May (Gwilym Lee), Roger Taylor (Ben Hardy), John Deacon (Joseph Mazzello), che trova la sua massima incarnazione nella geniale e tormentata figura del suo leader performer: Freddie Mercury (nome d’arte di Farrokh Bolsara), qui egregiamente interpretato dalla star della serie tv “Mr Robot”, Rami Malek.
Un film non solo per i fan più sfegatati, ma anche per tutto il pubblico globale, che si riconosce nelle vibranti note di “We Will Rock You” e “We are the Champions”. Il titolo del film viene da una loro hit del 1975, che in precedenza era stata bistrattata da un gretto produttore discografico, proprio per la sua inusuale lunghezza, oltre sei minuti, un’eternità per una canzone trasmessa in radio.
Per molti anni, al progetto è stato accostato l’attore Sacha Baron Cohen (estremamente somigliante a Mercury), ma forse non dotato del carisma necessario a interpretare un performer energico e singolare come il leader della band. Sono stati soprattutto i dissapori con Brian May e Roger Taylor, dovuti al fatto che Baron Cohen volesse concentrarsi sul lato privato e trasgressivo di Freddie, fatto di sesso e droga, prevaricando su quello artistico.
Ciò ha causato la sua uscita dal progetto, e successivamente nel recasting, era stato considerato per quel ruolo l’inglese Ben Whishaw (“Profumo – Storia di un assassino”, “007 – Skyfall”). Ma alla fine, a spuntarla è stato lo statunitense Malek, che si è trasformato corpo e anima in Mercury, sia nei virtuosismi ma anche negli istrionismi.
La promessa di amore eterno alla prima e unica donna della sua vita, Mary Austin (Lucy Boynton), le dinamiche fra la band, tra la scalata al successo senza limiti e la brusca caduta, dovuta alla solitudine del suo leader e ad alcuni contrasti con gli altri membri della band (alimentati anche con il germe del sospetto da un cattivo manager consigliere), corrono di pari passo con le loro folgoranti canzoni.
La scoperta dell’Aids da parte del cantante, dopo anni di rapporti promiscui e abuso di sostanze stupefacenti, è accompagnata dalle dolenti note di “Who wants to live forever”, che apre una pagina buia nella sua vita. Ma nella pellicola verrà riscattata dalla lunghissima, spettacolare e coinvolgente sequenza finale del Live Aid nel luglio del 1985.
Appianati i contrasti, il gruppo ritorna più forte e unito che mai davanti ad una platea di oltre 70mila persone, confermando la loro definitiva venerazione da parte dei fan e non solo. Quest’appassionante inno alla carriera dei Queen, è stato diretto da Bryan Singer, regista dei magnifici “I soliti sospetti” e “X Men”.
Lui stesso è stato al centro di beghe sia con la Fox (rimpiazzato nella direzione di alcune parti della pellicola con il filmaker Dexter Fletcher, sebbene Singer abbia mantenuto il suo nome nei credits) che con lo stesso Rami Malek. Segno forse che c’è bisogno del conflitto (a volte sano, a volte no) per raccontare un incredibile connubio creativo, scolpito nelle pagine della Storia della Musica.