Garofani ad “Hammamet”

Gianni Amelio sceglie uno dei personaggi politici più chiacchierati dell’ultimo ventennio del Novecento, Bettino Craxi, per raccontarne il crepuscolo con uno dei più grandi attori del nostro cinema: Pierfrancesco Favino.

Dopo lo straordinario successo critico del film di Marco Bellocchio “Il traditore”, l’attore romano si cala con prodigiosa verosimiglianza nell’idolatrato, discusso e controverso leader del Partito Socialista Italiano. Dal suo esilio nella città tunisina, Hammamet, assistiamo al suo declino; ormai è un capo senza più potere, che ha fatto il suo tempo, nel bene e nel male.

L’inizio ne celebra la potenza, e in un certo senso l’opulenza carismatica dal quarantacinquesimo congresso socialista all’ex Ansaldo di Milano nel 1989, dove tra le varie, sbeffeggiava i comunisti, rossi fuori, e bianchi e saporiti dentro come i ravanelli.

Dopo quest’episodio, la narrazione fa un salto temporale di dieci anni, in Tunisia, dove Craxi ormai è sulla via del tramonto, e vengono esplorati i suoi ultimi mesi di vita. L’uomo è malato da tempo di diabete e di un tumore al rene, circondato il più delle volte da personaggi senza nome, come l’amante (Claudia Gerini) e il politico (Renato Carpentieri), sempre pronto a rammentargli le gloriose luci e ombre del partito sotto la sua leadership.

Il tormento dei figli Stefania (nel film si chiama Anita) e Bobo (Alberto Paradossi) si alterna con l’oscura presenza di Fausto (Luca Filippi), un ragazzo figlio di un ex compagno di partito del Presidente (così viene chiamato Bettino nel film). L’uomo è consapevole dei finanziamenti illeciti e delle sue colpe, ma tutto questo richiamo al passato si intreccia, narrativamente e poeticamente, in questo melodramma dalle venature noir.

Favino riesce a scomparire alla perfezione nella mimesi facciale, gestuale e soprattutto vocale di Craxi, rendendo un grandissimo omaggio prima di tutto umano che politico al leader. E come dimenticare quelle sottili sfumature sonore, sottolineate da una musica epica e lancinante, a distanza di vent’anni esatti dalla sua scomparsa: “L’intelligenza è un’arma a doppio taglio. Ma la preferisco. Che te ne fai della lealtà di uno stupido.”

Francesco Maggiore

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