Olly, il fascino della nostalgia

Il fresco vincitore di Sanremo 2025 continua il suo percorso, grazie anche al successo dell’album “Tutta vita”. Un giovane artista promettente ma per certi versi ancora acerbo.


Essere la persona giusta al momento giusto non è facile, ma se le congiunzioni astrali si allineano fino ad intercettare la tendenza del momento si può perfino vincere Sanremo.

Quest’anno il vento musicale è cambiato radicalmente, perché i cantautori, che nell’ultima gestione Amadeus sembravano essere rari residuati bellici del passato, sono stati i mattatori dell’intera edizione 2025.

La corazzata Sony Music e la manager Marta Donà hanno fiutato il vento e hanno fatto la scommessa e l’investimento giusto, in un’edizione che alcuni hanno definito della normalizzazione.

Sarebbe però semplicistico e ingeneroso definire Federico Olivieri detto Olly, genovese classe 2001, una versione “normalizzata” dei suoi bravi concorrenti sul podio Lucio Corsi e Brunori Sas, perché i target di riferimento degli artisti sono completamente diversi.

In un Sanremo molto seguito dalla fascia di età 14 – 25 (i dati di share televisivi parlano chiaro), Olly è il ragazzo giusto al momento giusto, nel periodo in cui il sentimento della nostalgia prevale persino nei giovani, figli di una precarietà e di una povertà culturale del quale loro sono decisamente vittime e non di certo artefici.

Il risultato è quello che si può ascoltare non solo in “Balorda nostalgia”, canzone vincitrice del Festival, ma anche nell’intero suo secondo album “Tutta vita”, realizzato insieme al produttore Jvli e specchio dei punti di riferimento autorali ed esistenziali di un ragazzo poco più che ventenne, allevato fin da piccolo dalla cultura della nostalgia, una calamita che attrae anche economicamente chi, suo malgrado, non ha una visione e una prospettiva del presente e del futuro.

Ad esempio, “È festa” è un simil country tra Mumford & Sons e Avicii, “I cantieri del Giappone” è il capofila dei brani collettivi del disco, dove rispunta con orgoglio la parola “noi”, mentre si raccontano gli inganni e le trappole della società e la voglia di scappare di un ragazzo ribelle come giustamente deve essere, esattamente come “Noi che”, con il pensiero più vicino a Rino Gaetano e Alan Sorrenti che a una fantomatica lotta di classe.

“Quei ricordi là” potrebbe essere un pezzo di J Ax, mentre in “Devastante” ci si rinchiude in un bar con l’insegna rotta, sulla scia di Max Pezzali, così come ne “Il campione”, la versione aggiornata de “La dura legge del gol”.

In “A noi non serve far l’amore” ci si tormenta mentre la pizza rimane nel congelatore mentre “La lavatrice si è rotta” segna il ritorno del sax e della improbabile voglia di essere Vasco Rossi.

“A squarciagola” ci conferma come tutto sia tutto confezionato per essere generazionale e nostalgico, nonostante sia l’espressione di un ragazzo di 23 anni, che ricerca con fatica il riferimento a una dimensione collettiva

La perla del disco rimane la già nota “Per due come noi” insieme ad Angelina Mango, dove le loro due voci si fondono alla perfezione, mentre nel resto del lavoro prevale un uso della voce più sguaiato e di impatto emotivo.

Olly va incoraggiato perché è giovane, promettente ma incensarlo eccessivamente oggi è sbagliato e prematuro, la vittoria al Festival non gliela toglierà nessuno ma una sufficienza risicata e una pacca sulla spalla di incoraggiamento è il massimo che al momento possiamo dargli, le esperienze recenti di altri artisti insegnano che Sanremo deve essere un punto di partenza e non di arrivo.

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 Fabio Alberti

 

 

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