Il calcio italiano gioca con un pallone sgonfio e non lo vede

Dopo la doppia esclusione dai mondiali, la nazionale di calcio italiana perde anche gli europei.


Scordiamoci gli anni in cui con la maglia della nazionale vedevamo i vari campioni come Del Piero, Totti, Causio, Scirea, Conti, Altobelli e tantissimi altri. Sportivi che davano del tu al pallone e con i piedi erano in grado di disegnare magie. Oggi quella nazionale è pura chimera.

C’è chi cerca colpe nella globalizzazione, chi nell’impiego dei tanti stranieri nel nostro campionato, oltre la metà in serie A, chi cerca la colpa nei moduli o nella preparazione atletica. Tutte queste spiegazioni mantengono un fondo di verità. Il dato di fatto è che in nazionale al momento disponiamo di calciatori comuni e a volte sotto la media rispetto al resto del mondo.

Il gioco è cambiato e qualcuno stenta ad accorgersene. In un contesto sociale dove la maggior parte dei ragazzini è suggestionata più dal mondo tecnologico e meno da quello sportivo, bisogna correre urgentemente ai ripari. Il calcio negli anni passati era motivo di aggregazione, confronto e sfide costanti nel conoscere i propri limiti, cercando di superarli costantemente. Oggi sembrerebbe che tutto questo si sia perso nel corso del tempo.

Tornando alla nazionale, questi europei ci hanno mostrato in campo una squadra scollegata tra i reparti, scollegata dal suo allenatore, una vera torre di babele. E’ pur vero che i calciatori militanti nelle altre nazionali, sono calciatori rodati e forgiati in campionati di altissimo livello, compreso il nostro. Non esistono più le cosiddette piccole squadre, improvvisate e senza una logica sportiva ed esperienza accumulata sul campo. Oggi squadre come l’Albania o la Svizzera, possono mettere in difficoltà chiunque, anche nazionali blasonate come la nostra nazionale.

L’errore è fregiarsi di questo blasone e poi cullarsi sugli allori restando inermi. Il calcio è una fabbrica in produzione h24. Necessita costantemente di soluzioni alle problematiche del tempo che viaggi inesorabilmente spedito verso il futuro. Un futuro che non può essere quello che viviamo in Italia con stadi al limite della concezione umana sul lato dell’accoglienza, la mancanza di centri sportivi dove trovano linfa i potenziali talenti, la distribuzione economica delle risorse in egual misura tra diritti televisivi e sostentamento alle serie minori. Va rivisto tutto il sistema e apportare le giuste migliorie.

Esempi concreti di gestione oculata ne troviamo anche nel nostro campionato. L’Atalanta ne è uno di quelli. Altre società come il Lecce, il Bologna tanto per citarne qualcuna ne stanno seguendo la strada tracciata. L’oculatezza nella propria gestione societaria porta a raggiungere gli obiettivi prefissati senza necessariamente accumulare dei debiti.

Per altre società calcistiche, purtroppo la realtà è che si giochi ormai da diversi anni con un pallone sgonfio, producendo poco e disperdendo maggiori energie. Chi tira le fila di questo teatrino dovrebbe averlo capito visto il naufragio continuo dei successi sportivi.

Ci auguriamo per il futuro della nazionale calcistica e per tutto il movimento che siano presi sin da oggi dei sostanziali provvedimenti in merito e intanto ci godiamo i grandi successi dell’atletica che con poche finanze rispetto al mondo pallonaro, ci rende ancora orgogliosi di cantare l’inno nazionale. Il rifiuto dei tifosi italiani ad accogliere le scuse dei calciatori, ne è l’emblema di una sconfitta che va oltre il rettangolo di gioco.

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