Lucio Corsi e le storie (quasi) vere
“Volevo essere un duro” sposta la narrativa fantastica e favolistica del cantautore maremmano dalla natura ai racconti della sua infanzia e adolescenza in un album ispirato e coeso, ben rappresentato dal brano che porterà anche a Basilea sul palco dell’Eurovision.
“Se lo reimmagini, anche il passato può diventare sorprendente quanto il futuro”. Questa frase, pronunciata da Lucio Corsi, spiega meglio di ogni altro concetto la visione di un artista in giro dal 2014 ma che ora, grazie al travolgente boom sanremese di “Volevo essere un duro”, ha l’occasione di farsi conoscere da un vasto pubblico che, se da un lato può essere piacevolmente sorpreso dal suo immaginario, dall’altro può non avere gli strumenti per capirlo.
Se nei precedenti “Cosa faremo da grandi” (2020) e “La gente che sogna” (2023) la sua musica si immergeva nei lustrini e nelle paillettes del glam rock anni ’70 usando la natura come meraviglia e metafora della vita, e prima ancora nell’esordio “Bestiario musicale” (2017) dava voce agli animali, qui Lucio limita i voli pindarici e preferisce un approccio più concreto, anche se a tratti ancora sognante.
“Tu sei il mattino” apre le danze col racconto biografico romanzato di una prima volta che potrebbe essere la sua o la nostra, le “Sigarette” di cui parla nel secondo brano sono invece una metafora dell’indolenza e della pigrizia che spesso allontanano l’essere umano dalla felicità.
“Situazione complicata” è una storia che sarebbe piaciuta ad Ivan Graziani, punto di riferimento indiscutibile per il cantautore maremmano, che però sa come smarcarsi dai suoi “maestri” (John Cale, David Bowie, Edoardo Bennato tra gli altri) ed essere “solamente Lucio”, sia nella ormai celeberrima “Volevo essere un duro” che nella lunga ed ispirata “Nel cuore della notte”, un brano che scalda il cuore, la vera perla del disco.
Lucio Corsi diverte in “Questa vita”, un potenziale singolo estivo accompagnato da un testo riflessivo, ma i veri protagonisti del disco sono gli altri, figure vere, mitologiche o inventate, descritti dagli occhi del protagonista.
I racconti di “Francis Delacroix” sembrano un po’ quelli del Forrest Gump tornato dalla sua lunga camminata, con la differenza che qua si attraversa tutta la storia mondiale, c’è il bullo di “Let there be Rocko”, la parabola esagerata de “Il re dei Rave”, personaggi che sembrano arrivare dall’infanzia e adolescenza di Lucio, trasfigurati dalla sua inarrestabile fantasia.
Con lui gli amici di sempre: il chitarrista Tommaso Ottomano, il produttore Antonio “Cuper” Cupertino, mentre la madre pittrice di Lucio si occupa, come nei lavori precedenti, della copertina, in questo caso raffigurante una fata e un cavallo.
Arricchito dagli arrangiamenti di Davide Rossi per gli archi e di Enrico Gabrielli per i fiati, “Volevo essere un duro” punta alla semplicità e per Lucio è una scommessa vinta, arrivata al momento giusto. E’ bello che tanti oggi lo abbiano scoperto e capito, al di là di come andrà l’Eurovision, questa per Lucio è già una grande vittoria.
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