Franz Ferdinand, gli antidivi del rock
“The Human Fear” porta avanti l’immutata identità del gruppo scozzese grazie a un album divertente, rassicurante, motivazionale che ci incoraggia a superare le paure e affrontare le sfide della vita.
Nel 2004 un gruppo di Glasgow diventava capofila di una corrente musicale nostalgica, derivativa, e aveva il merito di affermare in cima alle classifiche un tipo di attitudine, un suono britannico senza tempo che sembrava lanciar loro in un futuro da super star internazionali.
Le cose poi non sono andate esattamente così, il mercato musicale ha presto preso altre strade, ma per loro non è detto poi in assoluto che sia stato un male.
I Franz Ferdinand oggi sono ragazzi (tra cui il leader Alex Kapranos più o meno cinquantenne) coi piedi per terra, consapevoli delle loro qualità, dei loro limiti, che in questi anni hanno salvaguardato la loro identità e pensato ai concerti più che aggredire numeri e consensi che a loro non appartengono come attitudine.
Nel frattempo, in contemporanea col loro ventennale, è arrivata la nuova batterista Audrey Tait, il cantante e leader Alex Kapranos è diventato papà, questa esperienza gli ha fatto elaborare nuove riflessioni sui concetti di paura e coraggio, così è nato un album tematico, pur non essendo stato pensato originariamente come concept.
“Audacious” apre le danze del disco parlandoci del rimanere fedeli alla propria identità vista come forma di audacia, il che non significa essere il copia e incolla di se stessi ma trovare una propria voce, un proprio suono per leggere e rappresentare una realtà che, per forza di cose, è sempre in movimento.
Le paure fanno parte dell’esperienza umana, di questo parla la trascinante ed elettronica “Hooked”, della sensazione di sollievo nel momento in cui si superano le paure e ci si sente vivi.
Poi c’è la paura di essere giudicati da chi ci sta attorno, come nella marcetta punk “The Birds” o quella di essere ospedalizzati, come nell’apparentemente scanzonata “The Doctor”, mentre “Night or Day” è incentrata sulla paura di perdere chi ami.
Le sorprese arrivano dal reggae della riflessiva e oscura “Tell Me I Should Stay”, dall’incedere sirtaki di “Black Eyelashes” che vede il leader Alex Kapranos confrontarsi con le origini greche della sua famiglia, sarà per questo che la traccia suona curiosamente intima, familiare, riuscita e tutto sommato coerente col suono della band.
La copertina del disco è ispirata all’autoritratto dell’artista ungherese Dóra Maurer, intitolato “Seven Twists I-VI”, di cui mima fedelmente colori e struttura, come a dirci “siamo noi, questo album rappresenta la nostra storia”.
“The Human Fear”, il loro sesto album in studio, è un disco alla Franz Ferdinand che rinuncia a sperimentazioni ardite preferendo melodie cristalline che sembra di avere già sentito e brani che ci danno una sensazione di comfort, un classico della band che strappa niente più che una sufficienza abbondante, ma che arriva in un momento in cui, nel frattempo, una nuova generazione di musicisti “post punk” comincia a citarli tra i propri riferimenti, niente male per degli antidivi non interessati allo star system.
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