Enrico Ruggeri e il pensiero libero

“La caverna di Platone” è il compendio della filosofia artistica di chi in musica sa parlare di attualità e dell’animo umano con una forma poetica adeguata.


Arrivare al quarantesimo album in carriera non è un traguardo da tutti, ma è il come arrivarci che nel caso di Enrico Ruggeri segna un risultato significativo.

“Gli eroi del cinema muto” apre il disco parlandoci di chi ha lasciato un segno indelebile nel mondo della cultura e dell’arte, e già capiamo di essere di fronte a un disco realizzato con estrema cura che ha obiettivi più alti di durare una sola stagione.

“Il poeta” ci spiega che alcuni uomini illuminati, da Socrate a Pasolini, hanno potuto lasciarci in eredità il loro libero pensiero passando però per “intellettuali scomodi”, pagando a caro prezzo, a volte persino con la vita o con l’isolamento, la loro diversità nei confronti del pensiero dominante.

“Il cielo di Milano” è un onesto spaccato metropolitano della sua città dal punto di vista adulto ma la perla del disco è sicuramente “Zona di guerra” che, senza troppi giri di parole, ci descrive “La paura di vivere, col pensiero di poter morire”, la sconfitta dell’essere umano senza retorica, senza slogan ad effetto, applausi per un “Rouge” in grande forma.

Sullo stesso tema c’è un brano che lo tocca nel profondo, perché “La bambina di Gorla” frequentava la scuola dove insegnava la mamma di Enrico, sopravvissuta per un caso fortuito (in quel giorno non si trovava lì) a un bombardamento dell’edificio da parte degli alleati nel 1944, proprio lì persero la vita i suoi allievi e allieve.

“La caverna di Platone” mette in scena l’eterno dualismo tra la realtà e la nostra percezione di essa, a tirare fuori la sua anima rock ci pensano invece “Il problema” e “Cattiva compagnia”, argute nel testo e nello stesso tempo con l’energia necessaria per farsi largo nei concerti.

Enrico non ama il modo in cui viene bollato come “divisivo” chiunque abbia un proprio punto di vista diverso dal sentire comune, espresso in modo civile e in un contesto democratico, anche per questo nell’imponente valzer “Das ist mir wurst” elogia l’Europa come culla della nostra cultura ma si scaglia contro quella “delle banche e del controllo del pensiero”.

La parte romantica e riflessiva del disco alterna sapori diversi: le donne vengono omaggiate in “Come prima più di prima”, mentre “Le notti di pioggia” è un vero momento meditativo sottolineato da un assolo di flicorno di Davide Brambilla, una vera e propria poesia.

Il figlio Pico Rama è autore e ospite in “Benvenuto chi passa da qui”, un piccolo vademecum per l’avvicinamento alla felicità, scritto da chi ha messo la spiritualità al centro della sua esistenza.

Si chiude con “Arrivederci addio”. un piccolo atto d’amore nei confronti di tutte le persone che in questi anni hanno condiviso il suo percorso. Il cantautore mette la sua libertà espressiva e artistica al primo posto, con un album che vanta tre anni di lavorazione e tanta cura artigianale, tutto cantato senza autotune, come indica lui stesso scherzosamente nelle note del disco.

L’obiettivo di ogni artista dovrebbe essere quello di passare alla storia più che direttamente alla cassa, “La caverna di Platone” è figlio di questa attitudine, sia musicalmente che dal punto di vista dei testi che raccontano temi importanti anche crudi ma con la ricchezza di linguaggio e quella mediazione poetica necessaria per trasformare une mera cronaca in una canzone credibile.

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 Fabio Alberti

 

 

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