Luca Carboni, una carriera in mostra

“Rio Ari O” celebra 40 anni di percorso per un cantautore che ha sempre accompagnato la scrittura musicale a pittura ed arti visive. L’evento è l’occasione per scoprire gli aspetti inediti e l’approccio artistico che oggi si può valutare con più consapevolezza.


Quarant’anni di carriera sono sempre un traguardo, sono spesso anche un modo per capire che cosa si è lasciato a livello di influenza artistica e cosa, al contrario, non si sia mai rivelato abbastanza e sia rimasto inedito.

La mostra “Rio Ari O” con la quale Luca Carboni celebra la sua intensa attività, ha una doppia valenza: farci scoprire un artista diverso, immerso nella pittura e nell’arte visiva, dall’altro farci rileggere e riscoprire un cantautore che fino a qualche anno fa’ aveva un ruolo e un posizionamento diverso nel nostro contesto musicale rispetto ad oggi, complici in questo cambiamento sono state sicuramente le nuove generazioni.

Partiamo dalla mostra: “Rio Ari O” è curata da Luca Beatrice, giornalista e critico d’arte contemporanea, l’esposizione allestita nello spazio mostre del Museo della musica, ideata e prodotta da Elastica in collaborazione con il Settore Musei Civici Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica, celebra la sinergia tra musica e arte visiva.

In quattro stanze e un’installazione di ingresso si apre un percorso creativo inedito e parallelo ma spesso intrecciato a quello musicale, dato che molti album di Carboni sono accompagnati da una produzione fatta di disegni, schizzi e dipinti che raccontano il processo creativo dietro ogni brano, concerto o tour.

Sono oltre una cinquantina le opere pittoriche esposte, tutte realizzate a partire dalla metà degli anni ‘80, mentre tutta la componente audiovisiva ci riporta la sua musica, facendoci partire altre riflessioni.

Sì, perchè Carboni, da persona riservata e da artista che non ha mai sgomitato per esserci, in quattro decenni si è ritagliato uno spazio tutto suo nell’ambito musicale evolvendosi lentamente con un lavoro “a togliere” inseguendo un suo minimalismo, da cantautore figlio del punk ma affascinato dall’elettropop e dal romanticismo.

Dopo gli esordi con i Teobaldi Rock coi quali ha partecipato alla mitologica manifestazione Bologna rock ’80, le prime affermazioni come collaboratore degli Stadio e Lucio Dalla, affrontando ai tempi un confronto abbastanza improbabile con Vasco Rossi, Carboni è passato negli anni ’90 per il grande successo pop e le collaborazioni con Jovanotti.

Spesso poco apprezzato ai tempi da chi amava il cantautorato, Carboni ci ha messo altri due decenni per essere rivalutato in questo senso e anche scoperto dalle nuove generazioni, che spesso lo mettono in mezzo alle loro influenze musicali importanti. Perchè è accaduto questo? Forse per il suo approccio che in qualche modo guardava al futuro ma senza sbandierarlo troppo, prendiamo ad esempio l’album “Carovana” (1998), realizzato tutto in casa con un computer.

Con “Musiche ribelli”, il suo omaggio al cantautorato anni ’70 uscito nel 2009 Carboni ha chiuso un cerchio, ne ha aperto un altro con “Fisico Politico” (2014) e la sua collaborazione con Fabri Fibra, una nuova apertura al linguaggio del rap, fino a riconnettersi con l’elettronica in “Sputnik”(2019).

L’arrivo del cosiddetto “itpop” negli anni ’10 ha fatto il resto: dalla collaborazione con Tommaso Paradiso e Dardust in “Luca lo stesso” fino a “Facile”, brano de Lo Stato Sociale riproposto insieme a Luca Carboni.

“Rio Ari O” non è quindi solo una mostra, è un modo per completare la conoscenza di un artista la cui influenza è nel nostro presente, lo dimostra il suo emozionante ritorno in “San Luca”, ospite dell’ispirato brano di Cesare Cremonini, per lui l’inizio di una nuova era.

Crediti fotografici Natascia Merighi

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 Fabio Alberti

 

 

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