Wet Leg, dall’Inghilterra con amore

“Moisturizer” è l’atteso secondo album per le due ragazze dell’isola di Wight, un disco meno “d’assalto” rispetto al loro esordio ma più pensato e strutturato, che racconta con ironia e disincanto tutte le fasi dei sentimenti, trasformando il duo in un quintetto pop rock.


Rhian Teasdale e Hester Chambers sono tra le sorprese musicali più piacevoli degli ultimi anni. Il loro album omonimo “Wet Leg” (2022) nella sua apparente semplicità ha intercettato, soprattutto nel Regno Unito, un pubblico giovane e trasversale, attratto da questo pop dall’approccio punk, tutt’altro che rivoluzionario ma sicuramente fresco.

Dietro al progetto delle Wet Leg, fino a ieri considerate un duo e ora diventate un gruppo con l’inserimento in formazione degli ormai ex turnisti Josh Mobaraki, Ellis Durand e Henry Holmes, c’è il produttore guru della musica indipendente britannica Dan Carey, uno che di rock ma anche di pop se ne intende, avendo lavorato anche con Kylie Minogue.

L’uso di ironia e sarcasmo, l’abilità di scrivere i ritornelli, il loro suonare “sporco” ma nello stesso tempo strizzare l’occhio al pop, sono i segreti di una band nata quasi per scherzo, che senza eccellere apparentemente in nulla si porta a casa il risultato, sia in studio che dal vivo.

“Catch these fists”, il primo singolo ad anticipare il disco, è il perfetto anello di congiunzione col loro debutto, col riff riconoscibile, la parodia del machismo maschile e tanta energia.

“E’ amore o suicidio?” recita “CPR” che apre l’album descrivendoci una situazione indubbiamente tossica, seguita tematicamente da “Liquidize”, in cui l’innamoramento diventa dipendenza, mentre si percorrono territori rock con toni pacati e mai eccessivi.

“Davina Mccall”, che cita nel titolo la famosissima presentatrice britannica di MTV e del Grande Fratello oltre alla cantante Shakira, è una canzone d’amore più classica nelle intenzioni ma originale nel suo sviluppo, perchè parla del dare protezione al proprio partner senza rinunciare ad una velata ironia.

In “Mangetout” si fugge da una storia d’amore ritrovando la propria consapevolezza, anche qui non ci si scatena a mille, il gruppo sembra voler percorrere una strada intermedia puntando su un bel giro di basso e un ritmo non troppo sostenuto.

Un altro momento che ci dimostra quanto la band non abbia voluto fare un “numero due” del fortunato album d’esordio è la veloce e melodica “Pokemon”, dove i sintetizzatori anni ’80 ma non troppo pacchiani accompagnano un brano che, pur sperimentando non va troppo fuori contesto.

Non mancano le chitarre punk in “Pillow talk”, fatto per i concerti, mentre “11:21” è la ballata sentimentale (con voce soave) che non ti aspetti mentre “U and me at home” termina la scaletta con aperture melodiche alla Blondie.

“Moisturizer” passa l’esame del secondo album che come diceva Caparezza “è sempre il più difficile” e ha il pregio di aprire qualche piccola strada che prossimamente la band potrà percorrere, magari parlando ancora d’amore, ma sempre in una maniera personale e originale.

Informazioni:
www.radiobudrio.it
Facebook Radio Budrio è solo podcast
Instagram @radiobudrioesolopodcast
Ascolta la versione audio di Musical Express
https://www.radiobudrio.it/podcast/musical-express.html

Language »