Eugenio Finardi, l’intelligenza musicale

“Tutto” è il ventesimo album in carriera, probabilmente l’ultimo, per l’artista che celebra i suoi cinquant’anni discografici costruendo un ideale ponte tra passato e futuro, toccando riflessioni autentiche senza paura di essere “scomodo” ed irriverente.


“Ormai s’è capito che non esistono gli extraterrestri che ci vengono a salvare.. Ormai la mia unica speranza è nell’intelligenza artificiale”. Il ritorno di Eugenio Finardi dopo undici anni dall’ultimo disco di inediti è all’insegna di versi taglienti, ironici e amari come questo contenuto in “Futuro”, brano che apre la scaletta dell’album accompagnato da un video AI tra il divertente e l’inquietante, che vede il Finardi di tutte le epoche cantare questi versi.

La splendida provocazione sottolinea lo spirito sarcastico di un brano che affronta paure contemporanee come il “sentirsi strani” in un mondo social rissoso e superficiale.

L’intero album “Tutto” parla dell’oggi nonostante sia a tutti gli effetti il disco del suo cinquantennale, di una carriera da libero outsider, “mezzo americano” figlio di una soprano, che nella sua “Dolce Italia” ha visto cambiare mode, generazioni e che non ha nessuna intenzione di cedere alla nostalgia.

“Bernoulii” e “Tanto tempo fà” volgono lo sguardo al passato con tenerezza ma senza fare sconti agli sbagli e alla violenza degli anni di piombo, figlia di un’ideologia diventata ossessione.

Emoziona “La battaglia”, brano sul momento inevitabile del distacco tra genitore e figlio, che non a caso si lega al successivo “Francesca sogna” (insieme alla figlia Pixel) dove c’è una frase chiave sulle domande giuste, che spesso non si riescono a trovare, più che le risposte.

Il centro dell’album è complesso e profondo: “La mano di uno che sa” fa i conti coi limiti umani citando “Ho visto Nina volare” di Fabrizio De André, “Onde di probabilità” riflette in chiave musicale il principio d’indeterminazione della fisica quantistica, mentre “I venti della Luna” richiama “Le ragazze di Osaka” riportandoci alle sue atmosfere più consuete.

“Massiccio attacco di panico” racconta l’abbandonarsi ed arrendersi alle proprie emozioni, fuggendo dal concetto che il panico sia solo un problema da risolvere, “Pentitevi” prende ad esempio un personaggio molto noto a Milano negli anni ’70 per aprire ad una riflessione più cruda, ampia e contemporanea.

Chiude le tracce “La facoltà dello stupore” che teorizza il nostro diritto alla meraviglia in un presente anestetizzato. Realizzato insieme ai producer e compositore Giovanni “Giuvazza” Maggiore, “Tutto” è frutto di un lavoro maniacale che va a scavare sulla verità interiore di un artista che indaga nel suo passato poetico, musicale (c’è persino la batteria campionata da sue vecchie canzoni come, ad esempio, “Trappole” del 1981) ma è anche in grado di osare immaginando il futuro.

“Tutto” è un diario, una lunga confessione sulle fragilità, le utopie che ha vissuto, dei sogni, degli innamoramenti, presentato come ultimo album della sua carriera, ma noi non gli crediamo, perchè conosciamo la sua scaramanzia e il suo continuo sorprendere e sorprendersi.

La sfida con l’intelligenza artificiale che Finardi stesso qui ha usato e apertamente sfidato, è vinta, perchè siamo ad un livello superiore di creatività ed analisi. Usare e non farsi usare, questo è il segreto, solo così può nascere una nuova “Musica Ribelle”, questo vale per tutti.

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 Fabio Alberti

 

 

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